Trent’anni, un mucchio di guai, una pelle piena di cicatrici e nessuna voglia di dimenticare. Forse questa città era il posto dove dovevo essere. Ricordo tutti i miti su Milano, La paura, che ha chi viaggia, nel posto nuovo di perdere i posti lasciati dello scoprirsi soli.

Ebbi per la prima volta paura di essere solo nella città, di non avere più un amico, un fratello, un paio d’occhi che mi vedessero.

La solitudine, quando non è l’oasi scelta, è condanna al deserto dell’oggi, al marasma della bella città moderna, modernamente assassina.

Se mi preparo a lottare, come posso, e con tutta la mia energia, è in realtà perché sono solo. Il mio non è qualunquismo né indipendenza: è solitudine.

C’era tanto da vivere, tanto da vedere, c’era un me da ricostruire, storie nuove da ascoltare.

Non ho viaggiato un giorno senza il pensiero di casa mia, di ogni sfumatura della mia terra. Ma quante case verranno? Quanti mazzi di chiavi ancora riconoscerò come miei? Quanti letti vedranno le mie storie, quante finestre mi vedranno, la sera, guardare dritto verso i grattacieli e desiderare?

Nessuno sembrava accorgersi di quel ragazzo frastornato e meditabondo. Sembravo davvero solo in quel brodo di esseri umani dall’odore forte, dai tanti problemi in testa, frettolosi e disattenti. … Per un po’ avevo creduto stesse andando meglio, nella ricerca di quella Fiducia persa che, invece, ero convinto di aver sempre portato con me.

Sentì un calore dentro di me, come se avessi capito, in quel momento, che una possibilità ci fosse ancora, che non tutto fosse perduto, che ogni tassello stesse per andare al proprio posto.

 

Dalla fantasia di Mico Argirò è nato un libro fuori dall’ordinario. Una raccolta di racconti, ogni racconto ha il titolo della fermata del metrò di Milano, città in cui è ambientato il libro.

Milano, la bella città, la malinconica città, la città dei single, la città di chi corre sulle scale mobili, la città dalle mille luci e dalle innumerevoli periferie. Milano che riserva bellissime sorprese appena ti fermi.

Il protagonista arriva una mattina di piaggia battente e subito viene catapultato in quello che è il cuore pulsante di Milano: la metrò, mezzo con il quale il nostro protagonista si muove per giungere alle sue destinazioni ma anche luogo di ispirazioni dei suoi racconti.

Il foglio è diviso in tre parti, è una scrittura estetica, simbolica, ma anche fumettistica e pop come dice lo stesso autore, uno spaccato tra un libro di poesie alla Lee Master passando per le frasi dei baci Perugina, e un Manga per la sottoscritta.

L’Autore è stato capace di trarre poesia anche dai luoghi comuni, dalle cose inusuali, dagli sguardi assenti di chi ti sta a fianco mentre percorri la stessa via. C’è malinconia, qualche nota di rimpianto

ma tutto scritto in modo poetico. Uno spunto di riflessione sulla vita, sul passato, sulle mancanze delle persone più care, del cambiamento come unico scopo di cercare sé stesso e migliorare la propria condizione. Domande che rimangono domande, domande che trovano risposte, fantasia che diventa realtà o fantasia che ci accompagna passo passo verso la realtà.

Un bellissimo modo di raccontare sé stessi e le proprie solitudini, le proprie paure con lo spirito di chi ha sempre un occhio attento su ciò che lo circonda o su chi gli sta intorno, capace di cogliere anche le più piccole sfumature che a molti, nella frenesia quotidiana, ci sfuggono.

Le metro invisibili di Mico Argirò, Biglietto, tornello, metrò

Le metro invisibili
di Mico Argirò
Edizioni Underground 2023
Prefazione di Michele Monina