Tra giallo, horror e thriller in un obitorio che si fa testimone di eventi paranormali. Questo è Autopsy del regista norvegese André Øvredal. Nelle nostre sale l’8 marzo.
Il medico legale Tommy Tilden, assistito dal figlio Austin, è incaricato dell’autopsia di Jane Doe per individuare le cause della morte. Il corpo è in condizioni perfette e non riporta segni di aggressioni, colpi o ferite. Investigando sul cadavere della ragazza, padre e figlio si lasciano trascinare in una caccia alla morte davvero pericolosa.
Se credete che girare un film horror all’interno di una sala per autopsie sia come guardare un amico allergico al burro d’arachidi che mangia un tramezzino al burro d’arachidi…bè forse non avete tutti i torti. Il film sarà scontato e il vostro amico qualcosa di peggio.
Ma Autopsy in qualche modo riesce ad essere interessante, quasi mai banale e davvero originale. Non parliamo di un capolavoro dell’horror/thriller, ma di un film che almeno non vi farà pentire dei soldi del biglietto, cosa che per questo genere succede ormai praticamente sempre.
Autopsy è una grande indagine eseguita nel più ristretto degli spazi possibili. Le cose importanti avvengono tutte, o quasi, in quella fredda e asettica sala riempita di trapani, bisturi e cadaveri. Il signor Timmel insegna il mestiere al giovane Austin che pur essendo interessato alla materia freme per l’uscita con la sua fidanzata che lo aspetta. Più che dell’analisi delle cause di morte Tommy si fa maestro di una più riflessiva attività, ovvero l’analisi scientifica che fa del proprio oggetto d’indagine un manichino. Austin continua a trovare nei freddi corpi un barlume di umanità su cui, con il tempo, suo padre ha versato un freddo e sterilizzato sguardo professionale.
La trama si intensifica con l’arrivo inaspettato di un corpo particolare, quello di Jane Doe, bella come una viva, affascinante come una morta. La regia di Øvredal si sofferma sulla contemplazione del corpo della giovane donna come in un rito pagano, devolvendo la propria attenzione al culto estetico del pallore virginale di Jane.
Non svelo l’identità di questo misterioso cadavere e il perché sia finito su un lettino dell’obitorio troppo in anticipo rispetto ai tempi ( o decisamente in ritardo?). Posso annunciare solo l’origine di una serie di eventi che della scienza di Tommy se ne fanno poco e nulla. L’algida sala diventa, assieme ai corridoi annessi, un nuovo teatro offuscato e tenebroso. Scenografia e fotografia operano per la metamorfosi di un ambiente che resta identico in se stesso, ma un luogo ormai nuovo per i due protagonisti e per noi che osserviamo.
Se fin ora sono stati elencati una serie di aspetti interessanti, Autopsy non è immune a tutti i mali del genere horror trasandato. C’è il rimorso di chi resta in vita contro chi è morto e non può più ascoltare. Un culto del piagnisteo meno interessante di quello già descritto, a cui ogni sceneggiatura sembra farsi devota.
Non vi resta che andare a vedere il film. Consigliarvelo sarebbe un’esagerazione. Proporvelo con i guanti è la giusta cosa da fare.