Tra i cocktail contemporanei che hanno saputo conquistare i banconi di tutto il mondo, il Chartreuse Swizzle rappresenta un’anomalia affascinante: un liquore monastico europeo, carico di storia e complessità erboristica, che si ritrova catapultato nell’universo tropicale dei drink caraibici. Verde brillante, rinfrescante e sorprendentemente bilanciato, questo cocktail ha dimostrato che anche gli ingredienti più impegnativi possono trovare nuova vita quando interpretati con creatività e rispetto.
Le origini di un classico moderno
La nascita del Chartreuse Swizzle è legata indissolubilmente a San Francisco e al suo rinascimento cocktailiano dei primi anni Duemila. Il barman Marcovaldo Dionysos creò questo drink nel 2003 per un concorso sponsorizzato da Chartreuse, dopo aver partecipato alla competizione per cinque anni consecutivi. In quel periodo, nella scena bartending di San Francisco, Fernet e Chartreuse dominavano come i due principali “bartender’s handshakes”, condivisi sui banconi come segno di intendimento.
Dionysos, un fanatico dichiarato della Chartreuse, inizialmente non voleva partecipare a quella quinta edizione del concorso. Ma l’organizzatore lo convinse a ripensarci, e lui decise di creare qualcosa di divertente con un’ispirazione tropicale. Il risultato fu un drink improbabile che trascinava il liquore europeo secolare nel regno del tiki, abbinandolo a succo d’ananas, lime, menta, ghiaccio tritato e un ingrediente quasi dimenticato: il Velvet Falernum.
Il Falernum, uno sciroppo speziato dei Caraibi che era stato un ingrediente popolare nei cocktail ma era quasi scomparso dalla memoria all’inizio del XXI secolo, catturò l’attenzione dei giudici insieme alla forma esotica dello swizzle. Dionysos vinse il primo premio.
La strada verso il successo globale fu però lunga e graduale. Il cocktail fece la sua prima apparizione nei menu nel 2003 all’Harry Denton’s Starlight Room, dove Dionysos lavorava, vendendo discretamente ma senza particolare clamore. Fu al Clock Bar, aperto nel 2008 dallo chef Michael Mina, che il drink decollò davvero. A partire dal 2010, il cocktail acquisì dimensione internazionale, apparendo in centinaia di bar in tutto il mondo, da New Orleans a Parigi, da Bangkok a Tel Aviv.
La fortuna del Chartreuse Swizzle ha coinciso con una rinascita commerciale del liquore stesso. Tim Master, rappresentante del marchio dal 2011, ha osservato una ripresa delle vendite nei primi anni 2000, parzialmente grazie al bartender Murray Stenson che rese nuovamente popolare The Last Word, ma con il Chartreuse Swizzle di Dionysos non molto indietro.
La ricetta classica
La preparazione del Chartreuse Swizzle segue la tecnica tradizionale degli swizzle caraibici, adattata agli ingredienti contemporanei:
Ingredienti:
- 45 ml di Green Chartreuse
- 30 ml di succo d’ananas fresco
- 22 ml di succo di lime fresco
- 15 ml di Velvet Falernum
- 8-10 foglie di menta fresca
- Ghiaccio tritato
Preparazione: Versare tutti gli ingredienti in un bicchiere Collins e riempire con abbondante ghiaccio tritato. Inserire un cucchiaio da bar nel drink e swizzare (ovvero ruotare energicamente il cucchiaio tra i palmi delle mani) fino a quando l’esterno del bicchiere non si ricopre di brina. Aggiungere altro ghiaccio tritato per colmare lo spazio creatosi e guarnire con un rametto di menta fresca.
La chiave del successo risiede nel ghiaccio tritato, che diluisce gradualmente il drink mantenendolo freddissimo, e nella tecnica dello swizzle, che integra perfettamente tutti i componenti creando una consistenza setosa. Il risultato è un cocktail dalla gradazione alcolica moderata nonostante i 55% della Chartreuse, accessibile anche a chi si avvicina per la prima volta a questo liquore monastico.
Come ha spiegato lo stesso Dionysos, “questo drink sa abbastanza di Chartreuse da soddisfare i fan più accaniti del distillato, ma lo ammorbidisce abbastanza da attrarre i neofiti”.
Abbinamenti gastronomici
Il profilo aromatico complesso del Chartreuse Swizzle – dove le note erbacee e medicinali della Chartreuse si intrecciano con la dolcezza tropicale dell’ananas e le spezie calde del Falernum – apre molteplici possibilità di abbinamento.
Funziona magnificamente come aperitivo estivo, anticipando piatti a base di pesce crudo: carpacci di ricciola, tartare di tonno con agrumi, o ceviche. L’acidità del lime e la freschezza della menta puliscono il palato, mentre le erbe della Chartreuse dialogano con quelle comunemente usate nelle marinature.
Il cocktail si presta anche ad accompagnare cucine esotiche: dalla thailandese alla vietnamita, dove le sue note tropicali e speziate creano armonia con lemongrass, coriandolo fresco e peperoncino. Un pad thai o un bún chả trovano nel Chartreuse Swizzle un compagno ideale.
Per chi cerca un accostamento più audace, questo drink sorprende accanto a formaggi erborinati di media stagionatura come un gorgonzola dolce: la cremosità del formaggio bilancia l’intensità del liquore, mentre le note piccanti si esaltano reciprocamente.
Infine, nella tradizione degli swizzle come drink da fine pomeriggio, il Chartreuse Swizzle accompagna egregiamente piccola pasticceria tropicale: tartellette al cocco, macarons al pistacchio o dolci con ananas caramellato, dove la componente fruttata del cocktail si amplifica.
La versatilità di questo moderno classico dimostra come l’intuizione di Marcovaldo Dionysos sia andata ben oltre la vittoria di una competizione: ha creato un ponte gustativo tra mondi apparentemente distanti, regalando al liquore dei monaci certosini una seconda giovinezza nei bar di tutto il pianeta.
Direttore editoriale di nonewsmagazine.com | Il magazine dell’ozio e della serendipità.
Direttore responsabile di No News | La free press dell’ozio milanese.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare agli amori sofferti tra le campagne inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo, c’è chi lo chiama “il fondamentalista del Loggione”. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita, tuttavia, rimane la Tosca.

