Mi trovo davanti allo schermo del mio computer e sento che qualcosa di straordinario sta accadendo. Le immagini del lookbook “Generation Gucci” cominciano a scorrere davanti ai miei occhi e riconosco immediatamente quella luce teatrale, quel singolo riflettore su sfondo nero che mi riporta indietro di trent’anni. È Tom Ford, è il 1996, eppure siamo nel 2025 e questo è Demna che fotografa la sua prima collezione Pre-Fall per la casa fiorentina.

La memoria che si fa presente

Il designer georgiano ha personalmente fotografato questo lookbook come se fosse uno show mai realizzato, un gesto che racchiude tutta la poetica di questa proposta. Non è nostalgia fine a se stessa, è qualcosa di più profondo: attraverso illuminazione, angolazioni e la grana delle immagini, ricrea le foto delle sfilate anni Novanta di Tom Ford. Eppure, quando mi soffermo sui dettagli dei capi, quella sensazione di déjà-vu evapora completamente.

Demna mi ha spiegato, durante la presentazione, che considera quell’era come la più significativa per la sua generazione e visivamente simbolica per il brand. Il rispetto per Ford è palpabile nelle sue parole, nell’ammirazione per chi ha saputo creare non solo uno stile ma un’intera identità culturale. Ma l’omaggio si ferma alla superficie, perché ciò che accade nei vestiti è pura decostruzione contemporanea.

Gucci Pre-Fall 2026 Generation Gucci Demna, Gucci Pre-Fall 2026: Generation Gucci di Demna

Il tailoring che respira

Il primo look che osservo è un completo rosa cipria in faille di seta. Mi avvicino mentalmente al tessuto e scopro che il designer ha contattato il produttore dell’originale d’archivio, scoprendo che la tecnologia è cambiata in tre decenni e il tessuto risulta con un effetto leggermente diverso, vissuto. È questa ricerca ossessiva sui materiali che mi affascina: niente è casuale, tutto è studiato per costruire un nuovo linguaggio.

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I tailleur a due pezzi abbandonano i bottoni tradizionali per fermagli metallici minimali, creando linee pulitissime sul davanti. I pantaloni hanno una vestibilità aderente, quasi come leggings, che ridefinisce completamente la silhouette della donna Gucci. La pencil skirt iconica viene reinterpretata con questa stessa filosofia di chiusure discrete, eliminando ogni elemento superfluo.

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L’invisibilità come lusso

Mi soffermo sui jeans dal taglio minimal e resto colpita dalla loro apparente semplicità. Sono realizzati senza cuciture visibili, con tasche e chiusure praticamente invisibili. È un tipo di costruzione che richiede una maestria tecnica straordinaria, eppure il risultato finale appare così naturale, così semplice. È il lusso che non urla, che si sussurra.

I completi da viaggio in seta mi ricordano la morbidezza dei pigiami di alta gamma, pensati per chi vive costantemente in movimento ma non rinuncia all’eleganza. E poi ci sono le mute da surf che ispirano capi in tessuto tecnico: dolcevita e giacche in pelle aderenti che seguono il corpo come una seconda pelle, con quella sensualità sottile che Demna sa orchestrare così bene.

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Texture che seducono

Quando arrivo all’outerwear, mi rendo conto che qui Demna ha dato il meglio di sé. I cappotti testurizzati presentano strisce e inserti di shearling, seta, pelo di capra e piume, materiali che sembrano impossibili da combinare eppure creano superfici tattili incredibili. Il designer mi ha fatto pesare uno di questi pezzi durante una presentazione: è leggerissimo, nonostante l’apparente complessità costruttiva. “Per me questo è lusso”, mi ha detto con un sorriso soddisfatto.

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Gli anni Settanta e Novanta rivisitati

Le giacche racer con la classica striscia Web mi portano direttamente negli anni Settanta di Gucci, mentre le cinture reinterpretano l’iconica fibbia Doppia G con un approccio più grafico e contemporaneo. La collezione include total look in pelle e suede, oltre a completi in seta con stampe a tema equestre ispirati ai foulard d’archivio.

Ma è interessante come questi riferimenti storici non risultino mai didascalici. Demna li mescola con elementi completamente suoi: le proporzioni oversized dei blazer da donna, i micro-occhiali da sole abbinati a capelli lucidi divisi in mezzo, il dolcevita infilato nei jeans senza cintura. Molte combinazioni sono estremamente riconducibili allo stile di Demna: prima di tutto le proporzioni e il drappeggio del tailoring, poi la combo minimalista di blazer e jeans con scarpe a punta.

