Kusinela

Al Kusinela l’aria profuma di spezie lontane e di mare, e Milano sembra farsi improvvisamente più leggera. Lo spazio è raccolto, semplice ma non banale, fatto di tavoli essenziali, luci discrete e un’atmosfera che invita a lasciarsi andare senza fretta. Qui non c’è ostentazione, ma il piacere garbato dell’accoglienza, un calore che si percepisce nelle attenzioni dei padroni di casa e nella loro capacità di trasformare la cena in una piccola festa privata.

Il menu si muove come una narrazione a più capitoli, dove ogni piatto diventa il preludio di quello successivo. Gli antipasti arrivano croccanti e fragranti, dal sorriso dorato degli involtini alle polpette di pesce che scivolano leggere, fino ai gamberi avvolti in una crosta sottile e profumata. C’è poi il rito delle alette di pollo, che si presentano in versioni diverse, tutte ugualmente capaci di catturare con la loro golosa immediatezza. Ma il momento più atteso è quello del “seafood boil”: un vassoio generoso di granchio, cozze, calamari e gamberi, mescolati in una salsa cajun che danza tra note dolci e piccanti, con una potenza che può essere modulata a seconda del coraggio del commensale. È un piatto da condividere, che chiama le mani, le risate, la convivialità più autentica. Per chi cerca il conforto della tradizione filippina ci sono i “pinoy classics”: ciotole colme di riso che fanno da base a stufati di carne o di pesce, arricchiti da salse dense e da un uovo all’occhio che sembra sigillare il piatto come un gesto materno.

Ogni portata qui racconta un ponte tra due mondi, l’Italia e le Filippine, e regala un senso di viaggio che resta impresso a lungo. I prezzi, sorprendentemente accessibili, aggiungono un ultimo motivo per tornare. Kusinela non è solo un ristorante: è un racconto che si gusta con lentezza.