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Hockey su ghiaccio alle Olimpiadi Milano-Cortina 2026: guida completa alla disciplina

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La storia dell’hockey su ghiaccio affonda le radici nel Canada dell’inizio del XIX secolo, quando sui laghi ghiacciati del nord iniziò a prendere forma quello che sarebbe diventato uno degli sport più appassionanti e seguiti al mondo.Il termine stesso, “hockey”, deriva dall’antica parola francese “hocquet” che significa bastone, un’eredità linguistica che testimonia le contaminazioni europee di questo gioco nato nelle terre del Commonwealth. Fu solo intorno al 1860 che la palla venne sostituita dal disco, quel cilindretto nero di gomma vulcanizzata che sarebbe diventato l’emblema della disciplina.

Nel 1879, due studenti della McGill University di Montreal, Robertson e Smith, stilarono le prime regole ufficiali, dando struttura a quello che fino ad allora era un passatempo praticato liberamente sui ghiacci. L’anno successivo nasceva il McGill University Hockey Club, la prima squadra riconosciuta, mentre nel 1892 il Governatore Generale del Canada donava la Stanley Cup, il trofeo che ancora oggi rappresenta il massimo riconoscimento per i club professionisti nordamericani.

Lo sport attraversò presto il confine, conquistando gli Stati Uniti: la prima partita documentata tra le università Johns Hopkins e Yale risale al 1895. Da quel momento, l’hockey su ghiaccio iniziò la sua inarrestabile espansione globale, diventando simbolo di velocità, tecnica e coraggio.

L’arena del ghiaccio: caratteristiche e dimensioni

La pista dove si disputa una partita di hockey su ghiaccio è una superficie rettangolare con angoli arrotondati, le cui dimensioni variano leggermente a seconda degli standard: tra 56 e 61 metri di lunghezza e tra 26 e 30 metri di larghezza. Tutto intorno corre una balaustra, sopra la quale sono installate protezioni in plexiglas trasparente che permettono agli spettatori di seguire l’azione senza rischi, mentre dietro le porte si trovano reti supplementari di sicurezza.

Le porte sono alte 122 centimetri e larghe 183 centimetri, con montanti colorati in rosso per renderli ben visibili sul ghiaccio bianco. Non sono fissate alla superficie gelata: questa scelta tecnica previene infortuni gravi quando i giocatori, lanciati a velocità che possono superare i 50 chilometri orari, vi si schiantano contro durante le fasi più concitate. Davanti a ciascuna porta è tracciata un’area semicircolare colorata in blu, la cosiddetta “crease”, dove è vietato l’ingresso agli attaccanti per evitare interferenze con il portiere.

Sul ghiaccio sono tracciate diverse linee fondamentali: due sottili linee rosse segnano la riga di porta, quella che quando viene oltrepassata dal disco determina l’assegnazione del gol, annunciato dal suono di una sirena. Una linea rossa più larga divide la pista in due metà uguali, utilizzata per i faceoff di inizio gara o dopo un gol. Due linee blu più sottili delimitano invece le zone di attacco, difesa e l’area neutra centrale, fondamentali per determinare situazioni di fuorigioco e liberazione vietata.

Le regole del gioco: quando il tempo si ferma sul ghiaccio

Una partita di hockey su ghiaccio dura 60 minuti effettivi, suddivisi in tre periodi da 20 minuti ciascuno, con pause intermedie di 15-17 minuti. Qui sta una delle peculiarità più affascinanti della disciplina: il cronometro si ferma ad ogni interruzione di gioco, rendendo impossibile sprecare tempo. L’obiettivo è semplice nella forma ma complesso nell’esecuzione: segnare più gol della squadra avversaria spingendo il disco di gomma vulcanizzata (alto 2,54 centimetri, con diametro di 7,62 centimetri e peso tra 156 e 170 grammi) all’interno della porta avversaria.

