Il ghiaccio vibra sotto le lame affilate, il silenzio dello stadio viene squarciato dal sibilo di corpi aerodinamici che tagliano l’aria gelida. Sul ghiaccio dell’ovale olimpico, il pattinaggio di velocità rappresenta da un secolo una delle discipline più spettacolari e antiche dei Giochi invernali, dove ogni centesimo di secondo può fare la differenza tra l’oro e l’oblio.
La storia di questo sport affonda le radici nei Paesi Bassi del XIII secolo, quando gli olandesi utilizzavano i pattini da ghiaccio come mezzo pratico di trasporto per spostarsi tra i villaggi attraverso canali e fiumi ghiacciati durante gli inverni rigidi. Ciò che nacque come necessità si trasformò in passione sportiva: nel 1893 venne fondata la Federazione Internazionale di Pattinaggio (ISU) che organizzò ad Amsterdam i primi Campionati mondiali maschili, vinti dall’olandese Jaap Eden.
Il debutto olimpico avvenne ai Giochi inaugurali di Chamonix nel 1924 con gare maschili su quattro distanze. Le donne dovettero attendere: dopo un’apparizione dimostrativa a Lake Placid nel 1932, ottennero lo status olimpico ufficiale solamente a Squaw Valley nel 1960. Un episodio curioso riguarda proprio l’edizione del 1932, quando Lake Placid introdusse un formato di partenza in linea in stile americano che portò al boicottaggio da parte di molti concorrenti europei, contribuendo alla nascita dello short track.
Le regole del gioco: quando il cronometro è l’unico avversario
Sul ghiaccio di Milano Cortina 2026, che ospiterà le competizioni presso il Milano Ice Park alla Fiera di Rho, gli atleti si sfideranno su una pista ovale di 400 metri, identica per dimensioni a una pista di atletica. Le gare si svolgono a coppie, con gli atleti che partono in corsie separate e si scambiano di corsia a ogni giro per compensare la differenza tra la corsia interna e quella esterna. Ma attenzione: la vera sfida non è contro l’avversario nella corsia accanto, bensì contro il cronometro impietoso.
Le distanze variano dai 500 ai 5000 metri per le donne e fino ai 10.000 metri per gli uomini, con quattordici eventi complessivi equamente suddivisi tra i due generi. Ogni distanza richiede strategie radicalmente diverse: esplosività pura nei 500 metri, dove si raggiungono velocità superiori ai 50 chilometri orari, e gestione millimetrica della resistenza nei 10.000 metri, venticinque giri di concentrazione assoluta.
L’innovazione tecnologica ha rivoluzionato questo sport. Nel 1996 venne introdotto il clapskate, un pattino dotato di cerniera sul tallone che permette alla lama di mantenere il contatto con il ghiaccio più a lungo, massimizzando potenza ed efficienza. Questa innovazione ha abbassato i tempi di gara di secondi preziosi, ridisegnando i confini del possibile.
Due specialità aggiungono imprevedibilità al programma olimpico. La mass start, introdotta per la prima volta a PyeongChang nel 2018, prevede sedici atleti che competono contemporaneamente su sedici giri, con sprint intermedi al quarto, ottavo e dodicesimo giro che assegnano punti. È caos organizzato, strategia pura, dove il posizionamento conta quanto la velocità. L’inseguimento a squadre, invece, vede due squadre di tre pattinatori partire da lati opposti della pista, sfidandosi in batterie eliminatorie fino alla finale.
Il segreto della velocità: fisica e biomeccanica sul ghiaccio
Perché i pattini sono così veloci? Sulle lunghe distanze permettono di mantenere una velocità doppia rispetto alla corsa, 40-45 chilometri orari contro 20, con un risparmio energetico del 15 percento. Il segreto risiede nella biomeccanica: nella corsa l’80 percento dell’energia serve a riassumere la posizione di spinta senza contribuire alla progressione, mentre nel pattinaggio l’80 percento della potenza muscolare viene utilizzata direttamente per avanzare.
Gli atleti indossano tute aerodinamiche aderenti come una seconda pelle, progettate per non disperdere nemmeno un grammo di energia. Le lame lunghe 40-45 centimetri fendono il ghiaccio con precisione millimetrica, lasciando appena un’incisione sulla superficie gelata. Il record mondiale sui 500 metri maschili è stato raggiunto con una media superiore ai 52 chilometri orari: numeri che lasciano senza fiato.
Momenti indimenticabili nella storia olimpica della velocità
La storia olimpica del pattinaggio di velocità è costellata di imprese leggendarie. A Lake Placid nel 1980, lo statunitense Eric Heiden realizzò un’impresa straordinaria vincendo tutte e cinque le prove maschili in programma, conquistando il quinto oro nei 10.000 metri con il record olimpico di 14:28.13. A soli ventun anni, Heiden divenne l’unico atleta capace di vincere cinque ori individuali in un’unica edizione dei Giochi invernali.
Nella prima metà del Novecento dominarono norvegesi, finlandesi e statunitensi, mentre nella seconda metà del secolo si imposero sovietici, tedeschi e svedesi. Dal 1972 a Sapporo tornò in primo piano la scuola olandese, che ancora oggi rappresenta la potenza dominante della disciplina. I Paesi Bassi detengono infatti il primato assoluto nel medagliere con 133 medaglie complessive.
