Piergiuseppe Pesce si colloca nel panorama artistico contemporaneo come un interprete eclettico delle tensioni sociali, attingendo a diverse correnti artistiche del XX secolo. La sua formazione artistica affonda le radici in un approccio interdisciplinare che fonde gli spiriti provocatori del Dadaismo, l’immediatezza visiva della Pop Art e la sensibilità critica del Neo-Pop.

La sua poetica artistica si caratterizza per un uso provocatorio e ironico dei linguaggi visivi. Pesce non cerca la bellezza formale, ma la capacità di scuotere le coscienze, utilizzando l’arte come strumento di denuncia sociale e politica.

Il tratto distintivo di Pesce è la capacità di tradurre concetti complessi in immagini immediate e dirette. Utilizza simboli della cultura popolare come strumenti di decostruzione sociale, smontando le narrazioni dominanti attraverso un linguaggio visivo che colpisce lo spettatore, costringendolo a una riflessione critica.

Tra i suoi lavori più importanti spicca l’installazione “L’ultima crociata”, un’opera monumentale presentata a Mercogliano che includeva oltre 2.500 figure di santi, madonne e martiri. Questo lavoro dimostra la sua capacità di utilizzare la dimensione religiosa come specchio delle contraddizioni umane.

La sua arte quindi non è mai gratuita provocazione, ma un tentativo di sollecitare una riflessione critica sulle dinamiche sociali contemporanee, utilizzando l’immediatezza e l’impatto emotivo delle immagini per scardinare le narrazioni consolidate.

Il presepe che racconta il nostro tempo

Nella Chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Mercogliano, in provincia di Avellino, Pesce ha realizzato un’installazione artistica che sta facendo discutere tutta l’Italia. Un presepe straordinario che vede protagonisti i Simpson e persino Adolf Hitler, un’opera che trasforma la rappresentazione tradizionale del Natale in un potente manifesto sociale.

Ogni personaggio diventa un simbolo delle piaghe contemporanee: Homer, con la collanina d’oro e l’orologio, rappresenta la criminalità organizzata. Marge, circondata da borse firmate, incarna il consumismo sfrenato. Bart richiama la dipendenza dai social e dal gioco d’azzardo, mentre Lisa, con una cintura esplosiva, simboleggia il dramma della guerra e del terrorismo.

Al centro della scena, Gesù Bambino su uno skateboard diventa metafora di speranza e di possibile fuga dall’oscurità. Sullo sfondo, la figura inquietante di Hitler crocifisso aleggia come monito contro i rischi di nuovi totalitarismi.

“Questo presepe”, spiega Pesce, “è una rappresentazione religiosa che lancia un avvertimento. La famiglia Simpson è stata spesso considerata anticipatrice dei tempi, e l’umanità di oggi sembra essere in pericolo di assoggettarsi a un nuovo dittatore. Ma Gesù Bambino, adagiato su uno skateboard invece che in una mangiatoia, ci offre una possibilità di salvezza”.

Il coraggio di Don Vitaliano

Dietro questa provocazione artistica c’è don Vitaliano Della Sala, un parroco noto per le sue posizioni progressive e per il suo impegno nel combinare arte e riflessione sociale. Non nuovo a iniziative controverse, quest’anno ha voluto ancora una volta scuotere le coscienze, utilizzando l’arte come strumento di denuncia sociale.

Una provocazione che divide

L’installazione ha immediatamente innescato un acceso dibattito. Alcuni apprezzano il coraggio e la profondità del messaggio, altri lo considerano un’eccessiva provocazione, irriverente nei confronti della tradizione natalizia. Don Vitaliano non si lascia tuttavia intimorire dalle critiche, anzi rilancia, appellandosi ai politici perché si impegnino maggiormente per la giustizia sociale.

Un presepe che va molto oltre la sua rappresentazione tradizionale, un’opera d’arte che ci costringe a guardare la realtà con occhi diversi, invitandoci a una riflessione critica sulle dinamiche del nostro tempo.