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Il bob verso Milano-Cortina 2026: quando il ghiaccio diventa leggenda

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Mancano pochi mesi all’appuntamento più atteso dello sport invernale italiano e il Cortina Sliding Centre si prepara ad accogliere una delle discipline più spettacolari e adrenaliniche delle Olimpiadi: il bob. Sul budello intitolato a Eugenio Monti, leggenda assoluta di questo sport, gli azzurri sono pronti a scrivere nuove pagine di storia, inseguendo quel medagliere glorioso che ha reso l’Italia una potenza mondiale della guidoslitta.

La disciplina che sfida la gravità

Il bob è molto più di una semplice discesa sul ghiaccio. È una disciplina che fonde atletismo puro, precisione millimetrica e coraggio al limite della temerarietà. Gli atleti eseguono discese cronometrate lungo una pista ghiacciata, stretta e tortuosa, a bordo di un mezzo dotato di pattini sterzanti spinto all’avvio dagli atleti e successivamente dalla forza di gravità con ridottissimo attrito. La magia si compie in quei primi 50 metri di spinta, dove l’equipaggio deve raggiungere velocità superiori ai 40 chilometri orari in meno di sei secondi, prima di lanciarsi in un vortice di curve mozzafiato.

Un bob può raggiungere una velocità di 130 km/h e in alcune curve l’equipaggio è sottoposto ad accelerazioni laterali pari a cinque volte l’accelerazione di gravità. Immaginate di essere schiacciati contro la parete della slitta con una forza pari a cinque volte il vostro peso corporeo, mentre il ghiaccio sfreccia a velocità folle sotto i pattini d’acciaio. Solo chi possiede nervi d’acciaio e una preparazione fisica straordinaria può affrontare simili sollecitazioni.

Tecnologia e regolamento: l’evoluzione della guidoslitta

I bob moderni combinano leghe in metallo leggero, pattini in acciaio e carrozzerie aerodinamiche in materiali compositi. Queste slitte high-tech sono vere opere d’ingegneria: il telaio è formato da fibra di ferro e carbonio, snodato a metà della lunghezza per consentire un più agevole e sicuro controllo soprattutto in entrata e uscita dalle curve. La coppia anteriore di pattini è mobile e direzionabile attraverso maniglie tubolari, mentre quella posteriore rimane fissa. L’apparato frenante, costituito da un pettine a sette denti d’acciaio, viene utilizzato esclusivamente dopo il traguardo.

I bob da competizione devono avere una lunghezza massima di 3,80 metri per il bob a quattro e di 2,70 metri per il bob a due, con larghezza massima in entrambi i casi di 0,67 metri. Il peso totale, equipaggio compreso, non può superare i 630 chilogrammi per il bob a quattro e i 390 chilogrammi per il bob a due. Un aspetto cruciale: possono essere aggiunte zavorre per raggiungere i limiti regolamentari, perché maggiore è il peso, più veloce è il mezzo.

Le piste di bob sono lunghe 1,5 km, con 15 curve, cinque delle quali con raggio superiore a 25 metri. La competizione prevede una fase di avvio di 50 metri, seguita da un tracciato inclinato con pendenze dell’8-11% dove la slitta raggiunge la massima velocità. Le gare olimpiche si articolano su quattro batterie: ogni equipaggio completa una discesa per ogni batteria e il tempo totale più veloce, misurato al centesimo di secondo, determina il vincitore.

Le origini: da St. Moritz alle Alpi italiane

Lo sport fu inventato negli anni 1880 ad Albany (New York) e successivamente introdotto in Svizzera. Il primo club di bob al mondo fu fondato a St. Moritz nel 1897, dove la disciplina si trasformò rapidamente da semplice divertimento per turisti dell’alta società in vera competizione sportiva. Le prime gare venivano disputate su strade coperte di neve, a Davos nel 1883 e a St. Moritz nel 1884.

Le prime regole delle gare prevedevano che due componenti fossero donne, una norma che venne presto abolita per le difficoltà nel trovare atlete disposte ad affrontare piste pericolose e mezzi ancora rudimentali. I bob avevano tutti nomi piuttosto suggestivi e fantasiosi: Satan, Red Eagle, Bat, Sparrow, Virgin. L’abbigliamento era altrettanto pittoresco: cappelli di lana che coprivano quasi tutto il volto, pesanti maglioni, gambali di pelle e scarpe d’alta montagna per gli uomini, lunghi maglioni invernali e cappelli a tesa larga per le donne.

