Il rock è davvero morto? La domanda aleggia come uno spettro negli ambienti musicali, sollevata ancora una volta da una voce autorevole come quella di Gene Simmons, fondatore dei leggendari Kiss. Durante una recente apparizione televisiva, il musicista ha lanciato un j’accuse destinato a far discutere: la musica rock sta vivendo la sua fase terminale, orfana di quella creatività e di quel pubblico che l’hanno resa un fenomeno culturale globale.
Un confronto generazionale impietoso
Simmons costruisce la sua analisi attraverso un raffronto generazionale impietoso. Dal 1958 al 1988, trent’anni che hanno visto nascere leggende assolute: Elvis Presley, i Beatles, i Rolling Stones, Jimi Hendrix, Pink Floyd, David Bowie. Un’era d’oro che ha prodotto un “menù musicale incredibilmente ricco”, come lo definisce lo stesso musicista. Poi il vuoto. O quasi.
L’episodio raccontato da Simmons diventa paradigmatico: suo figlio Nick si imbatte in una giovane che indossa una maglietta dei Rolling Stones, simbolo di una band che ha letteralmente ridefinito la musica rock. Il dialogo che ne segue è sconcertante. La ragazza non solo non conosce la band, ma addirittura scambia Mick Jagger per un serial killer.
L’evoluzione musicale e la perdita di memoria culturale
La musica è cambiata, questo è indubitabile. L’hip-hop, il pop contemporaneo, i nuovi generi musicali hanno progressivamente eroso lo spazio un tempo occupato dal rock. Ma il problema, secondo Simmons, non è tanto la sostituzione quanto la cancellazione della memoria culturale. Dove sono i nuovi Beatles? Chi sono gli eredi di quella stagione musicale che ha attraversato e modificato interi decenni?
I Nirvana vengono citati come ultimo sussulto di una generazione ancora capace di raccontare storie attraverso la musica. Eppure anche loro sembrano già appartenere a un’archeologia musicale dimenticata dai più giovani.
Un dibattito aperto tra nostalgia e rinnovamento
La provocazione di Simmons non è un semplice sfogo nostalgico, ma un monito lanciato al mondo musicale. La musica rock rischia di diventare un museo, un reperto da collezione più che un linguaggio vivo e pulsante. Le nuove generazioni sembrano più interessate all’immagine, al merchandising, che alla sostanza musicale.
Non è un caso che le magliette delle band storiche siano diventate quasi un accessorio di moda, svuotate del loro significato originario. Un simbolo indossato senza conoscenza, senza passione.
Il monito di Gene Simmons è insieme una provocazione e una sfida. Ai giovani musicisti il compito di raccogliere l’eredità del rock, di reinventarlo, di renderlo nuovamente un linguaggio capace di raccontare emozioni, ribellioni, sogni. Perché la musica, come ogni forma d’arte, non muore mai davvero. Può solo aspettare il proprio rinascimento.

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