C’è qualcosa di ancestrale, quasi magico, nel vedere un essere umano lanciarsi nel vuoto da un trampolino alto decine di metri, con due lunghi sci ai piedi. Il salto con gli sci è una delle discipline più spettacolari dei Giochi Olimpici Invernali. Quei pochi secondi sospesi nell’aria, tra cielo e terra, racchiudono anni di allenamento, coraggio e una tecnica raffinata che trasforma la caduta in planata, la paura in estasi.
Il salto con gli sci nacque in Norvegia, come molti altri sport invernali. I primi salti avvennero attorno alla metà dell’Ottocento a Morgedal, un piccolo villaggio della regione del Telemark noto come la culla dello sci. Da quei primi balzi pionieristici su pendii innevati, lo sport ha compiuto un’evoluzione straordinaria. La prima gara si svolse a Trysil, nel sud della Norvegia, nel 1862. La prima competizione di un certo richiamo si tenne nel 1879 a Husebybakken, nei pressi di Oslo. Da allora, il richiamo dei trampolini non ha mai smesso di affascinare atleti e spettatori di tutto il mondo.
Oggi, a pochi mesi dalle Olimpiadi invernali di Milano Cortina 2026, in Italia la patria del salto con gli sci è Predazzo, in Val di Fiemme, dove si trova lo stadio del salto, costruito dal 1989 al 1991, un impianto permanente considerato tra i migliori al mondo. Proprio qui, sulle montagne trentine, si scriverà una nuova pagina di questa disciplina che unisce atletismo, precisione millimetrica e un pizzico di quella follia necessaria a chi decide di librarsi nell’aria.
La tecnica del salto: millimetri che fanno la differenza
Coordinazione nei movimenti, leggerezza, equilibrio e forza fisica sono le doti principali che un atleta di salto con gli sci deve avere. Ma cosa accade davvero su quel trampolino? Ogni salto si compone di quattro fasi distinte, ciascuna cruciale per il risultato finale.
La fase di slancio è il momento della preparazione. Il saltatore parte da fermo, seduto sulla barra che sovrasta la rampa di lancio. I binari paralleli su cui scorrono gli sci garantiscono la rettilineità del moto. Il saltatore si mette in posizione accosciata, protendendo il torso in avanti e allungando le braccia sui fianchi, in modo da raggiungere la massima velocità possibile prima del decollo. In pochi secondi, l’atleta può toccare i 90 chilometri orari.
Arriva poi lo stacco, il momento della verità. La rampa non prevede alcuno scalino: il saltatore deve calcolare con precisione assoluta il momento giusto per distendere il corpo e darsi la spinta verso l’alto. Un decimo di secondo di ritardo o di anticipo può compromettere tutto il salto.
La fase di volo è quella che toglie il fiato. Durante la planata, l’atleta unisce le code degli sci in modo da formare una V e inclina il corpo in avanti a circa 45 gradi; le braccia sono portate indietro, lungo i fianchi, con il palmo delle mani rivolto verso l’alto, a fungere da flap. Negli anni Ottanta si passò dalla tecnica di volo a sci paralleli a quella con gli sci a V e il primo a testare l’innovativo metodo fu il saltatore svedese Jan Boklöv che dimostrò come si potesse guadagnare quasi il 30% di distanza e velocità rispetto a prima.
Infine, l’atterraggio. L’atterraggio deve avvenire in telemark, posizione che deve essere mantenuta per almeno 15 metri. Il telemark è quella postura caratteristica con una gamba avanti e l’altra indietro, le braccia aperte per bilanciare il corpo: un’immagine iconica che celebra la riuscita del salto.
Le regole del gioco: distanza e stile fanno il campione
Nel salto con gli sci non conta soltanto quanto lontano si atterra, ma anche come lo si fa. Ai fini della classifica definitiva conta non solo la lunghezza del salto effettuato, ma anche lo stile dell’esecuzione, ovvero stabilità degli sci durante il salto, bilanciamento, posizione del corpo e atterraggio.
I trampolini si distinguono per dimensioni. Il punto K, punto da dove può iniziare l’atterraggio degli atleti, del trampolino normale può variare tra un minimo di 85 metri e un massimo di 110 metri, mentre il punto K del trampolino grande varia tra un minimo di 100 metri e un massimo di 180 metri. Lo sciatore guadagna 60 punti se atterra in corrispondenza del punto K, che vengono incrementati o decrementati se il contatto col suolo avviene più avanti o più indietro, nello specifico di 2 punti per il trampolino normale e 1,8 per quello grande.
