Come ogni dicembre, mentre le città si illuminano di decorazioni festive, torna puntuale la figura più amata dai bambini di tutto il mondo: Babbo Natale. Ma chi si cela dietro questo personaggio dalla barba bianca e dal mantello rosso che ha conquistato l’immaginario collettivo globale? Le sue origini affondano le radici in un passato molto più antico di quanto si possa immaginare, intrecciando elementi pagani, cristiani e folcloristici in un affascinante mosaico culturale.
Tutto ebbe inizio con San Nicola di Myra, vescovo cristiano vissuto nel IV secolo nell’attuale Turchia. La sua fama di benefattore dei poveri e protettore dei bambini si diffuse rapidamente in tutta Europa, dando vita a diverse tradizioni natalizie. In particolare, la leggenda narra di come il santo abbia donato tre sacchetti d’oro a tre giovani sorelle per salvarle da un destino di miseria, gettandoli attraverso il camino della loro abitazione.
I portatori di doni: un mosaico di tradizioni
Prima dell’avvento di Babbo Natale, diverse figure si alternavano nel ruolo di portatori di doni nelle varie culture europee. In Germania, era il Christkind (Bambino Gesù) a distribuire i regali, spesso rappresentato come un angelo dai capelli biondi. Nei Paesi Bassi, Sinterklaas arrivava su una barca dalla Spagna, accompagnato dal suo aiutante Zwarte Piet. In Svezia, era il Jultomten, un folletto domestico, mentre in Russia la tradizione vedeva protagonista Nonno Gelo (Ded Moroz) con sua nipote Sneguročka.
In Italia, la tradizione dei portatori di doni varia significativamente da regione a regione, creando un ricco mosaico di tradizioni locali. In Lombardia e parte del Piemonte, era Santa Lucia a portare i doni nella notte tra il 12 e il 13 dicembre, accompagnata dal suo fedele asinello. Nel Trentino, la tradizione vedeva protagonista il Christkindl, figura angelica che ricordava il Bambino Gesù. In Romagna, i doni venivano portati da San Nicolò, mentre in Valle d’Aosta era San Nicolao. Nel Veneto, specialmente nel bellunese, era il Bambino Gesù stesso a consegnare i regali, tradizione che si mantenne fino all’arrivo dell’influenza americana di Babbo Natale.
La Befana, figura tipicamente italiana, dominava e domina ancora la tradizione dell’Epifania in molte regioni, specialmente nel Centro Italia. In Sicilia, si ricorda la figura di “Vecchia Strina”, che portava doni nel periodo tra Natale e Capodanno, mentre in alcune zone della Calabria era la “Vecchia di Natale” a svolgere questo ruolo.
La metamorfosi culturale: da Sinterklaas a Santa Claus
Nel corso dei secoli, la figura di San Nicola ha subito numerose trasformazioni. Nei Paesi Bassi e nelle zone di influenza olandese, il santo divenne noto come Sinterklaas, nome che gli immigrati olandesi portarono con sé nel Nuovo Mondo, dove si trasformò nell’americano “Santa Claus”. La metamorfosi non si limitò al nome: l’austero vescovo con il pastorale si trasformò gradualmente in un allegro signore corpulento vestito di rosso.
Nel XIX secolo, la figura di Babbo Natale ricevette un importante contributo letterario grazie alla poesia “A Visit from St. Nicholas” (1823), meglio nota come “The Night Before Christmas”, che ne definì molti degli attributi ancora oggi familiari: la slitta trainata da renne, l’ingresso attraverso il camino, il sacco pieno di giocattoli.
L’impronta di Coca-Cola: marketing e tradizione
Contrariamente a quanto molti credono, Coca-Cola non inventò l’immagine moderna di Babbo Natale, ma contribuì in modo significativo alla sua standardizzazione. La decisione dell’azienda di utilizzare Babbo Natale come testimonial non fu casuale, ma parte di una strategia di marketing accuratamente pianificata. Negli anni ’30, durante la Grande Depressione, Coca-Cola affrontava una sfida significativa: incrementare le vendite durante i mesi invernali, periodo in cui il consumo di bevande fredde tradizionalmente diminuiva.
