Durante una serata in discoteca due ragazzi attratti l’uno dall’altra decidono di passare una fugace notte di sesso assieme. L’impossibilità di trovare un solo parcheggio costringe i due a vagare per la città di Roma, dilatando la conversazione di entrambi per poi smascherare le intimità nascoste dall’apparenza.
L’imbarazzo vero non è quello provato da “lui” quando “lei” gli chiede delle sue fantasie sessuali. Imbarazzo non è neanche ciò che ancora lui può provare quando lei si lega i capelli con un elastico e lo spinge per un rapporto orale. L’imbarazzo è solo mio, estremo disgusto per la stesura di questa recensione per un film che non dovrebbe mai essere nato.
Il desiderio di Silvestrini di appiccare un fuoco alle quinte del teatro della vita per vedere le maschere bruciare e le vere personalità fuggire sotto i raggi di una luna del venerdì notte è un tutto fumo e niente arrosto. Estremo, esagerato, un continuo osare ma sempre su strade infruttuose.
I due protagonisti, di cui non conosciamo neanche i nomi, vivono un colpo di fulmine improbabile. La Gioli a questo punto può cominciare a guardarsi bene dai ruoli che continuano a proporle. L’abito della femme fatale trattenuto a lungo potrebbe saldarsi alla sua pelle per non abbandonarla più. Il rischio è quello di diventare una Bernadette Lafont italiana dell’epoca moderna. Se la Gioli nei panni della provocatrice donna dallo sguardo peccaminoso ci sa stare bene, Matteo Martari è un in-credibile spilungone che non sa reggere le tensioni costruite dalla sua collega.
Il gira e rigira di 2night per le strade notturne romane è uno scarso tentativo di montare gradualmente una pacata suspense, un coagulo di segreti occultati in questi due burattini mossi dal desiderio sessuale. Più che il desiderio passionale i due sembrano essere in grado di bruciare solo le tappe. Non stupirebbe una dichiarazione di estremo amore quando l’alba comincia a indorare i tetti romani.
I grandi segreti tenuti nascosti poi sono uno specchietto per allodole, uno zoccolo vetriolo su cui poggia l’intero percorso, tanto fragile da prendere storte e distorsioni ad ogni passo. Lui in realtà vive in Cina. Ecco il grande segreto che tiene in piedi l’impossibilità dell’eterno amore tra una milanese e un veronese calamitati l’una verso l’altra in una comune serata in discoteca. E come saltare l’ostacolo? Tra inammissibili lacrime per un disperato amore durato solo una notte, partenze imminenti verso l’Asia e interventi di ex ragazzi gelosi e vendicativi, la soluzione di 2night è una rivincita sul tempo perduto, la fortuita scoperta di un posto auto che finalmente si libera per lasciare ai due precoci innamorati almeno un’ora di sesso sfrenato.
Per conto suo l’idea ha già poco d’originale. 2Night nasce dall’omonimo film di Roi Werner ambientato a Tel Aviv, con l’aggiunta di un pessimo scenario modernista, un quadretto low cost sul mondo dei ragazzi dei nostri giorni. Ma il problema non nasce dalla lettura spiccatamente moralista del film. Il problema abita il film stesso, è quel fare grossolano, semplicista e poco elaborato con cui qui si è scelto di raccontare le storie di due soli al mondo. Le anime perdute e allo sbando al cinema piacciono sempre; forse bisognerebbe anche saperle disegnare a dovere.