Ma c’è un altro elemento che rende questa disciplina ancora più complessa: l’attrezzatura. La lunghezza massima degli sci nel salto con gli sci è pari al 145% dell’altezza dell’atleta, sulla base di un indice di massa corporea minimo di 21 sia per gli uomini che per le donne. Persino le tute sono regolamentate con precisione maniacale: lo spessore della tuta non può superare i 6 millimetri, né essere inferiore a 4 millimetri, e le misure della tuta devono essere conformi alla misura del corpo in posizione eretta con una tolleranza di almeno 2 centimetri in più e di un massimo di 4 centimetri. Ogni centimetro può fare la differenza tra vittoria e sconfitta.
Storie olimpiche: quando la gloria incontra la tenacia
La storia olimpica del salto con gli sci è costellata di imprese memorabili e personaggi indimenticabili. Il salto con gli sci ha debuttato nel programma olimpico di Chamonix 1924 con il trampolino lungo maschile. Da allora, generazioni di atleti hanno scritto pagine leggendarie.
Il finlandese Matti Nykänen è il saltatore più medagliato di sempre alle Olimpiadi, con cinque medaglie, di cui quattro d’oro e un argento. Il suo dominio a Calgary 1988 fu assoluto: vinse entrambe le prove individuali e trascinò la Finlandia al trionfo nella gara a squadre. Lo svizzero Simon Ammann vinse entrambe le prove del salto con gli sci a Vancouver 2010, come aveva fatto otto anni prima a Salt Lake City, diventando uno dei pochi atleti capaci di ripetere l’impresa olimpica a distanza di anni.
Ma forse la storia più commovente è quella di Eddie “The Eagle” Edwards. Eddie Edwards divenne il primo concorrente a rappresentare la Gran Bretagna nel salto con gli sci alle Olimpiadi a Calgary 1988. All’epoca era il più forte saltatore con gli sci britannico, che però non era un gran primato: praticamente nessuno nel Regno Unito praticava la disciplina. Edwards la scelse per questo: avrebbe fatto di tutto pur di diventare un atleta olimpico.
Non aveva nemmeno l’attrezzatura necessaria, così si allenò con scarponi di seconda mano dentro cui gli ballavano i piedi e cercava di rimediare portando sei paia di calze. Intanto, per campare, faceva mille mestieri, inventandosi giardiniere, cuoco, babysitter, lavapavimenti. Arrivò ultimo in entrambe le gare a cui partecipò, e in tutte e due il penultimo classificato fece il doppio dei suoi punti. Ma conquistò il pubblico. Alla cerimonia di chiusura, Franz King, Presidente del Comitato Organizzatore, rese omaggio a Edwards dichiarando: “In queste Olimpiadi alcuni hanno vinto medaglie, altri hanno infranto dei record e qualcuno di voi ha anche volato come un’aquila”.
Dopo Calgary, il Comitato Olimpico Internazionale istituì quella che divenne nota come la “regola di Eddie The Eagle”, che richiede per la partecipazione olimpica di competere preventivamente in eventi internazionali e di essere collocato nel 30% degli atleti migliori, oppure entro i primi 50 concorrenti. La storia di Eddie dimostra che le Olimpiadi non sono solo vittorie e medaglie, ma anche sogni realizzati contro ogni pronostico.
Il medagliere azzurro: una lunga attesa
Per l’Italia, il salto con gli sci resta un territorio inesplorato in termini di podi olimpici. L’Italia non ha mai vinto una medaglia olimpica nel salto con gli sci. Gli atleti azzurri hanno partecipato alle Olimpiadi fin dalle prime edizioni, ma senza mai raggiungere il podio.
Tra i piazzamenti più significativi, vale la pena ricordare l’undicesimo posto nella gara a squadre a Torino 2006, quando Roberto Cecon, Ivan Lunardi e Ivo Pertile si avvicinarono alla top ten. Negli ultimi decenni, nomi come Sebastian Colloredo, Andrea Morassi, Alex Insam e Davide Bresadola hanno rappresentato l’Italia con onore, sfiorando talvolta i primi trenta nelle gare individuali.
Eppure, il movimento azzurro non si è mai arreso. La costruzione dello Stadio del Salto di Predazzo ha dato un impulso fondamentale alla disciplina nel nostro Paese, creando una base tecnica e logistica per allenare le nuove generazioni. Ora, con le Olimpiadi in casa, la speranza è che gli azzurri possano finalmente regalare all’Italia quella prima medaglia tanto attesa.
Gli azzurri di Milano Cortina 2026: la nuova generazione
Sono sei le medaglie olimpiche che verranno assegnate nel salto con gli sci a Milano Cortina 2026, divise equamente fra uomini e donne. Ci sarà l’esordio a cinque cerchi della super team maschile e della gara femminile dal trampolino grande. Per la prima volta nella storia, gareggerà un numero uguale di donne e uomini.
