Nel silenzio delle sale di Palazzo delle Paure a Lecco, una straordinaria esposizione svela le vite di otto artisti che hanno trasformato la loro diversità in linguaggio artistico. Dal 13 giugno al 2 novembre 2025, la mostra “Antonio Ligabue e l’arte degli Outsider” esplora il complesso rapporto tra arte e follia attraverso 14 opere di Ligabue e una quarantina di lavori di autori italiani come Filippo de Pisis, Carlo Zinelli e Pietro Ghizzardi.

Il pittore delle belve e della solitudine

Antonio Ligabue nasce a Zurigo nel 1899 da Elisabetta Costa e nel 1919, dopo aver aggredito la madre adottiva durante una lite, viene espulso dalla Svizzera e inviato a Gualtieri. Senza conoscere una parola di italiano, questo giovane dalla parlata mezza tedesca inizia una vita nomade tra le rive del Po, trasformando la sua emarginazione in arte potente e visionaria.

Nel 1937 fu ricoverato in manicomio a Reggio Emilia per atti di autolesionismo, ma non smise mai di dipingere. I suoi giaguari con gazzelle, le leonesse e i paesaggi rurali padani raccontano un mondo interiore popolato da creature feroci che sembrano specchiare la sua stessa battaglia per la sopravvivenza. La mostra presenta alcuni dei suoi maggiori capolavori, inclusi due inediti provenienti da collezione privata: “Autoritratto con libellula” e “Pascolo”.

Voci dal margine della società

La curatrice Simona Bartolena ha costruito un percorso che sfida ogni definizione semplicistica. “Quella della normalità è un’ossessione fin troppo diffusa“, spiega. “Spesso la cosiddetta follia, in realtà è solo differenza di pensiero, eccesso di sensibilità, diversità”.

Filippo de Pisis emerge come figura centrale del racconto. Poeta e pittore dalla spiccata sensibilità, dopo i periodi felici trascorsi tra Parigi e Londra, viene colpito da un male sottile che lo porta a Villa Fiorita a Brugherio. Le sue Nature morte e gli scorci di quel periodo, esposti a Lecco, sono “veri e propri capolavori del dolore“, composti da pochi tocchi di colore puro su tele lasciate in gran parte scoperte.

L’arte come resistenza

Ogni storia racconta una diversa forma di resistenza attraverso l’arte. Mario Puccini, il “Van Gogh involontario” toscano, dopo quattro anni nell’Ospedale psichiatrico San Nicolò di Siena, riprende a dipingere “come un uomo nuovo”, dedicandosi esclusivamente alle sue marine livornesi animate da una cifra stilistica potentemente emozionale.

Gino Sandri, finissimo intellettuale accusato di crimini politici e internato in vari manicomi, lascia nei suoi disegni degli ospiti di Mombello una testimonianza di umanità poetica ai margini della società. I suoi ritratti, tracciati con segno sicuro, restituiscono dignità a chi era stato cancellato dalla storia.

Il linguaggio dell’anima

La mostra si apre con un’installazione di Giovanni Sesia, artista contemporaneo che ha lavorato sui volti degli internati utilizzando foto d’archivio delle strutture italiane di inizio Novecento. Un ponte tra passato e presente che interroga ancora oggi i nostri pregiudizi.

Carlo Zinelli, uno degli autori più noti del panorama della creatività nata tra le mura di un manicomio, grazie al supporto dello psichiatra Vittorino Andreoli, sviluppa opere dalla cifra stilistica inconfondibile, riconosciute come espressioni significative dell’Art Brut. I suoi lavori rivelano riferimenti inconsapevoli all’iconografia egizia e agli idoli africani.

La bellezza oltre i confini

Pietro Ghizzardi e Edoardo Fraquelli completano questo mosaico di esistenze fuori dagli schemi. Il primo, spesso accostato a Ligabue, dipinge le belle donne del paese con inaspettati accenti primitivisti. Il secondo, nato a Tremezzo, dopo il periodo in manicomio ritrova nell’arte una pittura di luce, fatta di gialli vibranti e onirici rosa, esito di una liberazione interiore.

L’esposizione, secondo appuntamento del ciclo “Grandi mostre 2025-2027” voluto dall’assessorato alla cultura del Comune di Lecco, invita a riflettere su quanto sottile sia il confine tra follia e normalità. Come scriveva Filippo de Pisis: “Non sono pazzo, vedo chiaro… anzi troppo chiaro…”.