Ripensando alla mia infanzia, mi chiedo come sono riuscito a sopravvivere. Naturalmente è stata un’infanzia infelice, sennò non ci sarebbe gusto. Ma un’infanzia infelice irlandese è peggio di un’infanzia infelice qualunque, e un’infanzia infelice irlandese e cattolica è peggio ancora.
Quando da piccoli i gemelli piangevano Papà e Mamma dicevano Ssst e Zitti, gli davano da mangiare e loro si addormentavano. Ma quando piange Margaret c’è tanta malinconia nell’aria e in un attimo Papà salta giù dal letto, la prende e tenendola stretta balla lentamente intorno al tavolo di cucina, canta, fa certi versi come una mamma.
Poco dopo siamo tutti coricati e anche se c’è rimasta qualche pulce vagante non mi importa perché a letto c’è un bel calduccio quando ci stiamo dentro tutti e sei e mi piace tanto la luce del fuoco che balla sui muri e sul soffitto e la stanza diventa tutta rossa e nera.
Papà mi dice che capirò quando sarò grande. Ormai me lo dice in continuazione e io ho una gran voglia di essere grande come lui così riuscirò a capire tutto. Deve essere bello svegliarsi la mattina e capire tutto. Vorrei tanto essere come tutti i grandi che stanno lì in chiesa, dritti in piedi o inginocchiati a pregare, e capire tutto.
Mamma sta seduta accanto al fuoco e quando le consegno i soldi mi guarda, li lascia cadere in grembo e si mette a piangere. Io resto sconcertato perché di regola i soldi dovrebbero farla felice.
Guardo fuori dalla finestra per controllare che i sole del pomeriggio mi stia sciugando i vestiti. … Il sole brilla ma in casa fa freddo e c’è umidità e vorrei tanto potermi mettere qualcosa addosso con cui stare a letto. Altri vestiti non ne possiedo.
Certi giorni mi capita di non voler più partire. Avrei voglia di andare all’agenzia viaggi e farmi ridare le cinquantacinque sterline. Potrei aspettare finché non compio ventun anni così Malachy potrebbe venire con me. …. Mi sento strano e a volte quando sto seduto davanti al fuoco con Mamma e i miei fratelli mi spuntano le lacrime e mi vergogno della mia debolezza.
Franck McCourt, esordisce con questo magnifico libro nel 1996, prettamente autobiografico. Scritto in modo quasi ironico anche quando racconta l’infelicità più dura e povera di un bambino irlandese, di tutta la sua famiglia e delle ingiustizie che ne conseguono.
Frank, nato in America torna piccolissimo in Irlanda, precisamente a Lamerick. Non sarà facile tornare da New York in Irlanda, non sarà facile crescerci, non sarà facile subire tutte le ingiustizie che la vita gli pone. Ma Frank ha un sono: vuole tornare in America, precisamente a New York dove è nato e farà di tutto per ritornarci e riscattarsi dalla miseria in cui vive.
Frank ci insegnerà a sopportare, a rialzarsi, a ingegnarsi, a far tesoro di tutto quello che la vita gli offre, soprattutto dalle cattiverie. Ma soprattutto ci insegnerà a sognare, a farci trovare la forza per raggiungere i nostri obiettivi.
Ci sono momenti, mentre si legge, che viene la voglia di tuffarsi nelle pagine far prendere vita ai personaggi e prenderli a schiaffi.
Un libro che rimane nel cuore, una lettura così profonda ma scritta in modo ironico di cui difficilmente ci dimenticheremo.
Da questo libro è stato tratto un bellissimo film con Emily Watson per la regia di Alan Parker.
Le ceneri di Angela
di Frank McCourt
Adelphi 2000 (376 pp)