L’autunno ha un colore preciso: è l’arancione vibrante delle zucche che punteggiano i campi, trasformando la campagna lombarda in una tavolozza di tonalità calde. Nei fine settimana di ottobre, lungo le strade che si snodano appena oltre il confine urbano di Milano, si compie un piccolo miracolo stagionale. Famiglie intere lasciano i grattacieli e il cemento per immergersi in un’atmosfera che sa di terra, di tradizione rurale e di una festa che, pur venendo da lontano, ha trovato casa anche qui.
Il fenomeno dei pumpkin patch – i campi dove raccogliere e decorare le zucche – sta vivendo in Italia una crescita sorprendente. Ogni weekend di ottobre e fino ai primi di novembre, nella cintura verde che abbraccia Milano, decine di cascine aprono i loro campi al pubblico. Non si tratta soltanto di un’importazione culturale d’oltreoceano, ma di qualcosa di più profondo: il bisogno di riconnettersi con ritmi naturali, di toccare con mano i frutti della terra, di regalare ai bambini esperienze che profumano di fango e libertà.
L’eredità celtica che attraversa l’oceano
La tradizione dell’intaglio delle zucche affonda le radici nell’antica festa celtica dello Samhain, celebrata in Irlanda centinaia di anni fa, quando si intagliavano rape per creare facce spaventose capaci di allontanare gli spiriti maligni. Il 31 ottobre segnava l’inizio del nuovo anno nel calendario celtico, il momento in cui il velo tra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottigliava pericolosamente.
La leggenda irlandese di Jack O’Lantern racconta di un astuto fabbro che riuscì a ingannare il diavolo più volte. Alla sua morte, Jack non trovò posto né in paradiso né all’inferno, e fu condannato a vagare nell’oscurità con una lanterna ricavata da una rapa svuotata, illuminata da un tizzone ardente. Quando gli immigrati irlandesi giunsero negli Stati Uniti nell’Ottocento, sostituirono le rape con le zucche, molto più abbondanti e facili da intagliare nel Nuovo Mondo. Nacque così l’icona più riconoscibile di Halloween.
Oggi quella Jack O’Lantern attraversa nuovamente l’oceano, ma in direzione opposta. Torna in Europa, si stabilisce nelle campagne italiane, e qui si trasforma. Non è più solo una decorazione per la notte più spaventosa dell’anno, ma diventa occasione di condivisione, momento educativo, esperienza sensoriale per generazioni cresciute tra schermi e asfalto.
Un’esplosione arancione nella campagna lombarda
La Lombardia si è rivelata terreno fertile per questa rinascita autunnale. I campi di zucche aprono i battenti già da metà settembre e proseguono fino ai primi di novembre, con orari che si estendono dalla mattina alla sera. Ogni cascina ha sviluppato la propria identità: alcune offrono installazioni scenografiche dove immortalare ricordi fotografici, altre puntano su laboratori didattici che insegnano ai più piccoli il ciclo delle stagioni e il valore del lavoro agricolo.
Nei weekend, molte location organizzano eventi serali per gli adulti, con possibilità di ammirare il tramonto tra le zucche, degustare birra agricola e assaporare specialità autunnali dai food truck. Il pumpkin spice latte e la pumpkin pie – simboli della cultura pop americana – convivono qui con prodotti a chilometro zero, miele locale e confetture artigianali.
La dimensione ludica si intreccia con quella agricola autentica. Non si tratta di parchi a tema costruiti ad hoc, ma di aziende agricole reali che aprono le loro terre, condividono il loro sapere, mostrano gli animali della fattoria. I bambini toccano la terra, scelgono la zucca direttamente dal campo, imparano la pazienza dell’intaglio. È un’educazione silenziosa ma potente, che passa attraverso le mani sporche e la soddisfazione di creare qualcosa di unico.
La Magia della Zucca: quando la fattoria diventa teatro
A Lainate, a una ventina di minuti dal centro di Milano, l’Agricola ha fatto di questa esperienza autunnale una vera e propria celebrazione. “La Magia della Zucca” trasforma ogni weekend di ottobre e i primi giorni di novembre la storica fattoria in un palcoscenico naturale dove protagoniste indiscusse sono le zucche in tutte le loro forme e dimensioni.
Il percorso è pensato per coinvolgere l’intera famiglia. Si inizia nel campo vero e proprio, dove grandi e piccini selezionano la propria zucca ideale, quella che parla al loro spirito creativo. Segue il laboratorio di intaglio e decorazione, supervisionato dalle operatrici della fattoria didattica, uno spazio dove la sicurezza si sposa con la libertà espressiva. Ogni bambino dai tre anni in su può partecipare, accompagnato da un adulto che può limitarsi a osservare o unirsi attivamente al lavoro creativo.
Ma l’esperienza non si esaurisce con la zucca decorata. C’è la visita guidata agli animali della fattoria – galline, papere, caprette, conigli, maialini, struzzi – creature che per molti bambini urbani rappresentano un incontro raro e prezioso. C’è l’area giochi accessibile liberamente. E poi c’è tutto il mondo dell’Agricola: il ristorante a chilometro zero dove assaporare i sapori autentici della campagna, il caseificio interno, la pasticceria, la gelateria, la bottega ricca di prelibatezze artigianali.
Ogni weekend porta con sé sorprese diverse: giochi tematici, attrazioni, spettacoli per bambini, truccabimbi, clownerie. L’atmosfera è quella di una festa contadina contemporanea, dove la tradizione rurale incontra l’intrattenimento senza perdere autenticità.
