L’arrivo dell’inverno nella vita di una donna ce lo racconta Blandine Lenoir in 50 Primavere, una stupenda messa in scena di una fase di mezzo, il racconto di una metamorfosi non voluta e di difficile accettazione. Al cinema dal 21 dicembre.

La menopausa è una carogna. Appena toccati i cinquanta anni Aurore fa i conti con il fuoco che avvampa all’improvviso, quello che preannuncia la fuga di un età e l’arrivo di un’ altra. Ma il fuoco nella vita di Aurore giunge anche perché il suo primo amore, quello scomparso andando via per il servizio militare, torna ad aggirarsi nel vicinato come una bella e malinconica saga evocata dal passato.

Recensione 50 Primavere, #”50 Primavere” e poi solo inverno.

Ma i problemi di Aurore non finiscono qui. A chiudere il cerchio c’è il lavoro da cameriera reso impossibile dal nuovo capo, le difficoltà di una donna non più giovane nel cercare un nuovo lavoro, i capricci amorosi di una figlia adolescente e quelli della primogenita, incinta e non soddisfatta dalla sua vita.

50 Primavere è un orologio che fa ruotare la lancetta unica sulle diverse età di una donna spiattellate in un quadrante, come dei monoliti, pianeti che tramontano l’uno sull’altro. La società sembra sapere bene cosa fare del gentil sesso in ogni stadio della sua vita. Prima oggetto sessuale, poi macchina di produzione, infine uno scarto che deve impegnare i propri giorni come può, senza chiedere troppo.

Ma Aurore si fa eroina da piccola impresa cercando di ribaltare le dinamiche, sovvertire gli ordini e non arrendersi a ciò che gli è chiesto dall’esterno.

Il film di Blandine Lenoir sa incrociare le diverse generazioni facendole conversare sotto un unico tetto, condensandole ognuna all’interno di un corpo sempre diverso. C’è quello giovane della più piccola, quello giunto in vetta, e per certi versi già in discesa, di chi sta per mettere al mondo un bambino. Infine quello di Aurore, che deve fare i conti con i vestiti che non stanno più bene come un tempo, come quei pantaloni da dover regalare alla più piccola. Con le forme che decidono di fare un po’ ciò che vogliono, assieme agli sbalzi di temperatura che costringono ad inscenare improbabili spogliarelli nei luoghi e nei momenti meno opportuni.

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La regia si mette in secondo piano, si lascia consumare e ridurre per farsi sola funzione comunicativa ai fini del racconto, lasciando i riflettori alla straordinaria quanto vicina e possente interpretazione di un’attrice del calibro di Agnés Jaoui, messa in rotazione nel quadro vivente del mondo chiamato donna assieme ad attrici ed attori professionisti e non, in un miscuglio che sa suonare il vero, ma sempre con tecnica e puntuale precisione.

50 Primavere suona come un canto di liberazione rispetto al “dover essere”, un manifesto di una nuova emancipazione femminile che nonostante tutto perfino in occidente fatica mettere entrambi i piedi per terra in modo stabile. Una rivalorizzazione della terza età messa in scena attraverso la coralità di diverse figure, tutte assai differenti. La migliore amica di Aurore, scapola e frizzante donna matura ma dal fare giovane e spensierato. Poi le arzille vecchiette della casa di riposo in cui Aurore trova lavoro, veri e propri esempi per Aurore che sapranno sollevarla quando il gelo dell’età sembrerà essere calato con tutto il proprio potere, nella sua anima più che nel suo corpo. Ma la fiamma del disgelo sarà il vecchio amore ritrovato, duro a sciogliersi anch’esso per via dei rancori del passato.

Recensione 50 Primavere, #”50 Primavere” e poi solo inverno.

I cappi al collo di Aurore si fanno malinconici abiti da sera, e la malinconia è scandita battuta dopo battuta dalla splendida colonna sonora di Bertrand Belin, collaboratore dell’autrice già per i precedenti film. Fanno corpo nel progetto della signora Lenoir anche gli interventi di materia antropologica che impegnano il discorso su un cammino verticale, ma che non dimentica mai il pratico e il fattuale, la reale vita vissuta da donne mature che non sanno ancora bene cosa fare con la propria maturità.