Aubrey Drake Graham, nato a Toronto il 24 ottobre 1986, ha tracciato una parabola artistica che attraversa mondi apparentemente distanti. Prima di diventare l’uomo di maggior successo commerciale del XXI secolo negli Stati Uniti secondo Billboard, Drake muoveva i primi passi nel mondo dello spettacolo vestendo i panni di Jimmy Brooks nella serie televisiva canadese “Degrassi: The Next Generation”. Era il 2001, aveva appena quindici anni, e nessuno immaginava che quel ragazzo timido con la passione per il basket sarebbe diventato una delle figure più influenti della musica contemporanea.

L’esperienza televisiva gli valse un Young Artist Award nel 2002, ma Drake sapeva già che il suo destino non si sarebbe compiuto davanti alle telecamere. La musica lo chiamava con una forza irresistibile, alimentata dalle radici multiculturali della sua famiglia: padre afroamericano di Memphis, madre ebrea canadese, e una Toronto multietnica che avrebbe profondamente influenzato il suo sound ibrido.

La transizione dall’attore al rapper: quando la televisione non basta più

Nel 2008, quando fu tagliato da “Degrassi”, Drake non si perse d’animo. Quello che per molti sarebbe stato un fallimento, per lui rappresentò la spinta definitiva verso la musica. Nel 2006 aveva già pubblicato “Room for Improvement”, il suo primo mixtape, prodotto da Frank Dukes e 40, ma era ancora considerato un attore che si dilettava con il rap.

La svolta arrivò con i mixtape successivi, “Comeback Season” e “So Far Gone”, che catturarono l’attenzione dell’industria musicale. Drake non era il tipico rapper di strada: le sue liriche esploravano vulnerabilità, relazioni complicate, successo e perdita con una sincerità emotiva che sfidava i canoni tradizionali dell’hip-hop. Cantava il suo dolore con la stessa intensità con cui rappava le sue conquiste, creando un linguaggio artistico completamente nuovo.

L’ascesa inarrestabile: quando Toronto incontra il mondo

La fondazione di All Things Fresh, poi rinominata October’s Very Own (OVO), segnò l’inizio della sua indipendenza artistica. Non era solo un’etichetta discografica, ma un universo estetico che rifletteva la visione di Drake: elegante, internazionale, profondamente radicato nella cultura di Toronto ma aperto alle contaminazioni globali.

Il debutto ufficiale con “Thank Me Later” nel 2010 fu solo l’inizio di una serie di successi che avrebbero ridefinito i parametri del successo musicale. Album come “Take Care”, “Nothing Was the Same” e “Views” non erano semplicemente raccolte di canzoni, ma narrazioni complete di un artista in continua evoluzione, capace di passare dal rap melodico alle ballate R&B con una naturalezza disarmante.

Drake ha saputo interpretare e anticipare i cambiamenti dell’industria musicale meglio di chiunque altro. Mentre i suoi colleghi si aggrappavano a formule consolidate, lui sperimentava con generi diversi, collaborazioni inaspettate e strategie di marketing innovative. Le sue collaborazioni con artisti reggaeton, afrobeat e pop hanno aperto nuovi mercati e creato ponti culturali impensabili.

Gli aneddoti che rivelano l’uomo dietro la leggenda

Pochi sanno che Drake ha mantenuto una passione viscerale per il basket, spesso giocando partite con professionisti della NBA. Non è solo un hobby: è diventato ambassador globale dei Toronto Raptors e le sue apparizioni a bordo campo durante i playoff sono diventate iconiche quanto le sue performance musicali. La sua amicizia con stelle come LeBron James e Stephen Curry va oltre il semplice fanboy: Drake comprende il linguaggio della competizione ad alto livello perché lo vive quotidianamente nel mondo della musica.

Un altro aspetto poco conosciuto riguarda la sua meticolosità in studio. I produttori che hanno lavorato con lui raccontano di sessioni che durano giorni, dove Drake perfeziona ogni singola inflessione vocale, ogni pausa, ogni respiro. La sua ossessione per la perfezione si manifesta anche nella scelta delle collaborazioni: rifiuta sistematicamente progetti che non si allineano alla sua visione artistica, indipendentemente dai compensi proposti.

Drake ha trasformato la vulnerabilità in forza, l’emotività in arma di seduzione musicale. Le sue canzoni d’amore sono diventate colonne sonore di intere generazioni, mentre le sue tracce più aggressive hanno ridefinito i parametri del rap contemporaneo. La sua capacità di oscillare tra confessione intima e bravado da superstar lo ha reso unico nel panorama musicale internazionale.

L’attesa italiana: Milano si prepara all’invasione del 6 God

Il 29 agosto 2025 segnerà una data storica: Drake si esibirà per la prima volta in Italia all’Unipol Forum di Milano, nell’ambito del tour “$ome $pecial $hows for EU”. Non è una coincidence che abbia scelto Milano per il suo debutto italiano: la città rappresenta perfettamente quello spirito cosmopolita e fashion-forward che Drake ha sempre incarnato.

L’artista si esibirà insieme a PARTYNEXTDOOR, suo storico collaboratore e scoperta dell’etichetta OVO, promettendo uno show che mescolerà i grandi classici con i brani più recenti. Il palco dell’Unipol Forum si trasformerà in un tempio dell’hip-hop contemporaneo, dove ogni canzone racconterà un pezzo della storia musicale degli ultimi quindici anni.

L’attesa è palpabile tra i fan italiani, che finalmente potranno vivere dal vivo l’esperienza di un artista che ha venduto oltre 170 milioni di dischi in tutto il mondo e ha conquistato cinque Grammy Awards. Drake non è solo un musicista: è un fenomeno culturale che ha influenzato modo di vestire, di parlare, di vivere le relazioni di milioni di giovani in tutto il mondo.

Il concerto milanese promette di essere più di un semplice spettacolo: sarà un momento di comunione tra l’artista e una fanbase che lo ha aspettato per anni. Drake ha sempre dimostrato di comprendere profondamente il rapporto con il suo pubblico, trasformando ogni concerto in un’esperienza emotiva collettiva. Milano si prepara a essere conquistata dal 6 God, e tutto fa pensare che quella del 29 agosto sarà una notte indimenticabile.