Esiste ancora, nel cuore pulsante dei Navigli milanesi, un modo di vivere la gastronomia che non guarda solo al piatto, ma all’incontro. ITER, il locale nato nel 2017 dalla visione di Flavio Angiolillo e Nico Scarnera, ha sempre rappresentato qualcosa di più di un semplice cocktail bar con cucina. È un progetto che ha fatto del viaggio gastronomico la sua cifra identitaria, esplorando ogni sei mesi una destinazione diversa attraverso drink e ricette, dall’Italia a Panama, dall’Estonia alle tradizioni regionali del Belpaese.
Ora, con la rassegna “I TRE DA ITER”, il locale di via Mario Fusetti cambia ancora pelle, abbracciando un format che celebra la contaminazione tra discipline, ponendo sullo stesso piano tre universi che troppo spesso vengono vissuti separatamente: quello dello chef, del vignaiolo e del bartender.
Il nuovo appuntamento che unisce tre mondi
Il secondo capitolo di questa avventura andrà in scena mercoledì 22 ottobre, a partire dalle 18.30 e fino a chiusura. Non si tratta di una cena con menu fisso o di un aperitivo convenzionale. Qui l’ospite è libero di comporre la propria esperienza scegliendo tra tre proposte per ciascuno dei tre protagonisti della serata, mescolando assaggi, calici e miscelati secondo il proprio desiderio. Un approccio che ricorda le osterie di una volta, dove si entrava senza copione e ci si lasciava guidare dall’istinto.
Ad animare la serata saranno Alfio (al secolo Alfredo Chirizzi), chef itinerante romano che ha fatto della convivialità la sua missione. Dopo quindici anni nel mondo della moda, Chirizzi ha deciso di trasformare il proprio appartamento milanese in un home restaurant, dove ogni domenica riunisce dieci persone attorno a un tavolo per ricreare l’atmosfera dei pranzi di famiglia. Le sue creazioni parlano di comfort food, di sughi in cui fare la scarpetta, di quella cucina che sa di casa e di ricordi. Non a caso, il suo progetto Sunday Service gli è valso il riconoscimento come vincitore del premio Home Restaurant Elle Gourmet Awards 2025.
Accanto a lui, Josef porterà sulle tavole di ITER i vini di Luca Francesconi, giovane vignaiolo che senza alcun legame familiare con l’agricoltura ha scelto di dedicarsi al recupero di varietà autoctone quasi dimenticate. Dalle colline moreniche mantovane che guardano il Lago di Garda, Francesconi lavora a mano vecchi appezzamenti di Negrara Trentina, Schiava, Rossetta, Rondinella, praticando una viticoltura biodinamica che asseconda le stagioni e rispetta i ritmi naturali. I suoi vini sono un inno al territorio, prodotti con lieviti indigeni e senza filtrazione, testimonianze vive di un passato che rischia l’estinzione.
A chiudere il trittico, Volare, il cocktail bar bolognese ispirato agli anni Sessanta che ha riportato in auge l’aperitivo italiano autentico. Christian Torcasio, bar manager del locale, propone miscelati costruiti su tre-cinque ingredienti, con abbinamenti che recuperano liquori dimenticati come il Biancosarti e il rosolio. In una sala che sembra ferma al boom economico, con jukebox originali e arredi d’epoca, Volare celebra la tradizione dell’aperitivo senza fronzoli: olive, arachidi salate, mortadella tagliata al coltello. Un contraltare perfetto alla ricerca sofisticata che caratterizza molti bar contemporanei.
La filosofia dietro l’incontro
Quello che rende interessante questa formula non è solo la qualità dei singoli protagonisti, ma la filosofia che li unisce. Alfio, Josef e Volare rappresentano tre approcci diversi alla ristorazione, eppure condividono un terreno comune: il rifiuto della standardizzazione, la ricerca dell’autenticità, il rispetto per le materie prime e per le tradizioni che rischiano di scomparire sotto il peso delle mode gastronomiche.
