L’Unipol Forum di Assago trasformato in un tempio dell’emozione, dove oltre diecimila persone provenienti da ogni angolo del pianeta si sono ritrovate per assistere alla prima data italiana del Funny Little Fears World Tour. Una serata che ha segnato un passaggio cruciale nella carriera di Damiano David, il frontman dei Måneskin che ha scelto di camminare da solo, almeno per ora, su un sentiero musicale tutto suo. Milano ha trattenuto il fiato quando, alle 21.01 precise, i led hanno illuminato quel nome che da anni fa vibrare gli stadi: Damiano David. Nient’altro. Solo lui, la sua voce, le sue paure diventate canzoni.
Il palco minimalista ed essenziale parlava da sé: nessuna sovrastruttura, nessun eccesso visivo. Come se l’artista romano avesse voluto dire al mondo che questa volta non serviva altro se non la sostanza della musica, l’autenticità del momento. E quando le prime note di “Born with a Broken Heart” hanno squarciato il silenzio, è stato chiaro che quella sera sarebbe stata diversa da qualsiasi altra. Damiano è apparso quasi nascosto dietro luci psichedeliche insistenti, come se quella timidezza dichiarata davanti al pubblico italiano – “L’Italia è l’unico posto che ancora mi fa cagare sotto” – fosse reale, tangibile, quasi commovente per chi lo ricorda spavaldo sul palco dell’Eurovision 2021.
Dal glam rock di strada alla conquista del mondo: la parabola di un’icona generazionale
La storia di Damiano David inizia nelle strade di Roma, dove un ragazzo con la voce ruvida e gli occhi pieni di sogni cantava cover insieme ai suoi compagni d’avventura. Era il 2016 quando i Måneskin nascevano quasi per gioco, tra le vie del centro storico e i locali underground della capitale. Il nome, scelto dalla bassista Victoria De Angelis in onore delle sue origini danesi, significa “chiaro di luna”. E come la luna, la band ha attraversato fasi, crescendo fino a diventare il fenomeno planetario che oggi tutti conosciamo.
La vittoria a X Factor nel 2017, poi Sanremo 2021 con “Zitti e buoni”, infine l’esplosione globale post-Eurovision che ha portato i Måneskin a suonare in ogni continente, collaborando con leggende viventi come Iggy Pop e aprendo i concerti dei Rolling Stones. Damiano è diventato l’incarnazione di una generazione che non si accontenta, che vuole gridare la propria identità senza chiedere permesso. Eppure, proprio quando tutto sembrava perfetto, qualcosa dentro di lui si è spezzato.
“Questo disco mi ha fatto capire che ero triste perché la mia vita era perfetta ma non era la mia idea di perfezione”, ha confessato al pubblico milanese. Parole che pesano come macigni, pronunciate da un ventiseienne che potrebbe sembrare aver già conquistato tutto. Ma la perfezione degli altri, quella costruita sulle aspettative altrui, può diventare una gabbia dorata. E Damiano ha scelto di aprire quella gabbia, non per scappare dai Måneskin, ma per comprendere se stesso prima di tornare.
Una scaletta che racconta il dolore trasformato in bellezza
Il concerto al Forum è stato diviso in capitoli, come un romanzo che si svela pagina dopo pagina. La prima parte rappresenta quegli anni iniziali in cui tutto era facile, spontaneo, quasi magico. Poi è arrivata la consapevolezza, il peso del successo, la sensazione di non essere compreso fino in fondo. Damiano ha costruito la sua setlist come una confessione pubblica, alternando brani più intimisti come “Voices” e “Talk to Me” – quella che la piccola Olivia, otto anni al suo primo concerto, aspettava con trepidazione di cantare insieme alla mamma – a esplosioni di energia pura come “Zombie Lady” e “Tango”.
Quest’ultimo brano ha suscitato in Damiano un sorriso beffardo: “Sui social mi hanno preso in giro per questo pezzo, ora che sto facendo un tour mondiale piace a tutti”. Una stoccata ai detrattori che non manca mai, accompagnata però da quella vulnerabilità che lo rende umano. Durante “Tangerine”, il brano che più ama eseguire dal vivo, l’artista si è lasciato andare urlando “Quanto cazzo sono forte”, un momento di presunzione giovanile che il pubblico ha accolto con affetto, nonostante qualche imperfezione vocale. Perché Damiano David non è la perfezione tecnica cristallizzata: è sudore, passione, contraddizione vivente.
