“Framing Britney Spears”, la nuova docu-inchiesta condotta dal New York Times sulle burrascose vicende personali legate alla custodia della famosa cantante statunitense, è arrivata in Italia in streaming sulla piattaforma Discovery+.
“My loneliness is killing me”, “la mia solitudine mi sta uccidendo”. Una delle canzoni più iconiche della musica internazionale recita queste poche ma profetiche parole. Perché profetiche? Perché, a distanza di anni la cantante che, grazie a questo brano sarebbe diventata una grande stella della musica pop internazionale, si sarebbe davvero trovata sola a combattere contro un branco di lupi che, più della sua salute e del suo benessere, puntava al suo incommensurabile patrimonio economico. Almeno stando alla tesi dei suoi fans che, al grido di #FreeBritney, hanno portato alla realizzazione di questo documentario.
La docu-inchiesta si propone di ripercorrere le tappe fondamentali che hanno decretato l’ascesa, il successo e l’inevitabile declino di Britney Spears, adolescente prodigio della musica pop internazionale. Dai primi accenni della sua passione per il canto in Louisiana, suo stato natìo, alle prime apparizioni televisive nel celebre programma per bambini Mickey Mouse Club, fino ad arrivare al 1997, con l’uscita di “Hit Me Baby One More Time”, brano che ha consacrato l’ascesa al successo della cantante statunitense, la Spears ha visto cambiare radicalmente la sua immagine. Dall’angelica figura della classica “ragazza della porta accanto” e che ogni madre avrebbe voluto come fidanzata per il proprio figlio, la Spears inizia pian piano ad incarnare il prototipo di donna fortemente sessualizzato e soprattutto commercializzato dai media. Una posizione nella quale, inizialmente, la stessa Britney si sentiva a proprio agio, vogliosa di quel cambiamento che, però, l’ha distrutta psicologicamente.
Centrale nel documentario la figura del padre, James “Jamie” Spears, il primo a credere nelle doti canore della figlia e che investirà non poco sulla sua formazione.
Giunge il 2007, anno in cui la Spears non riesce più a fronteggiare l’orda mediatica che gira attorno la sua immagine e frutta miliardi di dollari ad ogni sua apparizione. Assediata dai paparazzi per le sue vicende personali, la cantante toccherà il fondo rasandosi completamente i capelli davanti gli obbiettivi dei fotografi, insensibili davanti il grido che la giovane Britney stava palesemente lanciando. Droga, alcool e festini determineranno il periodo più buio dell’artista con tanto di pausa forzata dalla scena musicale. Tutto ciò fino all’anno seguente, con l’uscita del nuovo album e del tour di promozione di quest’ultimo che ripulirà, ma solo momentaneamente, la sua figura.
Quindi Britney è tornata, ma non per molto. Si, perché quello che doveva segnare il suo effettivo rentrée non sarà altro che la struttura basilare della campana di vetro in cui è prigioniera ormai da anni e che il movimento #FreeBritney sta cercando da anni di palesare al mondo intero. È grazie a quest’ultimo, composto dai fans che non hanno mai abbandonato la popstar, che la drammatica situazione di quest’ultima è stata portata alla ribalta.
Dopo i problemi di dipendenza della Spears, infatti, il padre è subentrato come tutore legale della cantante. L’unico che, insieme ad altre influenti personalità, può amministrare le finanze e l’immagine di Britney, considerata non in grado di farlo autonomamente.
I media iniziano ad interessarsi alla vicenda portando alla luce aspetti inediti ed alquanto agghiaccianti di chi circonda la cantante. Dalle inchieste giornalistiche fuoriesce una figura della Spears totalmente soggiogata dalle persone che dicono di volerle bene, in primis il genitore, ma che non fanno altro che arricchirsi sulle spalle e le fatiche della figlia.
Realizzata dal New York Times e prodotta dalla casa di produzione statunitense Hulu, Framing Britney Spears, come da titolo, “inquadra” l’ala di mistero che gira da anni attorno alla famosa popstar, riportando le testimonianze di coloro che hanno avuto la possibilità di vivere in prima persona il suo successo. Amicizie di vecchia data, giornalisti che da anni seguono inchieste sulla custodia della popstar, paparazzi che, semplicemente svolgendo il proprio lavoro (talvolta pesantemente) hanno contribuito al crollo psicologico della star e semplici fans appartenenti al movimento #FreeBritney, hanno contribuito in massa al resoconto della verità che fuoriesce da questa produzione.
Senza troppi elementi artefatti, segue la tipica linearità delle docu-inchieste, proponendosi di mostrare solo una parte della verità, quella riportata da una cerchia ristretta di persone indirettamente coinvolte nella delicata faccenda. Le stesse che, anche da un semplicissimo post su Instagram pubblicato dalla cantante, leggono tra le righe un’accorata richiesta d’aiuto da parte di quest’ultima. Può però una semplice foto o frase pubblicata sui social essere un capro espiatorio per accusare qualcuno? A quanto pare basta per produrre prove lampanti. Proprio per questa ragione, non si può parlare di Framing Britney Spears come di un resoconto del tutto obiettivo ed imparziale, a causa della lacunosa mancanza della la versione degli “accusati”, figura paterna in primis e particolarmente presa di mira nella suddetta produzione.
Se da un lato il movimento ha avuto modo di portare alla luce l’instabilità psicologica della Spears, dando così l’idea di essere l’unico ad interessarsi davvero e senza secondi fini al vero bene della popstar, dall’altro sarebbe giusto ascoltare i punti di vista e le ragioni di tutti i protagonisti di questa intricata vicenda. Dal canto suo, il New York Times ha chiesto di prendere parte al progetto documentaristico anche a questi ultimi i quali, però, hanno preferito non rilasciare alcuna dichiarazione in merito. Bisogna quindi decidere a chi dare man forte: a coloro che, con cartelloni e hashtag sui social, portano animatamente avanti da tempo la battaglia di liberazione dalle grinfie paterne della cantante o a chi, al contrario, si negano dinanzi le insistenti richieste dei media di rilasciare la propria posizione, scelta che magari potrebbe scagionarli da (infondate) ingiurie? Allo spettatore l’ardua sentenza.
Framing Britney Spears è disponibile in streaming su Discovery+ dal 1 marzo 2021.