Varcare la soglia del Duomo di Siena significa entrare in una dimensione dove il tempo si cristallizza nell’arte. Ai piedi dei visitatori si distende il più straordinario tappeto marmoreo del mondo, un’opera che trasforma il suolo della cattedrale in un racconto visivo di incommensurabile bellezza. Il pavimento del Duomo di Siena è una delle opere più straordinarie del Rinascimento: un vero racconto di marmo che ha richiesto oltre sei secoli per essere completato, dal Trecento all’Ottocento.
Quello che Giorgio Vasari definì “il più bello, grande e magnifico pavimento che mai fusse stato fatto” si rivela oggi in tutto il suo splendore durante le rare aperture al pubblico. In occasione del venticinquesimo Giubileo Ordinario della Chiesa cattolica, indetto da papa Francesco nel 2025, il cui messaggio centrale è la Speranza, dal 27 giugno al 31 luglio e dal 18 agosto al 15 ottobre, la Cattedrale di Siena scopre il suo magnifico Pavimento marmoreo.
La genesi di un capolavoro artistico immortale
La tradizione attribuisce l’idea originaria di questo straordinario progetto decorativo a Duccio di Buoninsegna, il maestro che rivoluzionò la pittura senese. La tradizione vuole che l’invenzione della decorazione marmorea spetti al caposcuola della pittura senese Duccio di Buoninsegna, anche se non esiste alcuna prova documentaria di ciò. I primi lavori documentati risalgono però al 1369, quando iniziò quella che sarebbe diventata l’impresa artistica più longeva della storia dell’arte italiana.
Il pavimento si compone di cinquantasei tarsie realizzate con la raffinata tecnica del commesso marmoreo e dello sgraffio. Il pavimento del Duomo è un opera straordinaria con la tecnica del commesso marmoreo e del graffito. Questa tecnica prevedeva l’utilizzo di marmi bianchi e neri, creando un contrasto cromatico di straordinaria efficacia visiva che cattura lo sguardo e guida il fedele attraverso un percorso spirituale codificato.
I maestri dell’arte senese e il genio di Pinturicchio
La realizzazione di questo capolavoro ha coinvolto i più grandi artisti dell’epoca, quasi tutti di origine senese. A realizzare i cartoni delle oltre cinquanta scene furono grandi artisti, quasi tutti “senesi”, fra cui il Sassetta, Domenico di Bartolo, Matteo di Giovanni, Domenico Beccafumi. Tra questi giganti dell’arte, spicca il nome di Domenico Beccafumi, che perfezionò la tecnica del commesso marmoreo portandola a vette di perfezione mai raggiunte prima. Nell’esagono sotto la cupola (Storie di Elia e Acab), ma anche in altri riquadri vicini all’altare (Mosè fa scaturire l’acqua dalla roccia; Storie di Mosè sul Sinai, Sacrificio di Isacco) lavora il pittore manierista Domenico Beccafumi.
L’unico artista non senese che contribuì a questa monumentale opera fu Bernardino di Betto, detto il Pinturicchio. Con un lavoro secolare realizzato fra il Trecento e l’Ottocento, i cartoni preparatori per le cinquantasei tarsie furono pensati da importanti artisti, tutti senesi – tranne il pittore umbro Bernardino di Betto, detto il Pinturicchio, autore, nel 1505, della tarsia con il Monte della Sapienza. La sua tarsia del Monte della Sapienza-Felicità rappresenta uno dei vertici assoluti dell’arte decorativa rinascimentale, dove la maestria tecnica si fonde con una profondità simbolica che attraversa i secoli.
Le sibille profetesse e il mistero delle profezie antiche
Tra le figure più affascinanti del pavimento spiccano le Sibille, profetesse del mondo classico che trovano posto in questo tempio cristiano con un significato profondo. Le Sibille pur essendo figure appartenenti al mondo classico sono state inserite nel complesso del pavimento del Duomo in quanto testimoni dell’universalità del messaggio cristiano nel tempo. Queste figure misteriose rappresentano il ponte tra l’antichità pagana e il cristianesimo, simbolo dell’universalità del messaggio divino che trascende epoche e culture.
La Sibilla Persica assume un ruolo particolare nella narrazione del pavimento. La sua profezia, incisa sopra il leggio, richiama uno dei miracoli più significativi di Cristo: “Con cinque pani soltanto e due pesci sazierà sull’erba cinquemila uomini. Raccogliendo gli avanzi, riempirà dodici panieri PER LA SPERANZA DI MOLTI”. Queste parole diventano il filo conduttore del percorso spirituale che il pavimento disegna, culminando nel messaggio di speranza che caratterizza l’Anno Giubilare.
Il percorso iniziatico: dall’ingresso alla salvezza
Il pavimento del Duomo non è solo un’opera d’arte, ma un percorso iniziatico che guida il fedele dalla soglia del tempio verso la salvezza. Sulla piattaforma al culmine dei gradini di piazza del Duomo, davanti ai portali, si trovano i primi intarsi marmorei, con la rappresentazione del Fariseo e del Pubblicano simbolo, rispettivamente, di ebrei e pagani, cioè i non-cristiani, che non hanno diritto di entrare nel tempio ed assicurarsi la Salvezza.
All’ingresso, la figura di Ermete Trismegisto accoglie i visitatori, creando un ponte tra sapienza antica e rivelazione cristiana. “Castissimum Virginis Templum caste memento ingredi”: ricordati di entrare castamente nel castissimo Tempio della Vergine. Ma subito sopra questo monito, si apre maestosa, in un commesso marmoreo policromo, la tarsia raffigurante Ermete Trismegisto. Questa presenza apparentemente insolita in un tempio cristiano rivela la complessità del messaggio del pavimento, dove filosofia antica e fede cristiana si intrecciano in un dialogo millenario.
La speranza che non delude: il messaggio dell’Anno Giubilare
Nel 2025, Anno del Giubileo, il pavimento acquisisce un significato ancora più profondo. Per la prima volta sarà visibile la tarsia della Speranza, eseguita nel 1870 da Leopoldo Maccari, Giuseppe e Antonio Radichi su cartone di Alessandro Franchi. La figura femminile è rappresentata con le mani giunte al petto, lo sguardo rivolto verso l’alto e l’ancora come attributo simbolico, richiamando le parole di San Paolo: “Spes non confundit” – la Speranza non delude.
Il pavimento diventa così un libro aperto sulla speranza dell’umanità, dove ogni tarsia racconta una storia di fede, di attesa, di fiducia nel divino. Le scene bibliche, i profeti, le sibille, i filosofi antichi si susseguono in una narrazione che attraversa millenni di storia umana, trovando nel messaggio cristiano la sua sintesi più alta.
Camminare su questo tappeto di marmo significa percorrere un cammino spirituale che va oltre il tempo e lo spazio, dove l’arte diventa preghiera e la bellezza si fa veicolo di trascendenza. È un’esperienza che trasforma ogni visitatore in pellegrino, guidandolo attraverso un percorso di scoperta che dall’oscurità dell’ignoranza conduce alla luce della conoscenza divina.