Di seguito la scaletta del concerto
- Born With a Broken Heart
- The First Time
- Mysterious Girl
- Voices
- Cinnamon
- Locked Out of Heaven
- Talk to Me
- Nothing Breaks Like a Heart
- Perfect Life
- La nuova stella di Broadway
- Sick Of Myself
- The Bruise
- Tangerine
- Zombie Lady
- Angel
- Tango
- Over
- Mars
- The First Time
- Naked / Solitude (No One Understands Me)
L’omaggio alle radici: quando Cesare Cremonini ha illuminato la notte
Ma il momento che ha fatto tremare l’intera arena è arrivato durante “La nuova stella di Broadway”, quando sul palco è apparso Cesare Cremonini. Un incontro tra generazioni diverse della musica italiana, un ponte gettato tra il cantautorato tradizionale e la nuova ondata pop-rock internazionale. Cremonini, visibilmente commosso, si è rivolto al pubblico con parole che hanno toccato corde profonde: ha detto di amare Damiano perché dentro il suo animo ci sono le stelle ma anche la strada, quella stessa strada dove tutto è cominciato.
È stato un omaggio alle radici, al percorso che ha portato un ragazzo di Roma a esibirsi davanti a platee oceaniche in ogni angolo del mondo. Damiano stesso ha voluto ricordare quegli inizi: “La mia carriera è iniziata cantando cover per strada, mi piace farle”. E infatti la cover di “Locked Out of Heaven” di Bruno Mars ha acceso l’entusiasmo generale, dimostrando che l’artista non dimentica mai da dove viene, anche mentre vola verso nuovi orizzonti musicali.
Funny Little Fears: l’album che esorcizza i fantasmi
“Funny Little Fears”, il primo album solista pubblicato a maggio, è molto più di una collezione di canzoni. È un atto terapeutico, un modo per esorcizzare quelle piccole paure divertenti che danno il titolo al progetto. Ogni brano respira l’amore, quello vissuto e quello perduto, soprattutto il sentimento per Dove Cameron che permea buona parte della tracklist. Ma c’è anche l’amore per se stesso, quello più difficile da trovare quando il mondo intero ti guarda e ti giudica.
Prodotto in parte da Labrinth, il disco segna una direzione musicale diversa rispetto al rock graffiante dei Måneskin. Qui troviamo sonorità più morbide, influenze soul, momenti quasi sussurrati che si alternano a crescendo emotivi. “Perfect Life” segna l’inizio della seconda parte dello show, quando le luci psichedeliche finalmente si placano lasciando spazio a un’atmosfera più intima. È in questi momenti che Damiano mostra la sua evoluzione artistica, la capacità di modulare le emozioni senza bisogno di volume o effetti speciali.
Le polemiche sui Måneskin: chiarire per andare avanti
Impossibile non affrontare l’elefante nella stanza. Dopo le dichiarazioni sul palco di Londra che avevano fatto temere litigi interni e una reunion sempre più lontana, Damiano ha sentito il bisogno di chiarire davanti al suo pubblico italiano. “Canto da solo non perché con i Måneskin ci odiamo o l’amore è finito – ha spiegato con voce ferma – ma perché solo io potevo risolvere quello che sentivo dentro. Era un problema mio, non della band”.
Parole ripetute più volte durante la serata, come a voler rassicurare non solo i fan ma anche se stesso. La decisione di intraprendere questo percorso solista non è stata dettata da conflitti o incomprensioni con Victoria, Thomas e Ethan, ma dalla necessità di conoscersi meglio, di capire chi è Damiano David quando non è il frontman dei Måneskin. Un atto di coraggio che richiede maturità, soprattutto a ventisei anni, quando si potrebbe semplicemente cavalcare l’onda del successo senza farsi troppe domande.
Uno show senza Måneskin ma pieno di significato
La scelta di non inserire nemmeno un brano dei Måneskin nella scaletta è stata netta, quasi radicale. Venti canzoni che raccontano esclusivamente il percorso solista, dalla opening “Born with a Broken Heart” fino al finale emozionante con “Naked/Solitude”. Un messaggio chiaro: questo tour non è un contentino ai fan, non è un diversivo in attesa del ritorno della band. È un capitolo a sé stante, meritevole di attenzione e rispetto.