In Italia, nel 1903 lo studente Aldo Silvestri di Tai di Cadore osservò alcune “slitte strane con quattro pattini e un volante” ad Innsbruck e, ritornato a casa, propose al tenente Alfonso Becchis di costruire un veicolo simile. Cortina d’Ampezzo divenne rapidamente il cuore pulsante del bob italiano: sulla strada del Passo Falzarego, nel 1922, si tenne il primo Campionato italiano.

Il bob alle Olimpiadi: un secolo di storia

La Fédération Internationale de Bobsleigh et de Tobogganing venne fondata nel 1923 e lo sport fa parte del programma dei Giochi olimpici invernali dalla prima edizione del 1924. Il bob a quattro maschile faceva già parte del programma dei primi Giochi Olimpici Invernali di Chamonix 1924, mentre il bob a due maschile fu aggiunto a Lake Placid nel 1932. Le donne dovettero attendere molto di più: la prima gara di bob a due donne si tenne a Salt Lake City 2002, mentre il debutto del monobob avvenne ai Giochi di Beijing 2022.

A Oslo 1952 gli eventi di bob sostenevano il “peso” delle aspettative, e il peso divenne uno dei principali argomenti di conversazione, con gli slittini supermassicci che scendevano sulla pista olimpica. Quell’edizione portò all’introduzione dei limiti di peso per le edizioni successive, regolamentando definitivamente la competizione.

Un episodio rimane scolpito nella memoria collettiva: la partecipazione della squadra giamaicana ai Giochi di Calgary 1988. L’idea partì da due uomini d’affari statunitensi, George B. Fitch e William Maloney, che vivevano sull’isola caraibica e pensarono a questo nuovo capitolo dello sport locale guardando le gare di carretti a spinta. La Giamaica entrò nella storia come la prima nazione tropicale a partecipare alla competizione olimpica di bob a quattro. Sebbene non si classificassero, nella terza delle quattro prove persero il controllo a metà pista ma dopo essersi rialzati superarono il traguardo a piedi supportati dal tifo del pubblico. Quel momento viene considerato dal CIO come uno dei più emblematici dello spirito olimpico.

Eugenio Monti: il Rosso Volante e il bullone della lealtà

Se il bob italiano ha un’anima, quella porta il nome di Eugenio Monti, soprannominato da Gianni Brera “il Rosso Volante” per i capelli fulvi e per la grinta inesauribile. Nato a Dobbiaco nel 1928, Monti era una speranza dello sci italiano e sembrava destinato a raccogliere il testimone da Zeno Colò. Vinse titoli italiani in slalom e gigante, ma in una brutta caduta sulla Banchetta durante una seduta di allenamento al Sestriere, si frantumò entrambe le ginocchia e con esse le speranze di proseguire la carriera di sciatore.

Passato al bob, alla settima discesa effettuata aveva già eguagliato il record della pista di Ronco; nel 1954 era campione italiano di bob a due e bob a quattro. Ai Giochi Olimpici di Cortina 1956 vinse due medaglie d’argento, nel bob a due con Renzo Alverà e nel bob a quattro con Ulrico Girardi, Renato Mocellini e Renzo Alverà.

Ma l’episodio che lo consegnò alla leggenda eterna avvenne a Innsbruck 1964. All’equipaggio britannico, composto da Tony Nash e Robert Dixon, si era guastato un bullone e l’atleta trentino decise di prestarne uno che era in dotazione alla truppa italiana. A fine gara furono proprio gli inglesi ad aggiudicarsi l’oro, mentre il bob italiano concluse al terzo posto.

L’italiano non si pentì mai di quel gesto, consegnando alla memoria sportiva una frase bellissima: “Nash non ha vinto perché gli ho dato il bullone. Ha vinto perché è andato più veloce”. Quel gesto di pura sportività fece di Monti il primo atleta della storia a ricevere la medaglia Pierre de Coubertin, il riconoscimento più nobile che un atleta possa ottenere, dedicato ai gesti di altissima lealtà sportiva.

La storia ebbe il suo lieto fine: a Grenoble 1968 Monti riuscì a vincere la medaglia d’oro sia nel bob a due con Luciano De Paolis sia nel bob a quattro, con lo stesso De Paolis, Mario Armano e Roberto Zandonella. Aveva quarant’anni compiuti, un’età veneranda per uno sport così estremo. Con le sue sei medaglie olimpiche (due ori, due argenti e due bronzi), Eugenio Monti rimane uno degli atleti italiani più decorati nella storia dei Giochi Invernali.