Il biglietto d’ingresso – quindici euro per un bambino e un adulto, comprensivi di zucca, laboratorio e visita agli animali – rappresenta un investimento accessibile per una giornata all’aria aperta. Gli accompagnatori aggiuntivi pagano solo cinque euro, mentre i bambini sotto i due anni entrano gratuitamente, anche se senza diritto alla zucca personale. Chi desidera partecipare attivamente al laboratorio e portare a casa la propria creazione può acquistare un biglietto completo.
L’organizzazione è studiata per garantire un’esperienza piacevole anche nei momenti di maggiore affluenza. I biglietti online permettono di prenotare la fascia oraria preferita, mentre chi acquista in loco il giorno stesso accede con un ritardo di circa venti minuti, un sistema pensato per gestire il flusso di visitatori senza sacrificare la qualità dell’esperienza. L’attività procede anche in caso di pioggia, protetta da spazi coperti, e chi non può presentarsi nel giorno prenotato può riprogrammare la visita avvisando per tempo.
Mani nella terra, sguardo al futuro
C’è qualcosa di profondamente significativo in questo ritorno alla terra che caratterizza i fine settimana autunnali. In un’epoca dominata dagli schermi e dalle esperienze virtuali, toccare la consistenza ruvida di una zucca, sentire l’odore umido della terra, sporcarsi le mani lavorando con coltelli e cucchiai per svuotare e intagliare un ortaggio rappresenta un’ancora di concretezza.
I campi di zucche sono diventati spazi ibridi dove si fondono educazione ambientale, artigianato creativo, tradizione folkloristica e aggregazione sociale. Non sono semplici attrazioni commerciali, ma luoghi dove le famiglie costruiscono ricordi condivisi, dove i bambini sperimentano con il corpo e non solo con gli occhi, dove il ritmo lento dell’agricoltura offre un contrappunto salutare alla frenesia urbana.
Il periodo ideale per visitare questi campi va da metà settembre fino a fine ottobre, con un picco di presenze nelle settimane immediatamente precedenti Halloween. Ma al di là della data sul calendario, ciò che conta è l’esperienza: il momento in cui un bambino sceglie con cura la sua zucca, il silenzio concentrato durante l’intaglio, il sorriso orgoglioso quando la creazione è completa e la candela accesa all’interno trasforma l’ortaggio in lanterna.
L’arancione vibrante delle zucche diventa metafora dell’autunno stesso: una stagione di trasformazione, di preparazione, di bellezza malinconica ma piena di calore. Nei campi alle porte di Milano, tra i filari ordinati e il verde ancora presente del Parco Agricolo Sud, si celebra ogni weekend un piccolo rituale collettivo che parla di radici – quelle delle piante e quelle culturali – e di futuro, perché ogni bambino che tocca la terra oggi porta con sé un seme di consapevolezza ambientale per domani.
Le cascine che aprono i loro campi non stanno semplicemente cavalcando una moda d’importazione americana. Stanno ricucendo un legame che il progresso urbano aveva spezzato, riportando le nuove generazioni a contatto con i cicli naturali, con gli animali da cortile, con la materialità del cibo che arriva sulle loro tavole. In questo senso, i campi di zucche sono molto più che un passatempo autunnale: sono laboratori di cittadinanza ecologica, aule a cielo aperto dove si impara senza accorgersene.
La festa oltre la festa
Quando il sole tramonta sui campi di zucche e le famiglie tornano verso la città portando con sé le loro lanterne artigianali, rimane nell’aria qualcosa di prezioso. È il profumo della terra smossa, il ricordo delle risate condivise, la soddisfazione tattile di aver creato qualcosa con le proprie mani. Le zucche intagliate finiranno sulle finestre e sui balconi urbani, piccoli avamposti arancioni che testimoniano un pomeriggio diverso, un respiro profondo preso lontano dal traffico e dalle notifiche.
La magia di questi luoghi sta proprio in questa capacità di offrire esperienze multisensoriali e autentiche in un mondo sempre più mediato e virtualizzato. Sta nel permettere ai genitori di vedere i propri figli scoprire con meraviglia che il cibo nasce dalla terra e non dal supermercato, che gli animali hanno personalità distinte, che creare richiede tempo e pazienza.
Le cascine lombarde che hanno abbracciato questa tradizione stanno compiendo un’operazione culturale importante: stanno preservando il sapere agricolo aprendolo al pubblico, stanno educando alla sostenibilità attraverso l’esperienza diretta, stanno riaffermando il valore della stagionalità contro l’uniformità del consumo moderno.
E mentre i bambini corrono tra i filari di zucche, selezionando con serietà commovente quella che diventerà la loro Jack O’Lantern personale, si compie un piccolo miracolo pedagogico. Si impara che la bellezza può nascere da forme imperfette, che ogni zucca è diversa, che il processo creativo vale quanto il risultato finale. Si scopre che sporcarsi le mani non è un problema ma un piacere, che la natura offre intrattenimento migliore di molti schermi.
L’autunno milanese profuma dunque di zucche quest’anno come negli anni passati, e probabilmente come negli anni a venire. È un profumo che parla di cambiamento – delle foglie che virano al rosso, della temperatura che scende, della luce che si fa più radente – ma anche di continuità. Perché in fondo, celebrare il raccolto e prepararsi all’inverno è un gesto antico quanto l’agricoltura stessa. Solo che oggi, nel 2025, lo facciamo con lo smartphone in tasca per immortalare il momento, ma con le mani sporche di terra come i nostri antenati contadini.
E forse è proprio questa sintesi – tra tradizione e contemporaneità, tra ruralità e urbanità, tra festa americana e campagna lombarda – a rendere l’esperienza dei campi di zucche così significativa per le famiglie italiane di oggi.

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