Esistono momenti nella storia della musica in cui l’ascolto si trasforma in un’esperienza fisica, quasi tattile. Quando cinquanta pianoforti, ciascuno accordato secondo graduazioni microtonali impercettibili all’orecchio non addestrato, iniziano a suonare insieme, qualcosa di inaspettato accade nello spazio tra il suono e il silenzio. Non è più questione di note, ma di frequenze che vibrano nell’aria come onde concentriche su uno specchio d’acqua.
Quando l’architettura sonora incontra la scienza acustica
L’opera “11.000 Saiten” (11.000 corde) del compositore austriaco Georg Friedrich Haas è stata commissionata dalla Fondazione Busoni-Mahler e sostenuta dalla Fondazione Musicale Ernst von Siemens. La genesi del progetto ha radici quasi cinematografiche: Peter Paul Kainrath, direttore del Klangforum Wien, visitò nel 2018 una fabbrica di pianoforti Hailun a Ningbo, in Cina, dove assistette alla performance simultanea di cento strumenti suonati da macchine automatizzate per ventiquattro ore consecutive.
Da quell’esperienza industriale è nato un sogno compositivo senza precedenti. Ogni pianoforte è accordato esattamente due cent più alto o più basso rispetto a quello adiacente, una differenza che corrisponde alla distanza tra la quinta temperata e la quinta pura senza battimenti. Due cent rappresentano la soglia minima di differenza percepibile dall’orecchio umano: un confine sottilissimo tra l’identità e l’alterità sonora.
La microtonalità come linguaggio espressivo
La microtonalità non è un’invenzione contemporanea, ma affonda le sue radici in tradizioni antiche. Il compositore e teorico italiano del Rinascimento Nicola Vicentino costruì già nel XVI secolo una tastiera con 36 tasti per ottava, nota come archicembalo. Tuttavia, nella musica occidentale moderna, l’esplorazione sistematica dei microtoni ha trovato espressione solo nel Novecento.
Il compositore messicano Julián Carrillo, considerato uno dei padri della microtonalità moderna, sviluppò all’inizio del 1900 la teoria del “Sonido 13” (Tredicesimo Suono), proponendo la divisione dell’ottava in incrementi più piccoli del semitono standard. Compositori come Harry Partch cercarono di utilizzare le relazioni acustiche più precise basate sulla serie armonica naturale, mentre altri come Alois Hába iniziarono suddividendo proporzionalmente la scala temperata in quarti, terzi e ottavi di tono.
Il movimento spettrale e la nuova frontiera del suono
La musica spettrale è emersa negli anni ’70 come reazione al serialismo, concentrandosi sulle proprietà acustiche del suono stesso. I compositori spettrali generano armonie microtonali caratteristiche eseguendo analisi di Fourier dei suoni, poi riproducendo gli effetti di quei suoni in una forma di modellazione spettrale.
Georg Friedrich Haas è conosciuto per la sua esplorazione della microtonalità nel contesto della musica spettrale, dove i suoni armonici e la serie degli overtoni servono come base per la composizione. Opere come “In Vain” del 2000 utilizzano la microtonalità per creare dense texture sonore scintillanti che sfidano la percezione dell’ascoltatore di altezza e timbro.
Un’installazione concertistica al Park Avenue Armory
La première nordamericana di “11.000 Strings” si è tenuta alla Park Avenue Armory di New York tra settembre e ottobre 2025, con il pubblico seduto al centro di un cerchio formato dai cinquanta pianoforti e dai venticinque strumentisti del Klangforum Wien. L’illuminazione era sottile e suggestiva, abbastanza spaziale da evocare un’atmosfera diversa mostrando al contempo l’espansione travolgente della Drill Hall di 5.100 metri quadrati.
Melodia e ritmo diventano irrilevanti in questa composizione, mentre l’armonia rimane essenziale. I pianoforti sono accordati con minuscoli aggiustamenti della temperazione equabile verso l’intonazione naturale, ma non completamente. Il risultato è una nuvola sonora in cui all’interno di un’onda massiccia di suono ci sono particelle che rimbalzano l’una sull’altra.
