Cabaret, un classico del teatro musicale su testo di Joe Masteroff, torna in scena con un nuovo allestimento di Saverio Marconi che questa volta si discosta dalle immagini del noto film del 1972 interpretato da Liza Minelli.
Si viene proiettati dietro le quinte del Kit Kat Club, un locale ambiguo e stravagante della Berlino anni ’30. Si viene accolti (Willkommen, Bienvenue, Welcome) dal Maestro di Cerimonie Giampietro Ingrassia, personaggio scherzoso e gioviale dalla morale corrotta che narrerà l’intreccio dei destini dei personaggi.
Si sarà testimoni della relazione tra Sally, l’ingenua stella del club e Cliff Bradshaw, giovane romanziere americano e quella tra la padrona di casa Fräulein Schneider con l’ebreo tedesco Herr Schultz.
Sullo sfondo una Germania in mutamento dove, tra l’indifferenza della popolazione, si sta facendo strada ed affermando il nazismo. Improvvisamente, e con drammatica crudezza, esso metterà fine alla spensieratezza e… auf wiedersehen!
Una delle battute finali pronunciata da Cliff rende l’idea intrinseca del testo: “C’era un cabaret ed un presentatore e una città chiamata Berlino in un paese chiamato Germania, ed era la fine del mondo”.
Non è il classico musical, prevede molte parti recitate ed il finale è tutt’altro che positivo. Uno spettacolo volto a far riflettere, che nonostante le atmosfere di leggerezza invita ad una riflessione più profonda, la preghiera di affrontare la realtà e ad abbandonare l’indifferenza: “Vi emozionerete, piangerete, sicuramente, e vi farete molte domande”.
Uno spettacolo che rilancia una tematica sempre attuale, come afferma Marconi; “c’è una cosa che non è cambiata e credo che questo sia un tema che non muore mai: l’indifferenza della gente che non si occupa (o preoccupa) di quello che gli succede intorno se non ne viene toccata direttamente. Allora nacque il nazismo, oggi cosa nascerà?”

Direttore editoriale di nonewsmagazine.com | Il magazine dell’ozio e della serendipità.
Direttore responsabile di No News | La free press dell’ozio milanese.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare agli amori sofferti tra le campagne inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo, c’è chi lo chiama “il fondamentalista del Loggione”. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita, tuttavia, rimane la Tosca.