Domenica 19 e lunedì 20 ottobre 2025, l’Unipol Forum di Assago è stato teatro di un evento che ha ridefinito i confini tra concerto e spettacolo teatrale. Dopo sette anni di assenza dai palcoscenici italiani, Stefani Joanne Angelina Germanotta ha fatto ritorno nella terra delle sue radici con un’opera che ha lasciato senza fiato i suoi Little Monsters e non solo.
L’attesa è stata interminabile: biglietti esauriti in pochi minuti, fan accampati fuori dal Forum con le tende, social impazziti alla ricerca disperata di un posto qualsiasi per assistere allo show. E non poteva essere altrimenti per un’artista che ha trasformato la musica pop in arte pura, rivoluzionando il concetto stesso di performance dal vivo.
Il ritorno della regina: un kolossal gotico da due ore e mezza
Lo spettacolo è iniziato con quaranta minuti di ritardo rispetto all’orario previsto delle 20, ma nessuno tra i presenti ha osato lamentarsi. Sul palco, una scenografia monumentale firmata da Es Devlin – scenografa di U2, Beyoncé e The Weeknd – riproduceva un teatro settecentesco su più livelli, con balconate e piani che avrebbero ospitato la band e la stessa artista durante tutta la serata.
Prima dell’ingresso di Gaga, sugli schermi è apparsa per oltre venti minuti mentre scriveva pensierosa su una pergamena con un’enorme penna d’oca rossa, accompagnata da brani di Hector Berlioz, Georges Bizet e Gioacchino Rossini. Un preludio che ha immediatamente stabilito il tono: questo non sarebbe stato un semplice concerto, ma un’opera neoclassica dove ogni elemento narrativo si sarebbe intrecciato alla perfezione.
L’entrata è stata maestosa: Gaga è apparsa in cima a un’enorme struttura coperta di crinolina rossa che nascondeva una gabbia da cui sono spuntati i ballerini. Il trittico iniziale – “Bloody Mary”, “Abracadabra” e “Judas” – ha tolto il respiro alla platea, stabilendo immediatamente la dualità che avrebbe caratterizzato l’intera serata.
Le due anime di Mother Monster in scena
Il Mayhem Ball è strutturato in quattro atti e racconta la battaglia tra due Gaga: quella dark, gotica, la Mistress of Mayhem, e quella angelica, bionda e luminosa. Una lotta che non si risolverà mai completamente, perché è proprio questa dualità a rendere l’artista ciò che è: umana, fragile, potente.
“Mi chiamo Stefania Joanne Angelina Germanotta e questa è casa mia”, ha urlato dal palco alla fine del primo atto. Un momento di pura emozione che ha rivelato quanto questo ritorno in Italia fosse importante per lei. Le sue radici siciliane, tramandate dalle nonne e dal padre, sono state un filo conduttore emotivo che ha attraversato tutta la performance.
Lo show ha alternato momenti di pura teatralità – con oggetti di scena giganteschi, teschi colossali, una tomba di sabbia dove Gaga ha cantato accanto a uno scheletro – a istanti di intimità disarmante. Ventidue ballerini sul palco, oltre trenta tir parcheggiati all’esterno del Forum: una produzione kolossal che però ha limitato gli effetti speciali a visual e qualche fiammata pirotecnica, puntando tutto sulla teatralità da grande musical.
L’intimità nel caos: il momento al pianoforte
Il culmine emotivo dello show è arrivato quando le due Gaga hanno fatto pace, navigando insieme su una barca verso il centro del palco per cantare versioni minimali di “Million Reasons” e “Shallow”. Poi, il momento più atteso: Gaga si è seduta al pianoforte posto al vertice della lunga passerella che tagliava in due la platea, e il racconto kolossal si è sospeso per lasciare spazio all’intimità.
Per la prima data milanese ha scelto di eseguire “Joanne” in omaggio alle sue radici italiane, dedicando poi “The Edge of Glory” a Donatella Versace, seduta tra il pubblico: “Ho avuto pochi mentori nella mia carriera, Donatella è una di loro”. Un gesto che ha commosso il palazzetto intero.
Le canzoni al pianoforte cambiano di sera in sera, e questo rende ogni show unico. Chi c’era domenica ha vissuto un’esperienza irripetibile, così come chi ha assistito allo spettacolo di lunedì. È la magia di Gaga: rendere speciale ogni singola performance, senza mai ripetersi davvero.