Molti strumentisti hanno ricoperto ruoli multipli: i flautisti si alzavano per suonare tamburi a mano, i violoncellisti dedicavano tempo ai piatti al loro fianco, sfregandoli inquietantemente con gli archi. Verso la fine, i pianisti hanno indossato tutti guanti neri, apparentemente per ammorbidire il loro modo di suonare, ma poi anche per crescere verso un crescendo durante il quale ciascuno oscillava da un lato all’altro in una sorta di trance di glissando sostenuto.
Un viaggio nell’essenza del suono
La première mondiale ebbe luogo a Bolzano il primo agosto 2023, eseguita da pianisti provenienti da numerosi conservatori e università insieme alla Mahler Academy Orchestra. Successivamente l’opera è stata presentata al Wien Modern, all’Holland Festival di Amsterdam, al Prague Spring Festival e in altri prestigiosi contesti internazionali.
Il compositore Haas, nelle note di programma, ha spiegato che la tecnica e la forma miravano al sentimento comunitario della spiritualità. Non si tratta di ascoltare nel senso tradizionale, ma di essere immersi in un paesaggio sonoro dove le idee passano attorno all’anello, sviluppandosi nello spazio oltre che nel tempo.
La durata della composizione è di 66 minuti senza interruzioni, un lasso temporale che permette all’ascoltatore di abbandonare gradualmente le categorie di ascolto convenzionali. Come ha affermato lo stesso Haas: “È una di quelle idee così folli che non c’è altra possibilità che dire ‘Sì!'”
L’eredità di un esperimento radicale
Ciò che rende “11.000 Strings” un’opera significativa nel panorama della musica contemporanea non è soltanto la sua monumentalità fisica, ma la sua capacità di interrogare la natura stessa della percezione musicale. I compositori che utilizzano microtoni non stanno semplicemente espandendo la tavolozza sonora: stanno creando sottili variazioni nei “battimenti” armonici che risultano tra due altezze molto vicine.
La microtonalità, in questo senso, non è un genere o una tecnica, ma un modo diverso di concepire lo spazio tra le note. È l’esplorazione di quella terra di nessuno acustica che la musica occidentale ha deliberatamente ignorato per secoli in favore della praticità del temperamento equabile.
Assistere a “11.000 Strings” significa confrontarsi con un paradosso: come può qualcosa di così matematicamente preciso generare un’esperienza così profondamente viscerale? Come possono cinquanta strumenti identici, accordati in modo impercettibilmente diverso, creare un universo sonoro che sembra provenire dalle profondità del cosmo?
La risposta forse risiede nel fatto che Haas non sta componendo musica nel senso tradizionale: sta scolpendo il tempo attraverso le frequenze, creando architetture sonore che esistono in quello spazio liminale tra l’ordine e il caos, tra la scienza e l’arte, tra il calcolo e l’emozione. È un’esperienza che ricorda, in qualche modo, lo stupore primordiale di chi ascolta un suono per la prima volta, senza categorie preconcette per interpretarlo.
In un’epoca in cui la tecnologia musicale permette una manipolazione infinita del suono, “11.000 Strings” ci riporta paradossalmente all’essenza più pura della musica: la vibrazione fisica dell’aria, percepita da corpi umani nello spazio reale. È un promemoria potente che, nonostante tutti i nostri progressi tecnologici, l’esperienza fondamentale della musica rimane profondamente fisica e irriducibilmente umana.
Curioso per natura, vivo la vita come se non ci fosse un domani.
Appassionato di enogastronomia e viaggi, racconto storie di sapori, tradizioni e culture attraverso itinerari culinari e destinazioni autentiche. Esploro territori, scopro vini, piatti e prodotti locali, condividendo esperienze sensoriali e consigli pratici per viaggiatori enogastronomici. Amo immergermi nelle tradizioni di ogni luogo, catturando l’essenza di culture diverse e facendo emergere il legame tra territorio e gastronomia. Con uno stile vivace e coinvolgente, trasformo ogni racconto in un’esperienza da gustare e vivere, ispirando chi desidera scoprire il mondo attraverso i suoi sapori autentici. Per me, viaggio e cucina sono strumenti di conoscenza e confronto, capaci di unire le persone e arricchire l’anima.