Site icon NN Mag

Dry Martini: eleganza e tradizione in un bicchiere

Storia abbinamenti e ricetta classica del cocktail Dry Martini, Dry Martini: eleganza e tradizione in un bicchiere

Tra i cocktail che hanno segnato la storia della miscelazione mondiale, il Dry Martini occupa un posto d’onore. Non è solo un drink, ma un’icona di stile che attraversa epoche e mode, mantenendo intatta la sua eleganza cristallina. Classificato come cocktail pre-dinner, questo mix essenziale di gin e vermut dry rappresenta la sintesi perfetta tra semplicità e raffinatezza, un equilibrio che richiede tecnica impeccabile e ingredienti di altissima qualità. La sua trasparenza inganna: dietro l’apparente facilità si nasconde un universo di sfumature che solo i migliori barman sanno esprimere.

Le origini controverse di un mito

La storia del Dry Martini è avvolta da un’aura di mistero che contribuisce al suo fascino immortale. Le sue origini sono ancora incerte e quasi misteriose, con la certezza che questo cocktail sia stato inventato tra la fine dell’Ottocento e il primo decennio del Novecento negli Stati Uniti. La teoria più accreditata lo collega al Martinez, un drink bevuto a metà Ottocento composto da un gin dell’epoca che oggi non esiste più, vermouth rosso e bitter.

Una prima teoria vuole che esso si sia evoluto dal Martinez, un cocktail inventato dal leggendario bartender statunitense Jerry Thomas e particolarmente richiesto da tutti coloro che, nella seconda metà dell’Ottocento, prima di salire sul traghetto notturno che collegava San Francisco alla cittadina di Martinez, desideravano un ultimo drink riscaldante. Nel corso dei decenni, il cocktail ha subito una progressiva evoluzione verso la secchezza: il vermouth rosso è stato sostituito dal dry, il bitter è scomparso, e le proporzioni si sono spostate sempre più a favore del gin, rendendo il drink più asciutto e diretto.

Un’altra versione, più romantica ma meno documentata, vuole che la nascita di questo drink sia per opera di un barista di nome Martini, italiano di origini ed emigrato negli Stati Uniti, che servì questo mix tra Vermouth e Gin nel bar del Knickerbocker Hotel nel cuore di Manhattan in onore di John D. Rockefeller nel 1912. Qualunque sia la verità, il Dry Martini ha conquistato il mondo, diventando simbolo di raffinatezza e sofisticazione.

La ricetta classica secondo l’IBA

La ricetta ufficiale IBA prevede 60 ml di Gin e 10 ml di Dry Vermouth, un rapporto di sei a uno che garantisce un cocktail decisamente asciutto e dal carattere marcato. La preparazione segue il metodo stir & strain, che privilegia la delicatezza rispetto all’aggressività dello shaking.

Ingredienti:

  • 60 ml di Gin (di alta qualità, preferibilmente London Dry)
  • 10 ml di Vermut Dry
  • Ghiaccio
  • Oliva verde o scorza di limone per guarnire

Preparazione:

Riempire una coppa Martini di ghiaccio per raffreddarla, riempire un mixing glass di ghiaccio e versare tutti gli ingredienti al suo interno, quindi mescolare bene. La mescolatura deve essere delicata ma prolungata, circa 30-40 secondi, per ottenere la giusta diluizione e temperatura senza compromettere la trasparenza cristallina del cocktail. Scolare il ghiaccio dalla coppa Martini e versare il cocktail, filtrandolo dal ghiaccio con lo strainer.

Per la guarnizione, spremere gli oli essenziali della scorza di limone sulla superficie del drink, oppure guarnire con un’oliva. La scelta tra limone e oliva non è solo estetica: la scorza di limone aggiunge una nota agrumata e aromatica, mentre l’oliva verde conferisce una sfumatura sapida e leggermente ammandorlata che dialoga magnificamente con il ginepro del gin.

La qualità degli ingredienti è fondamentale: tra i vermouth italiani spiccano Carpano Dry, Martini Dry, Cinzano 1757 Dry, mentre tra i francesi Dolin Dry e Noilly Prat Dry, quest’ultimo caratterizzato da una particolare e gradevole nota ossidata.

Gli abbinamenti gastronomici

Il Dry Martini, con la sua struttura alcolica importante e il profilo aromatico pulito, richiede abbinamenti altrettanto decisi e di carattere. L’eccezionale freschezza di un cocktail con vermut Extra Dry si abbina perfettamente a sapori decisi e acidi, bilanciando anche i cibi più ricchi, come il pesce oleoso. Le sardine e le acciughe marinate rappresentano un matrimonio perfetto, dove la sapidità del pesce azzurro trova nel drink un contraltare rinfrescante.

In cucina lo si può abbinare a primi di pasta, pesce e pietanze affumicate, insomma a piatti che possano riuscire a reggere l’urto della sua importante struttura. Eccellente quindi con salmone affumicato, tartare di pesce, carpacci di tonno o branzino, dove l’alcolicità del cocktail taglia la grassezza del pesce crudo senza sovrastarlo.

In un contesto di aperitivo più tradizionale, si abbina perfettamente a olive, salumi, formaggi leggeri e stuzzichini. Le olive verdi, in particolare, creano una continuità di sapore con la guarnizione del drink stesso. I formaggi a pasta dura stagionati, come un Parmigiano Reggiano di 36 mesi o un pecorino toscano, trovano nel Dry Martini un compagno ideale, capace di pulire il palato tra un assaggio e l’altro.

Da evitare invece abbinamenti con piatti eccessivamente dolci o cremosi, che entrerebbero in conflitto con la natura secca e tagliente del cocktail. Il Dry Martini è un drink che non scende a compromessi: chiede ingredienti di qualità, tecnica precisa e rispetto per la sua identità essenziale. È proprio questa purezza senza fronzoli a renderlo eterno.

Exit mobile version