Sedici anni, lo zaino sulle spalle, l’ultimo modello di smartphone in tasca. Marco esce da scuola come ogni pomeriggio, ignaro che dentro il suo corpo si sta consumando una silenziosa battaglia per il futuro. Non lo sa, come non lo sanno i suoi compagni, ma ha una probabilità su tre di avere un problema andrologico che potrebbe compromettere la sua capacità di diventare padre. Eppure, nell’agenda fitta di appuntamenti tra scuola, sport e amici, non c’è spazio per una visita dall’andrologo. Come lui, il 73% dei giovani italiani non ha mai varcato la soglia di uno studio andrologico.
La fotografia che emerge dai dati è drammatica quanto sottovalutata. I ricercatori registrano un declino della fertilità maschile dell’1% all’anno, una discesa inesorabile che sta trasformando la paternità da certezza biologica a sfida medica. Se il trend continuerà senza interventi, entro il 2070 si perderà oltre il 40% della fertilità maschile, una prospettiva che dovrebbe scuotere dalle fondamenta il nostro approccio alla salute riproduttiva.
La generazione perduta della prevenzione
«La scomparsa della visita di leva ha cancellato l’unico momento di controllo sanitario obbligatorio per i giovani maschi», spiega il professor Giovanni Maria Colpi, andrologo e direttore scientifico di Next Fertility ProCrea Lugano. Dove una volta il servizio militare garantiva almeno un controllo medico, oggi si apre un vuoto di decenni. La conseguenza è che patologie facilmente diagnosticabili e curabili restano nascoste fino a quando non è troppo tardi.
I numeri raccontano una storia inquietante: nelle campagne di screening condotte nelle scuole lombarde tra il 1999 e il 2013, il 40% degli 11.000 giovani controllati presentava patologie andrologiche. Un dato che ha trovato conferma in analoghe iniziative in altre regioni italiane. Tra questi, il 25% soffriva di varicocele di grado medio o severo, una condizione che, se non trattata, può compromettere irreversibilmente la fertilità.
Il varicocele, il nemico silenzioso dell’adolescenza
Il varicocele si manifesta proprio durante l’adolescenza nei soggetti predisposti e frena lo sviluppo dei testicoli, interferendo con la corretta maturazione dei tubuli seminiferi dove si formeranno gli spermatozoi. È una dilatazione delle vene testicolari che può passare inosservata per anni, mentre mina silenziosamente le basi della futura paternità.
La tragedia è che si tratta di una condizione perfettamente curabile se diagnosticata per tempo. Una semplice visita potrebbe cambiare il destino riproduttivo di migliaia di giovani, eppure la maggior parte di loro non sa nemmeno cosa sia un andrologo. È come avere una perdita nel tetto di casa e non accorgersene fino a quando l’acqua non ha allagato tutto l’appartamento.
Gli stili di vita che rubano il futuro
Ma la minaccia non arriva solo dalle patologie organiche. Gli adolescenti di oggi crescono in un ambiente ostile alla fertilità, spesso senza rendersene conto. I dati parlano chiaro: il 32% degli adolescenti maschi fuma, l’80% consuma alcolici oltre i limiti raccomandati, il 43% fa uso di droghe e il 19% è in sovrappeso o obeso. Ogni sigaretta, ogni eccesso, ogni chilo di troppo scrive una pagina del futuro riproduttivo di questi ragazzi.
L’obesità, in particolare, non è solo un problema estetico dell’adolescenza che si risolverà da sé. È un sabotatore silenzioso della fertilità che altera l’equilibrio ormonale e compromette la qualità del liquido seminale. Quando questi ragazzi, a trent’anni, si presenteranno in un centro per la fertilità, scopriranno che il conto per gli eccessi dell’adolescenza è salato.
Il mondo che avvelena la paternità
Come se non bastasse, viviamo immersi in un cocktail di sostanze che la natura non aveva previsto. Le microplastiche e i pesticidi agiscono come interferenti endocrini, alterando il delicato sistema ormonale che regola la produzione di spermatozoi. È un esperimento su scala globale di cui stiamo vedendo solo ora i risultati: la concentrazione di spermatozoi è passata dai 120 milioni per millilitro degli anni ’30-’40 ai circa 65 milioni degli anni ’90.
Negli ultimi quarant’anni la concentrazione di spermatozoi negli uomini occidentali si è dimezzata, una caduta libera che dovrebbe far suonare tutti i campanelli d’allarme. Eppure, continuiamo a ignorare il problema, come se la fertilità fosse un diritto acquisito e non un bene prezioso da proteggere.
Il costo dell’ignavia
La mancanza di prevenzione non è solo una tragedia personale per le coppie che non riescono ad avere figli, ma un problema economico e sociale di proporzioni enormi. La fecondazione in vitro costa migliaia di euro per tentativo, comporta stress psicologico per le coppie e non sempre funziona. È come curare una malattia invece di prevenirla: molto più costoso e molto meno efficace.
«Promuovere la prevenzione maschile significa abituare i giovani a prendersi cura della propria salute nel senso più ampio», sottolinea Colpi. Non è solo questione di fertilità, ma di costruire una generazione consapevole del valore della propria salute, capace di fare scelte informate invece di subire passivamente le conseguenze dell’ignoranza.
La strada verso il cambiamento
La soluzione esiste ed è più semplice di quanto si pensi. Basterebbero campagne nazionali di prevenzione rivolte ai giovani, agli adolescenti e ai loro genitori. Un investimento che avrebbe un ritorno straordinario in termini di salute pubblica, riduzione della spesa sanitaria e contrasto alla denatalità.
Immaginare un futuro in cui ogni ragazzo, come ogni ragazza per la ginecologia, abbia almeno una visita andrologica durante l’adolescenza non è utopia, ma necessità. È l’unico modo per spezzare la catena che lega l’ignoranza alla sterilità, l’indifferenza alla sofferenza delle coppie che scoprono troppo tardi che il tempo della fertilità non è infinito.
La generazione di Marco ha ancora una chance. Ma bisogna agire ora, prima che sia troppo tardi per un’intera popolazione di futuri padri che oggi gioca spensierata nei cortili delle scuole, ignara del tesoro che rischia di perdere per sempre.

Direttore editoriale di nonewsmagazine.com | Il magazine dell’ozio e della serendipità.
Direttore responsabile di No News | La free press dell’ozio milanese.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare agli amori sofferti tra le campagne inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo, c’è chi lo chiama “il fondamentalista del Loggione”. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita, tuttavia, rimane la Tosca.