ITER diventa così il palcoscenico ideale per questo dialogo. Il locale, che fin dalla sua nascita ha fatto della fusione culturale il proprio manifesto, si conferma come uno spazio fluido, capace di ospitare visioni diverse senza imporre gerarchie. Qui non esiste la distinzione tra alta e bassa cucina, tra cocktail d’autore e vino naturale, tra esperienza stellata e trattoria di quartiere. Esiste solo l’incontro, la condivisione, la scoperta.
La libertà di scelta offerta agli ospiti è un elemento centrale di questa formula. Nessun percorso obbligato, nessun menu degustazione che impone tempi e modalità. Si può iniziare con un cocktail di Volare, proseguire con un piatto di Alfio e accompagnarlo con un vino di Josef, oppure dedicarsi esclusivamente ai miscelati o agli assaggi culinari. È un modo di vivere la ristorazione che responsabilizza il commensale, rendendolo parte attiva dell’esperienza.
Milano e la nuova scena gastronomica dei Navigli
I Navigli, da sempre crocevia di culture e punto di ritrovo della movida milanese, stanno vivendo una fase di rinnovamento. Accanto ai locali storici e alle osterie tradizionali, stanno emergendo spazi che propongono un’idea di gastronomia più fluida, meno ingessata, più aperta alla sperimentazione. ITER si inserisce perfettamente in questo panorama, proponendosi come un laboratorio di idee dove la cucina diventa pretesto per costruire relazioni.
La scelta di ospitare realtà indipendenti, spesso poco conosciute al grande pubblico ma apprezzate dagli addetti ai lavori, è un altro segno di questa volontà di andare oltre le logiche commerciali. Alfio non ha un ristorante tradizionale, Josef produce vini difficili da trovare nei canali distributivi convenzionali, Volare è un piccolo gioiello nascosto nel tessuto urbano bolognese. Portarli insieme a Milano significa offrire agli ospiti l’opportunità di scoprire realtà che altrimenti rimarrebbero ai margini del circuito gastronomico ufficiale.
La formula de “I TRE DA ITER” si inserisce in un momento particolare per la ristorazione italiana, che dopo anni di inseguimento delle stelle e delle guide sta riscoprendo il valore dell’autenticità e della semplicità. Non si tratta di un ritorno al passato, ma di una rilettura consapevole delle tradizioni alla luce delle sensibilità contemporanee. È un approccio che privilegia il prodotto, il territorio, il racconto, rispetto alla spettacolarizzazione fine a se stessa.
Un format che guarda al futuro
Quello del 22 ottobre sarà solo il secondo appuntamento di una rassegna destinata a proseguire, con combinazioni sempre diverse di chef, vignaioli e bartender. L’idea è quella di creare una piattaforma di incontro tra mondi che spesso dialogano poco tra loro, favorendo contaminazioni e scoperte reciproche. Ogni serata diventa così un’occasione per raccontare storie diverse, per far emergere talenti nascosti, per rimettere al centro il piacere della tavola come momento di condivisione.
In un’epoca dominata dai social media e dalle recensioni online, dove tutto sembra dover rispondere a logiche di marketing e di visibilità, iniziative come questa rappresentano un antidoto salutare. Non ci sono hashtag obbligatori, non c’è l’ossessione della foto perfetta, non esiste il tentativo di creare un’esperienza “instagrammabile”. Esiste solo l’invito a sedersi, assaggiare, dialogare, lasciarsi sorprendere.
ITER conferma così la sua vocazione di spazio di frontiera, luogo dove le certezze gastronomiche vengono messe in discussione e dove ogni serata può riservare una scoperta inattesa. È un approccio che richiede curiosità da parte degli ospiti, disponibilità a uscire dalla propria comfort zone, voglia di sperimentare. Ma è proprio questa apertura mentale che rende l’esperienza memorabile.
Direttore editoriale di nonewsmagazine.com | Il magazine dell’ozio e della serendipità.
Direttore responsabile di No News | La free press dell’ozio milanese.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare agli amori sofferti tra le campagne inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo, c’è chi lo chiama “il fondamentalista del Loggione”. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita, tuttavia, rimane la Tosca.