L’Italia sul tetto del mondo: le medaglie azzurre
Per l’Italia, il pattinaggio di velocità rappresentava fino al 2006 un territorio inesplorato nel medagliere olimpico. Tutto cambiò ai Giochi di Torino, quando Enrico Fabris divenne il primo azzurro a vincere medaglie olimpiche nella disciplina, conquistando due ori nei 1500 metri e nell’inseguimento a squadre, oltre a un bronzo nei 5000 metri. Nell’inseguimento, Fabris condivise la vittoria con i compagni di squadra Matteo Anesi e Ippolito Sanfratello, regalando all’Italia un momento indimenticabile davanti al pubblico di casa.
Il vicentino Enrico Fabris, nativo di Asiago, è considerato il più grande pattinatore italiano di tutti i tempi. Ma la storia azzurra non si è fermata a Torino. A Pechino 2022, Francesca Lollobrigida divenne la prima atleta della squadra femminile italiana a ottenere due medaglie olimpiche nella disciplina, conquistando un argento nei 3000 metri e un bronzo nella mass start. Un risultato storico che la consacrò come pioniera del movimento femminile italiano.
La Lollobrigida, classe 1991, ha dovuto affrontare sfide che vanno oltre la pista. Dopo essere diventata madre di Tommaso nel 2023, è tornata sui pattini dopo soli quattro mesi dalla nascita, dimostrando una forza straordinaria. La sua capacità di conciliare maternità e carriera agonistica ai massimi livelli rappresenta un esempio potente per tutte le atlete.
I protagonisti azzurri verso Milano Cortina 2026
La squadra italiana che si presenterà ai Giochi di casa è guidata da due atleti di livello mondiale. Davide Ghiotto, trentunenne vicentino delle Fiamme Gialle, è attualmente il dominatore assoluto delle lunghe distanze. Il 26 gennaio 2025 a Calgary ha stabilito il nuovo record mondiale nei 10.000 metri con il tempo straordinario di 12:25.692, abbassando di cinque secondi il primato dello svedese Niels Van Der Poel che risaliva ai Giochi di Pechino 2022.
Nel marzo 2023 Ghiotto aveva già conquistato il primo titolo mondiale per l’Italia sulle singole distanze, vincendo l’oro nei 10.000 metri ai Mondiali di Heerenveen con il record italiano di 12:41.35. Da allora è imbattibile sulla distanza più lunga, con una serie di vittorie consecutive che dura da gennaio 2023. Filosofo appassionato di Schopenhauer e Nietzsche, Ghiotto rappresenta l’atleta completo: potenza fisica unita a profondità intellettuale.
Al suo fianco gareggerà Francesca Lollobrigida, reduce da un’annata di Coppa del Mondo con sei podi stagionali. A gennaio 2025 ha stabilito il record nazionale dei 5000 metri a Calgary, confermandosi in forma smagliante a un anno dai Giochi casalinghi. La romana rappresenta la punta di diamante del movimento femminile azzurro e l’emozione di gareggiare in Italia potrebbe spingerla verso nuove imprese.
Altri atleti azzurri da tenere d’occhio sono Andrea Giovannini, che ai Mondiali di Heerenveen 2023 ha conquistato il bronzo nella mass start, e Michele Malfatti, specialista delle lunghe distanze. Arianna Fontana, leggenda dello short track con undici medaglie olimpiche, ha dichiarato l’intenzione di cimentarsi anche nel pattinaggio di velocità su pista lunga a Milano Cortina 2026, un esperimento audace che potrebbe regalare ulteriori emozioni al pubblico italiano.
L’appuntamento con la storia
Dal 7 al 21 febbraio 2026, il Milano Ice Park sarà teatro di sfide mozzafiato. La pista di 400 metri ospiterà atleti provenienti da tutto il mondo, con i Paesi Bassi che si presenteranno come favoriti grazie alla loro tradizione centenaria. Gli Stati Uniti schierano il fenomeno ventenne Jordan Stolz, dominatore delle ultime stagioni, mentre il Giappone punta su Shinhama Tatsuya, capace di battere l’imbattibile americano.
Ma gli occhi di tutti gli italiani saranno puntati su Ghiotto e Lollobrigida. Il vicentino ha lanciato un messaggio chiaro con il suo record mondiale: dopo la gara ha dichiarato che si tratta di “un sogno che diventa realtà”, ma che da domani si guarda avanti per migliorare ancora in vista del 2026. L’oro casalingo rappresenterebbe il coronamento di una carriera straordinaria.
Il pattinaggio di velocità incarna l’essenza dello sport olimpico: la ricerca ossessiva della perfezione, la sfida contro i propri limiti, l’equilibrio tra potenza fisica e controllo mentale. Sul ghiaccio di Milano, tra lame che fendono la superficie gelata e tute aerodinamiche che sfidano le leggi della fisica, si scriveranno nuove pagine di storia. E l’Italia, per la prima volta nella sua storia olimpica, si presenta come seria candidata alle medaglie in questa disciplina affascinante, dove ogni frazione di secondo può separare l’estasi dalla delusione.
Direttore editoriale di nonewsmagazine.com | Il magazine dell’ozio e della serendipità.
Direttore responsabile di No News | La free press dell’ozio milanese.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare agli amori sofferti tra le campagne inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo, c’è chi lo chiama “il fondamentalista del Loggione”. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita, tuttavia, rimane la Tosca.

