Finalmente arriva in Italia il film palma d’oro trionfante allo scorso festival di Cannes. The Square di Ruben Östlund è un ordigno che brilla sotto la parola capolavoro.

Christian è il curatore di un importante museo di arte contemporanea di Stoccolma. Una mattina, sulla strada per il lavoro, soccorre una donna in pericolo e si scopre derubato del telefono e del portafoglio. Al museo, intanto, lui e la sua squadra stanno lavorando all’inaugurazione di una mostra, che prevedere l’installazione dell’opera “The Square”: un quadrato delimitato da un perimetro luminoso all’interno del quale tutti hanno uguali diritti e doveri, un “santuario di fiducia e altruismo”

Che poi Östlund è sempre stato uno che prometteva bene. Se già con Forza Maggiore, presentato ancora a Cannes ma nella sezione Un Certain Regard aveva dato più che buone impressioni, raccogliendo consensi e facendosi perfino paragonare a Michael Haneke, questa volta Östlund ha rincarato la dose ed è andato giù pesante con l’affondo, proprio come piace fare alla nuova nouvelle vague dei paesi bassi. Sempre ironici e a tratti grotteschi, i quadri di Ruben Östlund sono dei tableau vivant zoommati, ingranditi al dettaglio. Nel dettaglio di Östlund però c’è tutto, ma proprio tutto. La famosa parte per il tutto. Già il fatto che il soggetto, in modo assai laterale, è un quadrato sul pavimento con la scritta “Il Quadrato è un santuario di fiducia e altruismo. Al suo interno tutti dividiamo gli stessi diritti e doveri” è già tutto un dire. Il quadrato di Östlund, quello portato al museo da Christian, è un po’ la stessa società vista al dettaglio, con le sue contraddizioni, le ipocrisie e simili. Stupefacente, e non limitante, banale e scontato, è il fatto che l’autore decida di metterci tutto sotto il naso fin da subito, senza forse e senza ma, anticipando già dall’inizio il fatto che all’interno della sua pellicola non vedremo altro che contraddizioni, non vi saranno colpi di scena e le furbizie saranno ridotte a zero. The Square è un film sincero, che a partire dalla sua sincerità può davvero innescare delle mine paurose, facendo implodere messaggi affatto criptici ma alla portata dell’occhio, come in una galleria d’arte in cui è possibile mettere mano sull’opera stessa.

Insomma, un cerchio dell’altruismo dove sui margini si muovono barboni ignorati e uomini in carriera che non fanno segreto delle proprie viltà, come il portare a letto una giovane giornalista usando il proprio potere come leva. Poi spingere giù dalle scale un ragazzino insistente, provare di continuo a difendersi anche nelle posizioni più scomode pur di non ammettere d’avere torto. Scaricare compiti e responsabilità sugli altri, assumendo solo onori e mai oneri. Questo è The Square, un vero e proprio quadrato umaneggiante in cui sono compressi i movimenti non della specie più abbietta, ma un paio di gradini più in alto, verso la superficie. Un concentrato di atteggiamenti quotidiani, irritazioni nei confronti del prossimo, allergie per il confronto e il dibattito.

Ad un secondo livello, Ruben Östlund è in grado di inserire un discorso sul mondo artistico, in particolare sull’arte concettuale della contemporaneità. Dipinge pubblico ed espositore come giocolieri con delle palline che svolazzano e poi scompaiono, messe nel baule dei trucchetti di magia. Ma la critica di Östlund è inclemente, rabbiosa e furente. Sarà uno spettacolo assistere ad una delle sequenze più sanguigne e carnali in omaggio dell’interpretazione teatrale che il cinema abbia mai offerto prima. Parliamo di una sequenza che da sola vale il prezzo del biglietto. Come un cane furioso risvegliato da un tormentoso sonno, l’arte pura e spasmodica si fa aggressiva, ansima, incute timore e costringe il pubblico borghese ad una fuga repentina o ad una reazione altrettanto aggressiva. Dove l’arte si fa accomodamento, capriccio insensibile, incatenata e chiusa tra mura compiacenti, ad un certo punto giunge per necessità il dovere dell’arte di ruggire, tuonare nell’eco delle sale e ricordare i propri connotati, la propria contraddizione e il suo essere costante scontro tra parti organizzato in modo armonico.

Il colpo di coda finale della pellicola quasi sembra risollevare i burattini che l’autore per tutto il film ha intinto nella melma quotidiana. Ma credere al velo salvifico che il regista svedese posa con delicatezza prima del sipario è pura ingenuità. Per Ostlund , e questo deve suonare chiaro, non c’è via di scampo. Per oggi potrai anche abbozzare una mezza redenzione, ma domani ricadrai ancora, sarai ancora lì ad ammirare il quadrato, qualcosa che in realtà è un blocco che non si lascia attraversare e calpestare davvero da nessun essere umano.

The Square è una bomba a orologeria impostata con timer a lungo periodo, un missile sempre preannunciato e che nonostante tutto, al momento dell’esplosione, sa cogliere tutti di sorpresa. Proprio come i fuochi d’artificio al primo dell’anno.