L’azienda necessitava di un’immagine che potesse trasmettere calore e positività in un periodo di difficoltà economica, creando un’associazione emotiva tra il prodotto e i valori familiari del Natale. Nel 1931, l’illustratore Haddon Sundblom fu incaricato di creare questa nuova immagine di Santa Claus. Sundblom si ispirò alla poesia “A Visit from St. Nicholas” per l’aspetto fisico, ma aggiunse elementi distintivi che resero il personaggio più accattivante e memorabile: le guance rosee, il sorriso caloroso e soprattutto quell’aria di giovialità contagiosa che avrebbe caratterizzato tutte le successive rappresentazioni.
Le illustrazioni di Sundblom, che apparvero su riviste nazionali americane per oltre tre decenni, non solo contribuirono a standardizzare l’aspetto di Babbo Natale ma crearono anche un potente legame emotivo tra il personaggio e il marchio Coca-Cola. Il successo fu tale che l’azienda estese questa campagna pubblicitaria a livello globale, contribuendo alla diffusione internazionale dell’immagine moderna di Babbo Natale e creando uno dei primi esempi di marketing natalizio globalizzato.
Il Babbo Natale giustiziato
Il 24 dicembre 1951 il quotidiano “France-Soir” riferì che, il giorno prima, Babbo Natale era stato bruciato sul sagrato della cattedrale di Digione dinanzi ai bambini.
Sul sagrato della cattedrale di Digione, quando un gruppo di ecclesiastici, con l’approvazione del clero locale, mise in scena una singolare protesta contro la commercializzazione del Natale. Davanti a centinaia di bambini dell’orfanotrofio cattolico, un’effige di Babbo Natale fu impiccata alle balaustre della cattedrale e poi data alle fiamme.
L’evento suscitò forte indignazione pubblica e accese un intenso dibattito sulla stampa francese. I cattolici tradizionalisti accusavano Babbo Natale di essere un’intrusione pagana che stava soppiantando il vero significato religioso del Natale. Il giorno successivo, per rimediare allo scandalo, la chiesa organizzò una riconciliazione ufficiale: un nuovo Babbo Natale fece il suo ingresso in cattedrale, distribuendo dolciumi ai bambini.
L’antropologo Claude Lévi-Strauss, prende spunto da un clamoroso episodio e nel suo celebre saggio “Il Babbo Natale giustiziato” (1952), offre una riflessione illuminante sul significato sociale di questa figura.
Lévi-Strauss utilizza questo episodio come punto di partenza per una profonda analisi antropologica. Secondo lo studioso, il tentativo di “giustiziare” Babbo Natale rivela un conflitto più profondo nella società moderna: la tensione tra sacro e profano, tra tradizione religiosa e nuovi rituali secolari. L’antropologo sostiene che Babbo Natale sia diventato un mito vivente della nostra società, una figura che media tra il mondo degli adulti e quello dei bambini, creando un ponte intergenerazionale attraverso il rituale del dono.
La “messa a morte” simbolica di Babbo Natale a Digione rappresenta, nell’analisi di Lévi-Strauss, il tentativo fallito di eliminare un nuovo tipo di sacralità laica che si era ormai radicata nella società moderna. L’episodio dimostra come questa figura sia diventata così potente nell’immaginario collettivo da resistere persino ai tentativi di “destituzione” da parte delle autorità religiose tradizionali.
Curiosità e tradizioni nel mondo
Nel mondo esistono affascinanti varianti della tradizione di Babbo Natale. In Scandinavia, si crede che gli aiutanti di Babbo Natale siano gli gnomi domestici chiamati “tomte” o “nisse”.
Un elemento curioso riguarda la residenza ufficiale di Babbo Natale: la Finlandia ha saputo creare un’attrazione turistica di successo mondiale, stabilendo la “residenza ufficiale” di Santa Claus a Rovaniemi, nel Circolo Polare Artico. Ogni anno, migliaia di lettere indirizzate a Babbo Natale arrivano in questa località, dove un ufficio postale dedicato si occupa di rispondere ai bambini di tutto il mondo.
Oggi, nell’era digitale, la tradizione di Babbo Natale continua a evolversi: esistono app per tracciare il suo viaggio nella notte della Vigilia, videochiamante personalizzate e persino intelligenze artificiali che rispondono alle lettere dei bambini. Eppure, nonostante la modernità, il fascino di questo personaggio resta immutato, simbolo di generosità e magia che continua a far sognare generazioni di bambini in ogni angolo del pianeta.
Direttore editoriale di No#News Magazine.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare ai sofferenti per amore, inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo: è chiamato il fondamentalista del Loggione. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita tuttavia rimane la Tosca.