Tra le sale storiche di Palazzo dei Diamanti, nel centro rinascimentale di Ferrara, prende forma un viaggio che attraversa quasi un secolo di arte, memoria e visione. Dall’11 ottobre 2025 all’8 febbraio 2026, la mostra “Chagall, testimone del suo tempo” presenta 200 opere tra dipinti, disegni e incisioni, offrendo uno sguardo inedito su Marc Chagall, l’artista che ha saputo trasformare le ferite del Novecento in canti di bellezza e resistenza spirituale.
L’universo poetico di un artista tra due mondi
Marc Chagall nacque a Vitebsk nel 1887 e morì a Saint-Paul de Vence nel 1985, attraversando con la sua esistenza due guerre mondiali, rivoluzioni, esili e trasformazioni epocali. Eppure, nelle sue tele, il tempo sembra sospeso in una dimensione dove il dolore si fonde con l’estasi, dove gli episodi biblici rispecchiano la sua cultura ebraica e dove la memoria della Russia natale diventa linguaggio universale. Figure fluttuanti e colorate atmosfere incantate popolano le sue opere, ma dietro l’apparente leggerezza si nasconde una testimonianza profonda del secolo più drammatico della storia moderna.
La mostra evidenzia come Chagall abbia saputo mantenere viva la memoria della sua terra natale, della tradizione e degli affetti, proiettandoli sempre verso nuovi orizzonti espressivi. Le sue radici affondano nei campi e nelle sinagoghe della provincia russa, in quel mondo di credenze popolari e tradizioni chassidiche che lo accompagnerà per tutta la vita. Ma Chagall non è mai stato un artista del passato: ogni sua opera è un ponte gettato tra l’ieri e il domani, tra l’intimità del ricordo e l’universalità del messaggio.
Il doppio come chiave di lettura dell’esistenza
Uno degli aspetti più affascinanti del percorso espositivo ferrarese è l’esplorazione del tema del doppio. Volti scissi, profili che si moltiplicano, ritratti che si specchiano: attraverso questa ossessione formale, Chagall rivela la dualità intrinseca dell’esistenza umana. Siamo simultaneamente qui e altrove, radicati e sospesi, carnali e spirituali. Ogni volto diventa specchio di un’identità frammentata, di un’anima divisa tra mondi che sembrano inconciliabili ma che nell’arte trovano la loro sintesi.
Gli amanti volanti, presenza costante nella sua poetica, non sono semplici figure romantiche: incarnano la possibilità di trascendere il peso della terra, di elevarsi oltre le contingenze storiche attraverso la forza dell’amore e dell’immaginazione. Gli animali parlanti, i bouquet esplosivi di fiori, gli angeli che planano su villaggi addormentati: ogni elemento diventa, trascendendo il visibile, metafora universale.
Un’esperienza immersiva tra arte e tecnologia
La mostra include due sale immersive che consentono di ammirare alcune creazioni monumentali in una dimensione coinvolgente e spettacolare. Questa scelta curatoriale, firmata da Paul Schneiter e Francesca Villanti, non è un semplice espediente scenografico: risponde alla natura stessa dell’arte di Chagall, che ha sempre cercato di avvolgere lo spettatore, di farlo entrare fisicamente nelle sue visioni.
Negli anni sessanta e settanta, Chagall si occupò di progetti su larga scala che coinvolgevano aree pubbliche e importanti edifici religiosi e civili, dalle vetrate monumentali ai soffitti d’opera. Le sale immersive permettono al pubblico di Ferrara di sperimentare quella stessa sensazione di essere circondati, abbracciati dall’universo cromatico e simbolico dell’artista.
Testimone di un secolo in frantumi
Definire Chagall “testimone del suo tempo” significa riconoscere che la sua opera non è mai stata evasione, ma registrazione emotiva di un’epoca straziata. La mostra evidenzia la profonda umanità dell’opera di Chagall, artista plurale, visionario e testimone del suo tempo, cantore della bellezza e custode della memoria. Nato in un piccolo shtetl dell’impero russo, Chagall visse la rivoluzione bolscevica, l’ascesa del nazismo, l’esilio, la perdita della prima moglie Bella, il rifugio negli Stati Uniti e infine il ritorno in Europa.
Le sue opere portano i segni di questi traumi. In un’epoca di frammentazione, egli ci ricorda che l’arte può essere ponte tra mondi diversi, sintesi di tradizioni apparentemente inconciliabili, specchio fedele delle aspirazioni e delle contraddizioni dell’umanità. Quando i nazisti bruciavano le sue tele etichettandole come “arte degenerata”, Chagall rispondeva dipingendo crocifissioni che univano la sofferenza di Cristo a quella del popolo ebraico, fondendo due tradizioni religiose in un unico grido di dolore e speranza.
La forza della memoria contro l’oblio
Palazzo dei Diamanti, con le sue bugnature geometriche che sembrano tagliare il cielo di Ferrara, offre lo scenario perfetto per questa retrospettiva. L’edificio rinascimentale, simbolo di potere e raffinatezza, dialoga con l’arte di un uomo che ha sempre parlato la lingua degli umili, dei diseredati, di chi porta con sé il peso dell’esilio. È questo contrasto a generare una tensione feconda: tra l’architettura che celebra la stabilità e le figure che fluttuano senza gravità, tra la pietra e il sogno.
Attraverso il suo sguardo poetico, Chagall trasforma l’esperienza personale in riflessione condivisa, svelando come dietro l’apparente semplicità delle sue creazioni si celino temi che toccano ogni essere umano: l’identità, l’esilio, la spiritualità e la gioia di vivere. In un’epoca come la nostra, segnata da nuovi muri e nuove diaspore, l’arte di Chagall acquista una risonanza profetica. Le sue figure sospese tra cielo e terra ci ricordano che l’identità non è mai un fatto compiuto, ma un equilibrio precario, una danza continua tra appartenenza e libertà.
La bellezza come forma di resistenza
Forse l’aspetto più commovente della mostra ferrarese è proprio questo: mostrarci come Chagall abbia cercato, per tutta la vita, di opporre alla violenza della storia la tenacia della bellezza. La sua opera celebra quella verità emotiva che rende tangibili i sentimenti più profondi dell’animo umano, elevando lo spirito verso una bellezza capace di trovare, anche negli orrori del tempo, barlumi di pace e comprensione.
Non si tratta di un ottimismo ingenuo, ma di una scelta etica: continuare a credere nella possibilità dell’incanto, anche quando tutto sembrerebbe negarlo. I suoi colori vibranti, i suoi amanti che si abbracciano sfidando le leggi della fisica, i suoi violinisti che suonano sui tetti mentre il mondo crolla: tutto questo è resistenza. È un modo di dire che l’umanità, nonostante tutto, merita ancora di sognare.
Visitare questa mostra significa dunque compiere un doppio viaggio: nell’universo visivo di uno dei maestri del Novecento e, insieme, nelle pieghe della nostra stessa anima. Perché Chagall, con la sua capacità di trasformare il dolore in canto e la memoria in visione, ci insegna che l’arte non è mai solo rappresentazione del mondo, ma sempre anche sua trasfigurazione. E in questa trasfigurazione, forse, possiamo ancora trovare ragioni per credere nella bellezza, nonostante tutto.
Direttore editoriale di nonewsmagazine.com | Il magazine dell’ozio e della serendipità.
Direttore responsabile di No News | La free press dell’ozio milanese.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare agli amori sofferti tra le campagne inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo, c’è chi lo chiama “il fondamentalista del Loggione”. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita, tuttavia, rimane la Tosca.