La squadra italiana arriva all’appuntamento olimpico con rinnovate ambizioni. Tra gli uomini, Alex Insam è la punta di diamante. Alex Insam ha chiuso la stagione 2023-2024 al 27° posto nella classifica generale, risultato storico per il movimento azzurro considerando che era dal 2001-02 che un italiano non entrava nella top 30. Il gardenese delle Fiamme Oro rappresenta la continuità e l’esperienza, oltre a essere uno degli atleti più costanti del gruppo. Insieme a lui, Giovanni Bresadola, Francesco Cecon e Andrea Campregher formano il nucleo della squadra maschile.
Nel settore femminile, la grande speranza azzurra si chiama Annika Sieff. L’ex combinatista nordica che ha eseguito il primo salto in assoluto sul rinnovato trampolino di Predazzo, Annika ha vissuto una prima stagione da saltatrice molto positiva. Nel suo primo anno da saltatrice con gli sci, l’azzurra ha terminato al 22° posto generale. La fiemmese rappresenta il futuro del movimento azzurro femminile.
Accanto a lei, Lara Malsiner e Jessica Malsiner completano il trio di punta. Lara, in particolare, ha scritto una pagina di storia recente vincendo nel 2024 il Grand Prix Overall estivo, prima italiana di sempre a riuscirci. L’ultimo podio azzurro in Coppa del Mondo risale al 2020, quando Lara Malsiner arrivò terza sul trampolino normale di Hinzenbach, in Austria.
Il gruppo azzurro è completato da atleti come Martina Ambrosi, Noelia Vuerich e Martina Zanitzer, giovani che stanno crescendo e potrebbero sorprendere. L’Italia si presenta a Milano Cortina 2026 senza la pressione del favorito, ma con la consapevolezza di avere atleti capaci di competere ad alti livelli. Gareggiare in casa, su quei trampolini di Predazzo che conoscono a menadito, potrebbe essere il valore aggiunto per scrivere una pagina storica.
Predazzo 2026: il teatro del sogno azzurro
Teatro di gara saranno i rinnovati trampolini dello stadio del salto “Giuseppe Dal Ben” di Predazzo. L’impianto trentino è stato completamente ristrutturato per l’occasione olimpica, con investimenti importanti che lo hanno reso uno dei più moderni e funzionali d’Europa. Le due rampe, l’HS143 e l’HS109, sono state inaugurate nel luglio 2025 da Annika Sieff e Iacopo Bortolas.
Il programma delle gare inizierà sabato 7 febbraio con la gara femminile dal trampolino normale, seguita lunedì 9 febbraio dalla prova maschile. Il 10 febbraio sarà la volta del mixed team, la gara a squadre miste che vedrà gareggiare insieme uomini e donne. Il weekend del 14-16 febbraio chiuderà il programma con le gare dal trampolino grande, sia maschile che femminile, e con il super team maschile che sostituisce la tradizionale gara a squadre.
Il pubblico in visibilio per le incredibili geste degli atleti di ogni nazionalità racchiude al meglio cosa significhi vivere appieno lo spirito delle Olimpiadi. A Predazzo, sulle montagne trentine che hanno già ospitato Mondiali e Coppe del Mondo, si respirerà un’atmosfera unica. Gli spalti dello stadio del salto si riempiranno di tifosi italiani e internazionali, pronti a vivere quei secondi magici in cui un essere umano sfida la gravità e si libra nell’aria, inseguendo un sogno.
Per gli azzurri sarà l’occasione di una vita: gareggiare davanti al proprio pubblico, su trampolini amici, con il tricolore sulle spalle e l’inno nazionale che risuona tra le valli. Che arrivi o meno la prima medaglia olimpica della storia, Milano Cortina 2026 rappresenta per il salto con gli sci italiano un momento di svolta, la conferma di un movimento che sta crescendo e che guarda al futuro con rinnovata fiducia.
Quando i riflettori si accenderanno su Predazzo, quando i saltatori si lanceranno nel vuoto sotto gli occhi del mondo, l’Italia intera tratterrà il fiato. Perché in quei pochi secondi di volo si concentrano anni di sacrifici, la passione di intere generazioni e la bellezza pura di uno sport che continua a far sognare. E se è vero che volare è l’ultimo desiderio dell’uomo, allora questi atleti lo realizzano ogni volta che si staccano dalla rampa, regalandoci l’illusione che anche noi, per un istante, possiamo toccare il cielo.
Direttore editoriale di nonewsmagazine.com | Il magazine dell’ozio e della serendipità.
Direttore responsabile di No News | La free press dell’ozio milanese.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare agli amori sofferti tra le campagne inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo, c’è chi lo chiama “il fondamentalista del Loggione”. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita, tuttavia, rimane la Tosca.