Nel ghiaccio non esiste il pareggio, seguendo la migliore tradizione degli sport nordamericani. Se al termine dei tre periodi il risultato è ancora in equilibrio, si procede con un tempo supplementare che termina immediatamente quando una delle due squadre segna, il cosiddetto “sudden death”. Nel caso specifico della finale olimpica per la medaglia d’oro, se necessario si continua all’infinito con tempi supplementari successivi fino a quando non viene segnato il gol decisivo, garantendo che la vittoria sia conquistata sul ghiaccio e non ai rigori.

Sul ghiaccio possono trovarsi contemporaneamente al massimo sei giocatori per squadra: tradizionalmente cinque di movimento (due difensori, tre attaccanti) più il portiere, ma in situazioni particolari il guardiano della porta può essere sostituito da un sesto giocatore di movimento. Una squadra maschile è composta da un massimo di 25 elementi (22 di movimento e 3 portieri), mentre quella femminile prevede 23 atlete (20 di movimento e 3 portiere). Le sostituzioni avvengono al volo, senza bisogno di fermare il gioco, rendendo l’azione continua e permettendo ai giocatori di dare il massimo in turni brevi e intensissimi.

Infrazioni e penalità: il codice di condotta sul ghiaccio

Il sistema delle penalità nell’hockey su ghiaccio è articolato e rigoroso. Quando un giocatore commette un’infrazione, viene allontanato temporaneamente dal gioco e deve sedere nella panca puniti per un periodo che varia a seconda della gravità del fallo. La penalità minore dura 2 minuti, durante i quali la squadra gioca in inferiorità numerica. Se gli avversari segnano durante questo periodo, la penalità termina immediatamente, permettendo al giocatore di tornare in pista.

Le penalità maggiori hanno durata di 5 minuti e non possono essere abbreviate da un gol subito. Esistono poi la penalità disciplinare di 10 minuti, la penalità disciplinare grave di 20 minuti e, nei casi più gravi, la penalità di partita che comporta l’espulsione definitiva del giocatore e la sua sostituzione per 5 minuti da un compagno di squadra.

Tra le infrazioni più comuni troviamo il fuorigioco, che si verifica quando un giocatore attaccante precede il disco nella zona d’attacco superando la linea blu prima che lo faccia il dischetto. L’icing o liberazione vietata avviene invece quando un giocatore lancia il disco dalla propria metà campo oltre la linea di porta avversaria senza che nessuno lo tocchi: in questo caso il gioco viene fatto retrocedere nella zona difensiva della squadra che ha commesso l’infrazione, che non può effettuare cambi durante l’interruzione successiva.

Tra i falli personali spiccano il charging (carica violenta), l’hooking (trattenuta con il bastone), il tripping (sgambetto), il slashing (colpo di bastone), l’high sticking (bastone alto) e il boarding (spinta violenta contro la balaustra). Particolarmente severo è il controllo del fighting: mentre nella NHL le risse sono sanzionate con soli 5 minuti di penalità, nei tornei internazionali e olimpici vengono punite molto più duramente, fino all’espulsione.

L’equipaggiamento: armature moderne per gladiatori del ghiaccio

Viste la velocità del gioco e la frequenza degli scontri fisici, l’abbigliamento dei giocatori è sofisticato e ingombrante. Il casco è obbligatorio a tutti i livelli, mentre per le atlete è previsto un modello che garantisce protezione completa del viso. L’armatura protettiva include spalliere e protezioni per braccia, parastinchi, coudière per i gomiti e grandi guanti imbottiti. Tutto l’equipaggiamento, ad eccezione di guanti e casco, deve essere indossato sotto la divisa.

Il portiere indossa protezioni ancora più massicce: imbottiture supplementari per gambe e tronco, una maschera con griglia d’acciaio e paragola, un guanto speciale chiamato “blocker” per deviare i tiri e un altro guanto più grande, il “catcher”, per bloccare il disco. I suoi parastinchi sono più larghi e il suo bastone ha dimensioni maggiori rispetto a quelli dei compagni di squadra.

Il bastone utilizzato dai giocatori di movimento, costruito in legno, alluminio o fibre composite moderne, misura al massimo 163 centimetri di lunghezza e 3 di larghezza. La parte finale ricurva, la “pala”, può avere una lunghezza massima di 32 centimetri (39 per i portieri, che hanno anche pale più larghe di circa 9 centimetri). I pattini sono speciali, progettati per garantire velocità, manovrabilità e protezione del piede durante gli impatti.