Dalla Factory di Warhol alla Haus of Gaga
Per comprendere il fenomeno Lady Gaga bisogna tornare indietro nel tempo, a quando quella ragazzina italo-americana nata a Yonkers nel 1986 studiava pianoforte da quando aveva quattro anni. Cresciuta in una famiglia cattolica – padre imprenditore di origini palermitane, madre di origini veneziane – ha frequentato il Convent of the Sacred Heart, prestigioso collegio femminile dove ha iniziato a recitare in spettacoli teatrali.
Ammessa alla Tisch School of the Arts dell’Università di New York, ha abbandonato gli studi al secondo anno per dedicarsi completamente alla musica, lasciando casa e vivendo in piccoli appartamenti nel Lower East Side. Il padre le ha concesso un anno di tempo: se non avesse sfondato, sarebbe dovuta tornare a casa. Non è mai tornata.
Nel 2006 sembrava che il sogno stesse per realizzarsi quando la Def Jam Records l’ha messa sotto contratto, ma dopo soli tre mesi l’hanno scartata. Distrutta, ha iniziato a esibirsi come ballerina di burlesque accanto a drag queen e spogliarellisti, annegando le frustrazioni in un periodo difficile. È stato in questo periodo che ha incontrato Lady Starlight, formando un duo che nel 2007 è stato invitato al Lollapalooza ottenendo un successo clamoroso.
Il nome d’arte “Lady Gaga” è stato suggerito dal produttore Rob Fusari, ispirato dalla canzone “Radio Ga Ga” dei Queen – band di cui è sempre stata fan sfegatata, in particolare di Freddie Mercury. Un tributo perfetto per un’artista che avrebbe fatto del teatro musicale pop la sua cifra distintiva.
Dal 2008, con l’esplosione di “The Fame” e di singoli come “Just Dance” e “Poker Face”, la sua vita è cambiata per sempre. Ma Gaga non si è mai limitata a essere una semplice popstar. Ha creato la Haus of Gaga, un team di produzione sul modello della Factory di Andy Warhol, responsabile della creazione dei suoi vestiti, accessori, scenografie e pettinature. Stilisti, produttori, ballerini: un collettivo artistico che lavora insieme per dare vita a ogni sua visione.
I numeri di una carriera da leggenda
Ha venduto oltre 170 milioni di copie in tutto il mondo, vinto un Oscar per “Shallow”, due Golden Globe, un Emmy, quattordici Grammy Award, tre BRIT Award e un BAFTA alla migliore colonna sonora – prima donna artista a riceverlo. Ma i numeri, per quanto impressionanti, raccontano solo una parte della storia.
Il 18 febbraio 2025 ha stabilito un nuovo Guinness World Record diventando l’artista femminile col maggior numero di ascoltatori mensili di sempre su Spotify, con 123,7 milioni di ascoltatori. Il 3 maggio seguente ha tenuto un concerto gratuito sulla spiaggia di Copacabana, a Rio de Janeiro, davanti a 2,1 milioni di persone, stabilendo il record come l’esibizione dal vivo di un’artista femminile con il maggior numero di spettatori nella storia.
Eppure, nonostante i riconoscimenti planetari, Gaga è sempre rimasta fedele a se stessa. Ha saputo reinventarsi disco dopo disco: dal pop elettronico di “The Fame” e “Born This Way”, passando per l’elettronica spinta di “Artpop”, arrivando all’intimità country-rock di “Joanne”, fino al ritorno alla dancefloor con “Chromatica” e ora con “Mayhem”. Quest’ultimo album ha debuttato al primo posto della classifica Billboard 200 – il suo settimo album da solista consecutivo in vetta – e ha dominato la classifica Dance/Electronic Albums per diciassette settimane.
Un’attrice da Oscar tra Milano e Hollywood
La sua versatilità non si è fermata alla musica. Nel 2018 ha recitato in “A Star Is Born” accanto a Bradley Cooper, vincendo l’Oscar per la miglior canzone originale con “Shallow”. Nel 2016 aveva già vinto un Golden Globe come Miglior attrice per la sua interpretazione in “American Horror Story: Hotel”. Nel 2021 è stata Patrizia Reggiani in “House of Gucci” di Ridley Scott, e nel 2024 ha interpretato Harley Quinn in “Joker: Folie à Deux”.
Un percorso cinematografico che l’ha portata a esplorare ruoli complessi, dimostrando che il suo talento va ben oltre la musica. Ma è sul palco che Gaga dà il meglio di sé, ed è lì che i suoi fan vogliono vederla.
Milano balla o muori: l’energia del Forum
“Milano balla o muori”, ha gridato ai Little Monsters che hanno mandato sold out il palazzetto per entrambe le date. E Milano ha ballato, cantato, pianto. Tra il pubblico c’erano anche celebrità come Mahmood, Elodie e Donatella Versace, tutti lì a rendere omaggio alla regina del pop.
