Nel cuore dell’Oceano Pacifico meridionale, a oltre tremila chilometri dalla costa cilena, emerge dalle acque un puntino di terra vulcanica che da secoli custodisce uno dei più affascinanti misteri dell’archeologia: l’Isola di Pasqua, conosciuta dai suoi abitanti come Rapa Nui. Qui, quasi mille statue monumentali in pietra – i Moai – si ergono silenziose, con i loro volti enigmatici rivolti verso l’interno dell’isola, come antichi guardiani immobili nel tempo.
Per generazioni, archeologi e ricercatori si sono interrogati su un quesito apparentemente insolubile: come ha fatto una popolazione isolata, priva di ruote, animali da traino o tecnologie avanzate, a spostare colossi di pietra alti fino a dieci metri e pesanti decine di tonnellate attraverso terreni accidentati? La risposta, oggi confermata dalla scienza moderna, è tanto sorprendente quanto poetica: le statue camminavano.
La fisica svela l’ingegno degli antichi Rapa Nui
Una ricerca pubblicata nell’ottobre 2025 sul Journal of Archaeological Science ha finalmente dimostrato, attraverso modellazione 3D ed esperimenti sul campo, che i Moai potevano effettivamente “camminare” con l’aiuto di corde e un numero sorprendentemente ridotto di persone. Il team guidato dall’antropologo Carl Lipo della Binghamton University e da Terry Hunt dell’Università dell’Arizona ha analizzato quasi mille statue, concludendo che gli abitanti dell’isola probabilmente utilizzavano corde per far oscillare le statue da un lato all’altro, guidandole in avanti con un movimento a zigzag lungo strade appositamente costruite.
Gli scienziati hanno costruito una replica di Moai del peso di 4,35 tonnellate, dotata del caratteristico design inclinato in avanti. Con appena 18 persone, sono riusciti a trasportare la statua per 100 metri in soli 40 minuti, un risultato che ha superato di gran lunga i precedenti tentativi di trasporto verticale. “Una volta che la metti in movimento, non è affatto difficile – le persone tirano con un braccio solo”, ha spiegato Lipo. “La parte difficile è farla oscillare inizialmente. Ma poi la fisica ha senso”.
Le caratteristiche ingegneristiche nascoste nei giganti di pietra
L’analisi dettagliata delle statue ha rivelato caratteristiche progettuali specifiche che ne facilitavano il movimento. I Moai presentano basi larghe a forma di D e una leggera inclinazione in avanti, elementi che li rendevano più facili da dondolare e manovrare con un movimento di camminata. Queste non erano casualità: rappresentavano una sofisticata comprensione della fisica applicata, sviluppata attraverso secoli di osservazione e sperimentazione.
Anche le strade dell’isola raccontano questa storia. Con una larghezza di 4,5 metri e una sezione trasversale concava, le strade erano ideali per stabilizzare le statue mentre avanzavano. “La strada fa parte del movimento della statua”, ha sottolineato Lipo. “Le vediamo sovrapposte l’una all’altra, con molte versioni parallele. Probabilmente gli abitanti dell’isola liberavano un percorso, spostavano la statua, poi ne liberavano un altro in sequenze determinate”.
Dal vulcano Rano Raraku alle piattaforme cerimoniali
Il vulcano Rano Raraku, situato nella parte orientale dell’isola, fu una cava per circa 500 anni fino all’inizio del XVIII secolo, fornendo la pietra da cui venne scolpito circa il 95% delle sculture monolitiche note dell’isola. Questo luogo straordinario custodisce ancora oggi centinaia di Moai in vari stadi di completamento, offrendo una finestra sul passato congelata nel tempo.
Gli scultori Rapa Nui lavoravano il tufo vulcanico – una roccia morbida e porosa formata da cenere vulcanica compressa – utilizzando scalpelli di basalto, la pietra più dura disponibile sull’isola. Ogni statua veniva scolpita distesa sulla schiena, con tutti i dettagli completati nella cava tranne le orbite oculari, che venivano intagliate solo una volta che il Moai raggiungeva la sua piattaforma finale.
I Moai rappresentavano antenati deificati, incarnando il lignaggio, il prestigio e la protezione spirituale per le comunità. Quando un membro importante di una tribù moriva, una statua veniva realizzata a Rano Raraku e poi trasportata al villaggio, dove veniva eretta su una piattaforma chiamata ahu con il volto rivolto verso l’abitato, come guardiano eterno dei discendenti.
Una tradizione orale che diventa scienza
Uno degli aspetti più affascinanti di questa scoperta è che conferma le tradizioni orali dei Rapa Nui. Il metodo della camminata è in linea con le tradizioni orali di Rapa Nui che descrivono i Moai “camminare” dalla cava. Ciò che per secoli era stato considerato folklore o leggenda si è rivelato essere una descrizione accurata della realtà storica.
L’analisi statistica della distribuzione dei Moai sulle strade rivela pattern fortemente coerenti con fallimenti nel trasporto: il 51,6% si concentra entro 2 chilometri dalla cava di Rano Raraku, seguendo un pattern di decadimento esponenziale atteso dai processi di rottura meccanica piuttosto che da un posizionamento cerimoniale deliberato. Questo suggerisce che molte statue caddero durante il trasporto e furono abbandonate dove si trovavano.
Il rispetto per un’impresa monumentale
“Questo dimostra che il popolo Rapa Nui era incredibilmente intelligente”, ha affermato Lipo. “Hanno capito come fare qualcosa di straordinario con risorse limitate. Questo rende onore a quelle persone, mostrando cosa furono in grado di realizzare, e abbiamo molto da imparare da loro in questi principi”.
La ricerca non solo risolve un mistero archeologico di lunga data, ma ridefinisce anche la nostra percezione dell’innovazione preistorica. I Rapa Nui non avevano bisogno di tecnologie aliene o di eserciti massicci: possedevano una comprensione profonda della fisica, della geometria e dell’ingegneria, nata dall’osservazione, dalla sperimentazione e dalla tradizione tramandata attraverso generazioni.
Oggi, mentre le sfide dei cambiamenti climatici minacciano questi monumenti antichi, con il rischio di inondazioni che potrebbe compromettere siti come Ahu Tongariki entro il 2080, la lezione dei Moai risuona con rinnovata urgenza. Questi giganti di pietra non sono solo testimoni di un passato remoto, ma simboli di ciò che l’ingegno umano può realizzare quando creatività, determinazione e rispetto per le risorse disponibili si uniscono in un’unica visione.

Direttore editoriale di nonewsmagazine.com | Il magazine dell’ozio e della serendipità.
Direttore responsabile di No News | La free press dell’ozio milanese.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare agli amori sofferti tra le campagne inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo, c’è chi lo chiama “il fondamentalista del Loggione”. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita, tuttavia, rimane la Tosca.