Momenti leggendari nella storia olimpica

L’hockey su ghiaccio fece la sua comparsa ai Giochi ben prima della nascita delle Olimpiadi Invernali: il primo torneo si disputò infatti ad Anversa 1920, durante i Giochi Estivi, con una competizione maschile che viene oggi considerata anche come il primo Campionato del mondo. Quando nel 1924 si tennero i primi Giochi Olimpici Invernali a Chamonix, l’hockey su ghiaccio fu naturalmente incluso nel programma, dove è rimasto ininterrottamente presente in ogni edizione.

Il Canada dominò i primi decenni della competizione olimpica, conquistando sei ori nelle prime sette edizioni invernali. Poi arrivò l’Unione Sovietica, che dal debutto nel 1956 a Cortina d’Ampezzo fino alla dissoluzione nel 1991 costruì una dinastia quasi invincibile, interrotta solo in due occasioni memorabili dagli Stati Uniti.

La prima fu nel 1960 a Squaw Valley, quando gli americani sorpresero il mondo. Ma nulla si avvicina alla leggenda del “Miracolo sul ghiaccio” di Lake Placid 1980: la sera del 23 febbraio, una squadra statunitense composta quasi interamente da giocatori universitari affrontò la corazzata sovietica in semifinale. L’URSS aveva dominato l’hockey mondiale per anni, aveva vinto quattro ori olimpici consecutivi e solo due settimane prima aveva travolto gli USA 10-3 in un’amichevole. Eppure, in una partita che trascese lo sport diventando simbolo della Guerra Fredda, gli americani vinsero 4-3, per poi battere la Finlandia in finale e conquistare l’oro. Ancora oggi quella vittoria viene ricordata come uno dei momenti più iconici della storia sportiva.

Negli anni ’90 emersero nuove potenze: la Svezia vinse il suo primo oro a Lillehammer 1994, grazie anche allo straordinario gol ai rigori di Peter Forsberg nella finale contro il Canada, un’azione talmente bella da meritare un francobollo commemorativo in patria. La Repubblica Ceca trionfò a Nagano 1998, la stessa edizione che vide il debutto del torneo femminile, dominato fin dall’inizio da Canada e Stati Uniti: le due nazioni nordamericane si sono alternate sul gradino più alto del podio in tutte e sette le edizioni disputate finora.

Un altro momento storico fu la finale di Vancouver 2010, quando Canada e Stati Uniti si affrontarono nell’ultima giornata dei Giochi per la medaglia d’oro maschile. Sidney Crosby, caricato da aspettative enormi, segnò il gol decisivo in overtime, regalando ai canadesi il trionfo olimpico in casa. La Finlandia, dopo decenni di frustrazione, conquistò finalmente il suo primo oro olimpico a Pechino 2022, battendo in finale i Russi (ROC) per 2-1 e coronando una lunga storia di medaglie di bronzo.

Il medagliere italiano: orgoglio senza metalli preziosi

La storia dell’Italia nell’hockey su ghiaccio olimpico è fatta di partecipazioni coraggiose piuttosto che di trionfi sul podio. Gli azzurri debuttarono ai Giochi di Garmisch-Partenkirchen 1936, esattamente 90 anni prima di Milano-Cortina 2026, chiudendo al nono posto ma regalandosi la soddisfazione di una vittoria all’overtime contro gli Stati Uniti durante la fase a gironi, un risultato che all’epoca fece grande impressione.

Il miglior piazzamento di sempre arrivò in casa, a Cortina d’Ampezzo 1956, quando l’Italia concluse al settimo posto dopo aver ottenuto tre vittorie consecutive nel girone per i piazzamenti contro Austria, Svizzera e Polonia. Da allora le partecipazioni olimpiche sono state discontinue: Innsbruck 1964 (15° posto), Sarajevo 1984 (9° posto), poi tre edizioni consecutive da Albertville 1992 a Nagano 1998, sempre con un’unica vittoria nel girone preliminare.