Il pubblico internazionale presente al Forum – si sentivano conversazioni in inglese, spagnolo, francese, tedesco – ha dimostrato che Damiano ha costruito una fanbase propria anche come solista. Coppie, gruppi di amici, ragazzini che dovevano svegliarsi presto per andare a scuola il giorno dopo: tutti uniti dalla stessa voglia di vivere quell’esperienza. L’artista si è presentato elegantissimo con due abiti Emporio Armani e uno Valentino, confermando che l’attenzione per l’estetica resta un elemento fondante della sua identità scenica.
Verso Roma: l’attesa per le date capitoline
Dopo il trionfo milanese, tutto sold out come le successive date romane, l’attenzione si sposta ora sul Palazzo dello Sport della Capitale. L’11 e 12 ottobre Damiano tornerà nella sua città, quella dove tutto è cominciato, dove le strade conoscono il suono della sua voce da quando era poco più di un adolescente. Roma rappresenta sempre qualcosa di speciale per ogni artista che ha iniziato lì, ma per Damiano avrà un sapore ancora più intenso: sarà il ritorno a casa da solista, davanti a un pubblico che lo conosce nelle sue sfumature più intime.
Le aspettative sono altissime. Se Milano ha dimostrato che il progetto funziona anche lontano dalla protezione della band, Roma dovrà confermare che Damiano David può reggere il peso emotivo di esibirsi come solista nella città che lo ha visto crescere artisticamente. Il doppio appuntamento capitolino promette sorprese: dopo Cesare Cremonini a Milano, chi potrebbe salire sul palco nella Città Eterna? E soprattutto, come reagirà quel pubblico romano notoriamente esigente e passionale di fronte alle nuove canzoni del loro beniamino?
Un artista in divenire che non ha paura di cadere
Quello che emerge con forza da questa prima data italiana è l’immagine di un artista coraggioso, disposto a mettersi in gioco anche a costo di sembrare fragile. Damiano avrebbe potuto continuare a cavalcare l’onda dei Måneskin ancora per anni, riempiendo stadi senza interrogarsi troppo. Invece ha scelto la strada più difficile, quella dell’introspezione pubblica, del mettersi a nudo davanti a migliaia di persone.
“Ho 26 anni e sto provando cose – ha detto dal palco – Mi piace vivere la mia seconda vita iniziata con questo disco perché ho capito tante cose e adesso è qualcosa di molto vicino alla mia idea di perfezione”. Non la perfezione raggiunta, ma quella verso cui tendere. Un processo in divenire, come dovrebbe essere per ogni artista che si rispetti. E quando alla fine dello show ha ringraziato il pubblico confondendosi tra italiano e inglese – “Thank you ladies and gentlemen… Oh scusate, mi si è spento il cervello. Grazie signore e signori, non prendetemi in giro!” – quella gaffe è stata forse il momento più autentico dell’intera serata.
Perché Damiano David, con tutte le sue contraddizioni, le sue piccole paure divertenti, la sua voglia di essere compreso e la sua necessità di sperimentare, rappresenta alla perfezione l’incertezza della gioventù contemporanea. Una generazione che rifiuta le etichette, che vuole provarle tutte prima di scegliere, che non ha paura di cadere perché sa che anche il fallimento è parte del percorso. E in un’epoca in cui tutto sembra già scritto, già confezionato, già previsto, questa libertà diventa rivoluzionaria.

Appassionata di musica, racconto storie, emozioni e tendenze che vibrano nel mondo sonoro di oggi. Attraverso interviste, recensioni e approfondimenti, esploro generi diversi, dal mainstream alle scene indipendenti, con uno sguardo attento ai talenti emergenti e alle icone della musica internazionale. Amo immergermi nelle note e nei testi per offrirne una lettura originale e coinvolgente, capace di raccontare non solo i brani, ma anche le storie dietro gli artisti e le influenze che plasmano le loro opere. Con uno stile fresco e appassionato, cerco di trasmettere al pubblico l’energia e la magia della musica, strumento di cultura, emozione e condivisione universale.