Il medagliere azzurro: una tradizione d’oro

L’Italia ha vinto un totale di 12 medaglie olimpiche nel bob, un bottino che testimonia la grande tradizione azzurra in questa disciplina. Nel medagliere complessivo l’Italia si colloca in posizione di rilievo, dietro a Germania con 30 medaglie (14 ori, 9 argenti e 7 bronzi), Svizzera con 31 (9 ori, 11 argenti e 11 bronzi) e Stati Uniti a 28 (8 ori, 9 argenti e 11 bronzi).

A Cortina 1956 l’Italia conquistò due argenti: Lamberto Dalla Costa e Giacomo Conti nel bob a due, ed Eugenio Monti con Ulrico Girardi, Renzo Alverà e Renato Mocellini nel bob a quattro. A Innsbruck 1964 arrivarono tre medaglie: argento e bronzo nel bob a due con Sergio Zardini-Romano Bonagura ed Eugenio Monti-Sergio Siorpaes, più un bronzo nel bob a quattro.

L’apoteosi arrivò a Grenoble 1968 con due ori: Eugenio Monti e Luciano De Paolis nel bob a due (arrivando davanti alla coppia della Germania Ovest nonostante lo stesso tempo), e la stessa coppia con Roberto Zandonella e Mario Armano nel bob a quattro. Dopo anni di digiuno, a Lillehammer 1994 arrivò il bronzo per la coppia Günther Huber e Stefano Ticci, seguiti dall’oro (a pari merito) di Huber con Antonio Tartaglia a Nagano 1998, che chiusero con lo stesso tempo dei canadesi Pierre Lueders e David MacEachern.

L’atleta di Bolzano Gerda Weissensteiner è stata la prima ed unica atleta italiana capace di vincere medaglie Olimpiche in due discipline diverse: un oro nello slittino a Lillehammer 1994 e un bronzo nel bob a Torino 2006. Con sei partecipazioni olimpiche, Weissensteiner detiene il primato italiano di presenze ai Giochi Invernali insieme a Wilfried Huber e Armin Zöggeler.

Gli azzurri verso Milano-Cortina 2026

La nazionale italiana si prepara all’appuntamento casalingo con determinazione e ambizione. Il direttore tecnico Maurizio Oioli ha convocato venti atleti per gli stage di allenamento sulla pista olimpica di Cortina. Tra i convocati figurano Patrick Baumgartner, Robert Mircea, Mattia Variola, Delmas Obou, Alex Verginer, Lorenzo Bilotti, Eric Fantazzini, Riccardo Ragazzi, Fabio Batti, Alex Pagnini, Mario Lambrughi, Alexi Atchori Essoh e Massimiliano Di Stasio al maschile. Al femminile sono impegnate Giada Andreutti, Tania Vicenzino, Martina Favaretto, Noemi Cavalleri, Simona De Silvestro, Anna Costella e Giulia Chenet.

Gli azzurri stanno affinando ogni dettaglio sulla pista “Eugenio Monti”, studiando le quindici curve del tracciato ampezzano con la meticolosità di chirurghi. L’impianto di Cortina ospiterà il 21 novembre la tappa di apertura della stagione di Coppa del Mondo, con le due prove individuali e la prova mista a squadre. Sarà un test fondamentale in vista dei Giochi, l’occasione per capire il livello di competitività della squadra italiana sul budello di casa.

Il Coni ha dichiarato che la squadra italiana sarà la più grande di sempre a livello numerico, con una quota del 7,4% rispetto al totale dei partecipanti, e punta a conquistare almeno 19 medaglie complessive. Il bob avrà un ruolo cruciale in questa missione: tornare sul podio olimpico significherebbe ricongiungersi con una tradizione gloriosa che affonda le radici in quasi un secolo di storia.

Gli ingredienti ci sono tutti: una pista tecnicamente impegnativa e affascinante, atleti preparati e motivati, il calore del pubblico italiano. A Cortina, dove tutto è cominciato nel 1956 con gli argenti di Monti, gli azzurri sognano di riscrivere la storia. Perché il bob, più di ogni altro sport, insegna che sul ghiaccio si diventa leggenda un centesimo di secondo alla volta.

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