L’ultima volta prima di Milano-Cortina fu Torino 2006, l’unica edizione in cui l’Italia partecipò con entrambe le squadre, maschile e femminile. Gli uomini chiusero all’11° posto senza vittorie (ma con due pareggi), mentre le azzurre debuttarono nel torneo olimpico terminando all’ottavo posto dopo tre sconfitte nella fase a gironi, compreso un pesante 0-16 contro il Canada all’esordio.

Il medagliere italiano nell’hockey su ghiaccio olimpico, quindi, è purtroppo vuoto: nessun oro, argento o bronzo. Ma questo non toglie valore alla passione e all’impegno con cui le squadre azzurre hanno rappresentato l’Italia sul ghiaccio olimpico in nove partecipazioni maschili e una femminile, sempre lottando contro avversari più attrezzati e con tradizioni più radicate.

La squadra azzurra per Milano-Cortina 2026

Dopo vent’anni di assenza, l’hockey su ghiaccio italiano torna sul palcoscenico olimpico con entrambe le formazioni, maschile e femminile, qualificate di diritto in quanto paese ospitante. Si tratta di un’occasione storica per il movimento azzurro, resa ancora più speciale dal ritorno dei giocatori della NHL dopo dodici anni di assenza dai Giochi.

La nazionale maschile è guidata dal commissario tecnico finlandese Jukka Jalonen, allenatore esperto e vincente che ha già annunciato i primi sei giocatori del roster preliminare a giugno 2025. Spiccano i nomi di Damian Clara, giovane portiere altoatesino classe 2005 con i diritti NHL detenuti dagli Anaheim Ducks (primo italiano della storia selezionato al secondo turno del Draft nel 2023), Diego Kostner dell’HC Ambrì-Piotta, Thomas Larkin capitano della squadra che milita negli Schwenninger Wild Wings tedeschi, Daniel Mantenuto dell’HC Bolzano, Tommy Purdeller e Luca Zanatta entrambi dell’HC Val Pusteria.

Gli azzurri sono stati inseriti nel Gruppo B insieme a Finlandia, Svezia e Slovacchia, un girone durissimo che li vedrà affrontare alcune delle migliori nazionali del mondo. Il debutto è fissato per mercoledì 11 febbraio 2026 alle ore 21:10 alla Milano Santagiulia Ice Hockey Arena contro la Svezia, seguiranno la Slovacchia il 13 febbraio e la Finlandia il 14 febbraio. Il roster completo verrà annunciato all’inizio del 2026.

La nazionale femminile, guidata dalla coach Stephanie Poirier, affronterà il Gruppo B del torneo che prenderà il via addirittura prima della Cerimonia di Apertura, giovedì 5 febbraio 2026. Le azzurre sfideranno nell’ordine Francia (5 febbraio), Svezia (7 febbraio), Giappone (9 febbraio) e Germania (10 febbraio). Tornano ai Giochi a vent’anni dalla prima e finora unica partecipazione di Torino 2006, con l’obiettivo di dare battaglia e magari centrare l’impresa di accedere alla fase a eliminazione diretta, per cui servirebbero risultati positivi negli scontri diretti con Francia, Giappone e Germania.

Le partite si disputeranno in due impianti milanesi: la nuovissima Milano Santagiulia Ice Hockey Arena da 14.000 posti e la Milano Rho Ice Hockey Arena da 5.700 posti. Il torneo maschile si concluderà domenica 22 febbraio, ultima giornata dei Giochi, con la finale per l’oro in programma alle 14:10, mentre quello femminile assegnerà le medaglie giovedì 19 febbraio.

Per l’Italia sarà la decima partecipazione maschile e la seconda femminile ai Giochi Olimpici nell’hockey su ghiaccio, un ritorno atteso e carico di aspettative per un movimento che negli ultimi anni ha fatto grandi progressi grazie allo sviluppo di campionati nazionali sempre più competitivi e all’arrivo di tecnici e giocatori stranieri di alto livello.

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