La prima volta che Gaga si era esibita al Forum era il 2010, quando “The Fame” l’aveva catapultata dall’oggi al domani in cima alle classifiche. All’epoca non voleva rivelare il suo vero nome, e quando Simona Ventura urlò “Stefani Germanotta” in diretta a “Quelli che il calcio”, rispose semplicemente: “My name is Lady Gaga”.
Ieri sera invece ha urlato con orgoglio il suo nome completo dal palco del Forum. Quello che è successo nel frattempo è unico: forse Gaga ha usufruito degli ultimi periodi validi in cui a un artista pop era concesso diventare leggenda. E lei ce l’ha messa tutta: disco dopo disco, film dopo film, reinventandosi continuamente senza mai tradire se stessa.
Di seguito la scaletta delle due serate milanesi del Mayhem Ball Tour
Act I: Of Velvet And Vice
- Bloody Mary
- Abracadabra
- Judas
- Aura
- Scheiße
- Garden of Eden
- Poker Face
Act II: And She Fell Into A Gothic Dream
- Perfect Celebrity
- Disease
- Paparazzi
- LoveGame
- Alejandro
- The Beast
Act III: The Beautiful Nightmare That Knows Her Name
- Killah
- Zombieboy
- The Dead Dance
- LoveDrug
- Applause
- Just Dance
Act IV: Every Chessboard Has Two Queens
- Shadow of a Man
- Kill for Love
- Summerboy
- Born This Way
- Million Reasons
- Shallow
- Die With a Smile
- Joanne
- The Edge of Glory
- Vanish Into You
Finale: Eternal Aria Of The Monster Heart
- Bad Romance
Encore
- How Bad Do U Want Me
- The Dead Dance
- (shortened, during “How Bad Do U Want Me”)
- Song played from tape
- Dancin’ in Circles
Il messaggio finale: essere mostri per essere liberi
Sul finale, prima di intonare “Bad Romance”, Gaga ha ricordato al suo pubblico: “Siamo mostri e i mostri non muoiono mai”. Mentre i titoli di coda scorrevano sullo schermo come in un vero film concerto e il set sembrava prendere fuoco, il messaggio era chiaro: essere diversi, essere “mostri”, è l’unica strada verso la libertà.
Il quarto e ultimo atto si intitola “Every Chessboard Has Two Queens” – Ogni scacchiera ha due regine. Un monito per tutti a non accantonare i contrasti e le dualità che esistono in ognuno di noi.
Dopo i bis, Gaga si è tolta trucco e parrucco mentre eseguiva “How Bad Do U Want Me”, per poi tornare sul palco in versione casual – maglione e cappellino – insieme a tutti i ballerini per ringraziare il pubblico. Un gesto umano, spontaneo, che ha chiuso perfettamente un cerchio: da superstar inaccessibile a ragazza di New York che ringrazia chi l’ha sostenuta.
Un’opera per l’eternità
L’opera pop è stata la dimostrazione che Lady Gaga è al massimo della sua ispirazione artistica e che ha messo in piedi una visione che abbraccia il gotico, il mito greco, la favola e il noir. Un’operazione meravigliosa che le consente, senza dubbio, di raggiungere nell’Olimpo delle performer musicali sua Maestà Madonna.
Il Mayhem Ball Tour non è un concerto: è teatro vissuto, musica incarnata, arte che respira. È Lady Gaga nella sua forma più pura e potente, che ci ricorda perché è diventata un’icona globale e perché continuerà a esserlo per sempre.
E mentre Milano si sveglia ancora frastornata da queste due serate indimenticabili, una cosa è certa: chi c’era al Forum, tra domenica e lunedì, ha assistito non solo a uno spettacolo, ma a un momento di storia della musica pop. Un momento in cui l’arte, la vita e la morte si sono intrecciate sul palco in un abbraccio eterno, lasciando tutti noi un po’ più mostri, un po’ più liberi.
Appassionata di musica, racconto storie, emozioni e tendenze che vibrano nel mondo sonoro di oggi. Attraverso interviste, recensioni e approfondimenti, esploro generi diversi, dal mainstream alle scene indipendenti, con uno sguardo attento ai talenti emergenti e alle icone della musica internazionale. Amo immergermi nelle note e nei testi per offrirne una lettura originale e coinvolgente, capace di raccontare non solo i brani, ma anche le storie dietro gli artisti e le influenze che plasmano le loro opere. Con uno stile fresco e appassionato, cerco di trasmettere al pubblico l’energia e la magia della musica, strumento di cultura, emozione e condivisione universale.