Vogliono connessione profonda, ma il timore del giudizio li frena. È il paradosso della Generazione Z quando si tratta di appuntamenti: l’84% desidera costruire un legame emotivo autentico, eppure molti si bloccano prima ancora di iniziare una conversazione sincera. Lo rivela il Gen Z D.A.T.E. Report 2025 di Hinge, che ha intervistato 30.000 utenti in tutto il mondo per fotografare le dinamiche degli incontri tra i giovani nati tra il 1997 e il 2007.
Il fantasma del rifiuto
La paura più grande? Essere percepiti come “troppo intensi”. Il 46% dei ragazzi e delle ragazze della Gen Z teme questa etichetta, contro il 40% dei millennial. Non è solo questione di timidezza: il 34% ha paura del rifiuto e il 31% del giudizio altrui. Numeri che crescono rispetto alla generazione precedente e che spiegano perché risultino il 36% più esitanti ad aprirsi durante un primo appuntamento.
Lui e lei, un dialogo mancato
C’è un divario di comunicazione tra i sessi che alimenta il silenzio. Il 43% delle donne della Gen Z evita di aprirsi per prima, convinta che gli uomini non siano interessati a conversazioni profonde. Dall’altra parte, il 65% degli uomini si aprirebbe volentieri, ma tace per non sembrare invadente. Il 47% di loro rinuncia a domande personali per non risultare imbarazzante, e quasi la metà si trattiene per paura di essere “troppo”.
Le domande giuste fanno la differenza
Eppure la soluzione è più semplice di quanto sembri: porre domande ponderate. Il 70% delle donne e il 74% degli uomini della Gen Z si sente a proprio agio nell’aprirsi emotivamente già dalla prima uscita. Ma c’è un problema: sei utenti su dieci pensano di fare abbastanza domande, mentre solo il 30% ritiene che i propri partner ne facciano a sufficienza. Le più apprezzate? Quelle che approfondiscono argomenti già affrontati (61%), seguite da domande sugli interessi personali (50%) e sui valori (49%). L’85% degli utenti Gen Z è più propenso a desiderare un secondo incontro con chi dimostra genuino interesse attraverso le domande.
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