Un film sul natale per natale, ma non solo. Dickens, l’uomo che inventò il natale di Bharat Nalluri vi aspetta al cinema il 21 dicembre.

In una Londra trafficata e fuligginosa, mezza ricca e mezza povera, il giovane e celebre Charles Dickens trae ispirazione dal dettaglio, dal popolino del mercato e in tutti gli angoli in cui si possa respirare ancora umanità, ormai coperta da strati d’abiti eleganti e pregiudizi in quelle piccole corti private frequentate da aristocratici. E andrebbe già tutto bene se non fosse per il fatto che il grande scrittore inglese che mette in scena i reietti della società ha collezionato tre fiaschi letterari dopo il celebre Oliver Twist, pieno di debiti e con il fantasma del foglio bianco alle calcagna.

Numerosi disturbatori, creditori e arredatori che non perdono il filo dei pagamenti, un editore che non tira fuori più una moneta e un padre spendaccione che non riesce a stare lontano dalle finanze di suo figlio; tutto rema contro la grande stella del racconto d’epoca vittoriana sull’orlo del collasso. Ma assieme al fantasma sclerotizzante dell’immobilismo artistico s’affaccia per Charles la possibilità di scrivere la sua più grande storia, quella che racconta il natale come non lo aveva mai fatto nessuno.

Il film di Bharat Nalluri continuamente sovrappone realtà e fantasia, intersecando la finzione che trova giorno dopo giorno vita e forma nella mente dello scrittore con la vita dura e opaca, che crolla un pezzo per volta.

Dickens è raccontato e messo sullo schermo come uno psicotico, scisso in un sistema bipolare per cui è difficoltoso ogni allunaggio rispetto al pianeta autonomo qual è la personalità di Charles. Allegro, fiducioso e coraggioso ma un momento dopo scontroso, chiuso nel suo mondo e inavvicinabile. Il regista addenta la biografia di Dickens per sputarne un discretissimo racconto di maturità, cambiamenti e dolori evocati dal passato. Spostando il modellino dato dalle informazioni sulla vita dell’autore, come in un plastico da modellare, vengono addensati e amalgamati fatti veri, con qualche ritocco qui e là, messi assieme alle storie e le personalità di A Christmas Carol.

Un racconto fantastico scisso tra presente, passato e futuro che si fa specchio velato delle paure e le riflessioni di Dickens. Un combaciare netto tra le figure dello stesso autore e il perfido, avaro e sinistro Scrooge. E mentre questo vecchietto burbero prende vita, in quella dello scrittore mettono piede le stesse idiosincrasie, gli stessi vizi , l’individualità e il solipsismo.

Ovvio il moto sussultorio moraleggiante che risuona in eco dall’inizio alla fine della pellicola.

Dopotutto, da un film natalizio, messo in sala durante il periodo natalizio, non potevamo aspettarci altro. Tuttavia questo Uomo che inventò il natale, sa suonare qualcosa di più interessante delle solite canzoncine che accompagnano il pudding.

Bello vedere, anche se non è la prima volta, uno scrittore chiuso all’angolo dai suoi stessi personaggi, sagome esistenziali e ologrammatiche mosse da demoni veri , nudi e crudi, animati e animosi. Più che un film sul natale questo è un film che racconta una intimità, quella di un artista chiuso in una scatola di muri, dove con vergogna e imbarazzo ci insinuiamo tra una riga e l’altra, senza chiedere il permesso, senza afferrare mai davvero ciò che ha messo in moto il dialogo di un autore come Charles Dickens con l’interlocutore per lui più duro di sempre: se stesso.