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La sensualità sottile dell’evening

Il guardaroba per le occasioni eleganti è dove la dicotomia tra le due anime della collezione si manifesta più chiaramente. Ci sono capi ispirati all’underwear indossati con blouson in seta, minigonne drappeggiate abbinate a top coordinati, abiti in jersey fluido e chiffon di seta. È una sensualità mai volgare, sempre controllata, che gioca su trasparenze e stratificazioni.

Le giacchette in pelle lucida lasciano scoperta una sottile striscia di pelle appena sotto l’ombelico, un dettaglio malizioso che aggiunge personalità senza eccedere. Gli abiti con pussy-bow completamente realizzati in camoscio sono un altro esempio di come Demna sappia prendere un codice classico e trasformarlo in qualcosa di inaspettato.

Accessori che completano la visione

Le ballerine ispirate alla valigeria e le décolleté con tacchi innovativi privi di cuciture dimostrano che l’attenzione al dettaglio si estende anche alle calzature. Demna mi ha confidato di aver sempre desiderato ballerine a punta nella sua taglia da uomo, quindi le ha fatte realizzare: un aneddoto che racconta molto della sua personalità e del suo approccio al design.

Tra le borse, la Lunetta Phone+ in canvas monogram e maglia metallica si affianca alla Dionysus, proposta con una silhouette più angolare e definita, un’evoluzione rispetto alla versione di Alessandro Michele. La Jackie 1961 viene reinterpretata in due varianti: una forma regolare compatta e una versione ammorbidita più capiente, proposta in vitello e coccodrillo.

Due anime in dialogo

Osservando la collezione nel suo insieme, riconosco chiaramente due anime: una più cruda e realistica, riferita alla strada, giovanile e sportiva; l’altra più signorile, con stampe floreali e sete, abiti da sera, pellicce e motivi leopardati. Demna non ha mai avuto problemi nel far convivere universi apparentemente contrastanti, e anche qui dimostra questa capacità di sintesi.

Il cappotto leopardato abbinato alla pelle che può funzionare anche come vestito è uno degli esempi più audaci di questa doppia identità. Così come le gonne plissettate floreali degli anni Settanta che mantengono un’energia sensuale attraverso spacchi laterali strategici.

Il ponte verso febbraio

Questa Pre-Fall 2026 non è solo una collezione di transizione, è una dichiarazione d’intenti. Il lookbook stabilisce la visione di Demna attraverso silhouette controllate, superfici pulite e una selezione mirata di riferimenti d’archivio. È il ponte tra la collezione “La Famiglia” presentata a settembre e ciò che vedremo in passerella a febbraio durante la Milano Fashion Week.

Mi rendo conto che Demna sta costruendo metodicamente il suo discorso per Gucci, pezzo dopo pezzo, materiale dopo materiale. La sua ricerca si concentra su come imbevere la collezione di quella vibrazione flirty, sexy e dinamica del passato, ma sempre filtrata attraverso la sua sensibilità contemporanea.

L’identità già definita

Quello che mi colpisce maggiormente, chiudendo le immagini del lookbook, è la chiarezza della visione. L’identità del nuovo Gucci è già perfettamente a fuoco. Non c’è incertezza, non ci sono tentennamenti. Demna sa esattamente dove vuole portare questa casa storica, e lo fa con un equilibrio raro tra rispetto del passato e urgenza contemporanea.

La sfida principale sarà mantenere questa coerenza pur rimanendo eclettici, unire le molte forme di vita che popolano l’universo Gucci sotto una visione unitaria. Ma se questo lookbook è un’indicazione, il designer georgiano ha già trovato la sua formula: decostruzione radicale nascosta sotto un’eleganza apparentemente classica, materiali innovativi che mantengono la leggerezza come valore supremo, e una sensualità che non dimentica mai di essere intelligente.

Usciamo da questa presentazione con la certezza che Generation Gucci non è solo un nome evocativo, ma un manifesto programmatico. È la generazione che ha vissuto l’epoca d’oro di Tom Ford, che ne riconosce l’importanza culturale, ma che ora è pronta a scrivere un nuovo capitolo con strumenti completamente diversi. E io non vedo l’ora di vedere come questa storia si evolverà sulla passerella di febbraio.