C’è un attimo magico che ogni vero amante della musica conosce bene. È quel momento in cui le note si intrecciano nell’aria e qualcosa di indefinibile accade dentro di noi. La voce si incrina, un nodo si forma alla gola, la pelle si copre di minuscoli rilievi e un brivido elettrico attraversa la schiena. Non è solo un’esperienza emotiva: è frisson, e la scienza ci sta svelando che chi lo prova ha un cervello letteralmente diverso dagli altri.

Il termine deriva dal francese e significa proprio “brivido”, ma racchiude una gamma di sensazioni fisiche che vanno ben oltre il semplice fremito. È quella reazione viscerale che ci coglie quando ascoltiamo il climax di “Bohemian Rhapsody” dei Queen, o quando la voce di Nina Simone si spezza su “Feeling Good”. È l’istante in cui la musica smette di essere solo suono e diventa esperienza totale, coinvolgendo corpo e mente in un dialogo che trascende il razionale.

Il cervello che sente la musica diversamente

La ricerca scientifica ha finalmente gettato luce su questo fenomeno che per troppo tempo è rimasto relegato al regno del puramente soggettivo. Ricercatori dell’USC hanno pubblicato uno studio che suggerisce che solo circa il 50% delle persone prova sensazioni come brividi, nodo in gola e pelle d’oca quando ascolta musica. Ma la scoperta più affascinante è che queste persone potrebbero avere cervelli molto diversi da coloro che non sperimentano queste sensazioni.

Il ricercatore Matthew Sachs, ora Data Scientist presso Spotify e Associate Research Scientist alla Columbia University, ha dedicato anni di studio a questo fenomeno. La sua ricerca, condotta inizialmente ad Harvard e poi sviluppata all’Università della California del Sud, ha rivoluzionato la nostra comprensione del rapporto tra musica e neurologia. Chi prova il frisson ha un volume maggiore di fibre che collegano la corteccia uditiva alle aree associate all’elaborazione emotiva, il che significa che le due aree comunicano meglio.

Questa architettura cerebrale unica non è solo una curiosità anatomica. L’idea è che più fibre e una maggiore efficienza tra due regioni significano che si ha un’elaborazione più efficiente tra di esse. In altre parole, per chi sperimenta il frisson, l’ascolto musicale diventa un’esperienza neurobiologica più intensa e coinvolgente.

L’emozione che attraversa il corpo

Il frisson non è solo un fenomeno mentale: è una cascata di reazioni fisiche che coinvolge tutto l’organismo. Quando la musica attiva questi meccanismi cerebrali, si scatena una tempesta di neurotrasmettitori che raggiunge ogni angolo del nostro essere. La dopamina, il neurotrasmettitore del piacere, viene rilasciata in quantità massicce, mentre l’adrenalina accelera il battito cardiaco e provoca quella caratteristica sensazione di eccitazione controllata.

I ricercatori hanno identificato diversi tipi di stimoli musicali che tendono a scatenare il frisson con maggiore frequenza. Non si tratta necessariamente di brani complessi o tecnicamente raffinati: spesso sono proprio i momenti di rottura, i cambi di dinamica improvvisi, le modulazioni inaspettate o i silenzi carichi di tensione a fungere da catalizzatori per questa esperienza transcendentale.

La personalità di chi prova il frisson presenta caratteristiche distintive. Il Dr. Matthew Sachs crede che questo studio dimostri che coloro che sperimentano il frisson sentono anche le emozioni più intensamente in generale. Queste persone tendono ad essere più aperte alle esperienze, più sensibili agli stimoli estetici e spesso mostrano una maggiore capacità di immedesimazione emotiva.

Il mistero dell’unicità umana

Una delle domande più affascinanti che emergono da questi studi riguarda l’esclusività umana del frisson musicale. Gli esseri umani apprezzano unicamente l’estetica, sperimentando risposte piacevoli a stimoli complessi che non conferiscono alcun chiaro valore intrinseco per la sopravvivenza. Questa capacità di essere mossi emotivamente da sequenze di suoni organizzati sembra essere una caratteristica distintiva della nostra specie.

Gli etologi e i neuroscienziati si interrogano sui motivi evolutivi di questa peculiarità. Alcune teorie suggeriscono che la sensibilità musicale possa essere legata alla capacità di riconoscere patterns complessi nell’ambiente, un’abilità che potrebbe aver fornito vantaggi evolutivi ai nostri antenati. Altri ricercatori ipotizzano che il frisson sia un sottoprodotto dell’evoluzione del linguaggio e della comunicazione emotiva.

La neuroplasticità gioca un ruolo cruciale in questo processo. Il cervello di chi sperimenta regolarmente il frisson si modifica nel tempo, rafforzando le connessioni neurali coinvolte nell’elaborazione musicale ed emotiva. È un ciclo virtuoso: più si è esposti alla musica che genera frisson, più il cervello diventa efficiente nel produrre queste esperienze intense.

Verso una comprensione più profonda

La ricerca sul frisson apre scenari inediti per la comprensione delle differenze individuali nella percezione musicale. Non tutti i cervelli sono uguali di fronte alla musica, e questa diversità neurobiologica potrebbe spiegare perché alcuni individui sviluppano una passione travolgente per l’arte sonora mentre altri rimangono relativamente indifferenti.

Gli studi futuri potrebbero rivelare nuove dimensioni di questa esperienza. I ricercatori stanno esplorando le correlazioni tra frisson e altre forme di risposta estetica, dalla commozione davanti a un’opera d’arte alla meraviglia di fronte a un paesaggio naturale. La connettività cerebrale che caratterizza chi prova il frisson potrebbe essere la chiave per comprendere meccanismi più ampi della sensibilità estetica umana.

L’impatto di queste scoperte va oltre la pura curiosità scientifica. Comprendere i meccanismi neurobiologici del frisson potrebbe aprire nuove strade nella musicoterapia, nell’educazione musicale e persino nel trattamento di alcuni disturbi dell’umore. La musica, da sempre considerata il linguaggio universale delle emozioni, si rivela essere un codice neurobiologico che solo alcuni cervelli sanno decifrare completamente.

Il frisson rimane, in definitiva, uno dei grandi misteri della condizione umana: una finestra aperta sull’abisso della coscienza, dove suono ed emozione si fondono in un’esperienza che trascende le parole e tocca l’essenza stessa di ciò che significa essere umani.