L’arte della miscelazione si fa narrativa quando un bar decide di attraversare cent’anni di eventi mondiali versando storie in un bicchiere. A Milano, in piazza della Repubblica, l’Hotel Principe di Savoia si prepara a soffiare su cento candeline nel 2027, e lo fa nel modo più inaspettato: trasformando i momenti cruciali del Novecento in esperienze liquide che si possono sorseggiare.
La mixology come macchina del tempo
Non è la prima volta che un locale storico milanese gioca con la memoria collettiva attraverso i cocktail. La città è da sempre una delle capitali italiane della miscelazione, dove convivono locali che hanno fatto la storia del bere bene e nuove aperture dal respiro internazionale. Ma ciò che rende particolare l’iniziativa del Principe Bar è l’ambizione di costruire un ponte narrativo tra passato e presente, dove ogni drink non è solo un’esperienza gustativa ma un dispositivo di memoria.
Inaugurato il 6 aprile 1927 secondo il progetto dell’architetto Cesare Tenca, l’hotel ha assistito a quasi un secolo di trasformazioni urbane, sociali e culturali. I suoi saloni art nouveau hanno visto passare il duca di Windsor e Erich Maria Remarque, Charlie Chaplin e Josephine Baker, Evita Peron e Maria Callas, testimoni silenziosi di un’epoca in cui Milano si affermava come crocevia europeo di affari, cultura e mondanità.
L’alchimia degli ingredienti come linguaggio
La drink list che il Principe Bar ha recentemente svelato va oltre la semplice creatività mixologica. Ogni cocktail è costruito come un racconto sensoriale che evoca specifici momenti storici attraverso ingredienti simbolici, tecniche innovative e riferimenti culturali. È un approccio che riflette le tendenze più attuali del settore: la mixology del 2025 sta abbracciando profili di gusto più complessi, con l’uso di ingredienti salati, brodi e salse che vanno oltre le tradizionali note dolci e acide.
Ma c’è qualcosa di più profondo in questo progetto. La scelta di dedicare signature drink a eventi come la rivoluzione cinese, la guerra civile spagnola, il movimento per i diritti delle donne, la nascita della NASA o il festival di Woodstock rivela un’intenzione precisa: usare il bar come spazio di riflessione collettiva, dove il piacere del bere si intreccia con la consapevolezza storica.
Milano e l’eredità del bere d’autore
L’hotel, originariamente pensato per uomini d’affari data la prossimità con la Stazione Centrale, ampliò presto il ventaglio dei propri clienti attirando celebrità e artisti internazionali. Questa vocazione cosmopolita si riflette ancora oggi nella filosofia del Principe Bar, che si inserisce in una tradizione milanese consolidata. A Milano la grande miscelazione è sempre stata legata all’ospitalità di alto livello, con i bar dei cinque stelle che rappresentano da sempre l’eccellenza del bere bene.
La scena contemporanea della mixology milanese è un ecosistema complesso, dove trend e nuove aperture di qualità sbocciano continuamente, con bar di design, cocktail innovativi e indirizzi che fanno scuola in tutta Italia. In questo contesto, l’approccio narrativo del Principe Bar si distingue per la sua capacità di coniugare tradizione e sperimentazione, memoria e innovazione.
Il futuro della miscelazione passa dal territorio
Le tendenze emergenti nel mondo dei cocktail vanno proprio in questa direzione. Nel 2025 la mixology si sta evolvendo con un focus su ingredienti freschi, stagionali e locali, privilegiando la sostenibilità ambientale e il recupero delle risorse del territorio. I bartender stanno riscoprendo erbe selvatiche, varietà autoctone e prodotti tipici, creando esperienze che celebrano la biodiversità e il patrimonio culturale.
Non è un caso che la drink list del Principe includa anche un omaggio al risotto alla milanese, interpretato in chiave liquida. È la dimostrazione che la mixology può essere un linguaggio identitario, capace di dialogare con la tradizione gastronomica locale senza rinunciare alla contemporaneità.
Dal 2003 l’hotel fa parte della Dorchester Collection, famiglia di proprietà di lusso che include alcuni degli hotel più iconici al mondo, da The Dorchester a Londra all’Hotel Eden a Roma. Questa appartenenza a un network internazionale non ha snaturato l’identità milanese del Principe, anzi l’ha rafforzata, permettendo di investire in progetti che valorizzano la specificità del luogo.
Quando il bar diventa spazio culturale
Ciò che emerge da questo progetto è una visione del bar come spazio culturale multidimensionale. I bar stanno evolvendo in spazi multifunzionali dove diverse esperienze si intrecciano per soddisfare le esigenze di una clientela variegata. Non più solo luoghi dove consumare bevande, ma veri e propri laboratori di senso dove storia, arte, design e gusto si fondono in un’esperienza coerente.
Il Principe Bar rappresenta questa evoluzione: un luogo dove la miscelazione diventa strumento di narrazione, dove ogni cocktail apre una finestra su un momento storico, dove il gesto di bere si carica di significati che vanno oltre il puro piacere sensoriale. È una forma di mixology umanistica, che usa gli ingredienti come parole e i bicchieri come pagine di un libro aperto sulla complessità del Novecento.
Con l’hotel che si prepara a celebrare i suoi cent’anni nel 2027, questa drink list rappresenta solo il primo capitolo di un progetto più ampio. La seconda parte, prevista per il 2026, completerà il viaggio attraverso la seconda metà del secolo, fino ad arrivare ai giorni nostri. Un’operazione ambiziosa che trasforma il bar in un museo liquido, dove la storia non si legge ma si gusta, sorso dopo sorso.
In un’epoca in cui l’esperienza conta più del prodotto, in cui i consumatori cercano autenticità e significato, questa intuizione appare particolarmente lungimirante. Il Principe Bar dimostra che la mixology può essere molto più di una moda passeggera: può diventare un linguaggio culturale, capace di costruire ponti tra generazioni diverse e di mantenere viva la memoria collettiva attraverso il piacere condiviso del bere bene.

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