Esordio al cinema di Veronika Franz, moglie del ben più noto regista austriaco Ulrich Seidl, aiutata dal montatore Severin Fiala nel realizzare un thriller mascherato da horror. Un’opera prima sorprendente.
Il gioco spensierato dei gemelli Elias e Lukas viene interrotto dal ritorno della madre dei due che, dopo un’operazione al viso, si mostra ai ragazzini con il volto bendato ed irriconoscibile. Sorgono così sospetti e tensioni che mettono repentaglio l’intera famiglia.
Ich Seh, Ich Seh, titolo originale del film, rende con profondità l’idea generale della pellicola. Veronika Franz filma un vero e proprio”vedo e non vedo” che manda in tilt fino al punto in cui si vede costretta a chiarire qualche particolare.
La Franz si distacca totalmente dalla poetica e dalla stilistica di Seidl, che in qualche modo avrà influito con la sua persona su tutto il progetto (essendo tra i co-produttori). La neo regista austriaca affascina per 99 minuti con una trama che s’interroga e ci interroga di continuo. Straniante è il non capire chi è reale e chi no, chi mente e chi dice il vero, continuando a scrutare ognuno dei tre personaggi del film con occhio critico.
Goodnight mommy è un film affidabile; lo è nel momento in cui ogni sequenza, al contrario, diviene totalmente incerta. La trama induce a cambiare di continuo opinione fino al momento in cui, quei particolari che la Franz deve chiarire emergono dal mistero e dal silenzio. Palpabili dunque le tensioni, le affinità tra i due gemelli complici e le idiosincrasie che sorgono nei due piccoli e determinati ragazzini.
La conclusione sanguinaria e brutale rende giustizia alla prolungata attesa, preparazione meticolosa con cui la Franz tarda l’esplosione: una lunga miccia, perfetta nelle sue parti tecniche, che innesca un delirio omicida conclusivo. Accettiamo da spettatori d’aver creduto a lungo l’esistenza di chi non è mai stato e gustiamo le sadiche azioni del figlio visionario, scene pungenti che danno valore all’etichetta horror che il film trascina con sé. Discutibile la scena finale, il falso lieto fine ammiccante, il ritrovo di chi si ricongiunge ai defunti; forse un po’ ingenuo. Più che sufficiente, un film che resta.