Dopo sette lunghi anni di silenzio, i Radiohead hanno finalmente annunciato il loro ritorno sui palchi europei con un tour che rappresenta molto più di una semplice serie di concerti: è il risveglio di una delle band più influenti degli ultimi trent’anni. Dal 4 novembre al 12 dicembre 2025, il quintetto di Oxford attraverserà cinque città europee con venti date che promettono di essere l’evento musicale dell’anno.
La notizia del tour ha scatenato una vera e propria febbre da biglietto in tutto il continente, tanto che la band ha dovuto implementare un sistema di vendita rivoluzionario per garantire equità ai fan. Un approccio che riflette perfettamente la filosofia dei Radiohead: sempre attenti al rapporto con il pubblico, sempre pronti a sperimentare anche negli aspetti più pratici della loro carriera.
Dalle aule scolastiche di Oxford alla conquista del mondo
La storia dei Radiohead inizia nei corridoi della Abingdon School nell’Oxfordshire, dove cinque adolescenti si ritrovano ogni venerdì pomeriggio per suonare insieme. È il 1985 quando Thom Yorke, Jonny Greenwood, Ed O’Brien, Colin Greenwood e Phil Selway decidono di chiamarsi “On a Friday”, un nome che riflette la semplicità di quei primi incontri musicali. Nessuno di loro poteva immaginare che quel gruppo nato quasi per gioco sarebbe diventato una delle formazioni più innovative della storia del rock.
Il cambio di nome arriva nel 1992, quando la band sceglie “Radiohead” ispirandosi al brano dei Talking Heads “Radio Head”. È l’inizio di una trasformazione che li porterà ben oltre i confini del rock tradizionale. La formazione è composta da Thom Yorke alla voce e chitarra, con Jonny Greenwood alle chitarre e alla sperimentazione elettronica, Ed O’Brien alle chitarre, Colin Greenwood al basso e Phil Selway alla batteria.
L’esplosione di “Creep” e la maledizione del successo precoce
Il 1992 segna una svolta decisiva con l’uscita di “Creep”, un brano che diventerà il loro biglietto da visita ma anche, paradossalmente, un peso da cui la band cercherà di liberarsi per anni. Il loro singolo di debutto “Creep” rimane il loro maggiore successo, entrando nelle top 10 di diversi paesi. La canzone, con il suo ritornello malinconico e le chitarre distorte di Jonny Greenwood, cattura l’alienazione di un’intera generazione.
Ma i Radiohead non vogliono essere ricordati solo per quella canzone. L’album di debutto “Pablo Honey” del 1993, pur raggiungendo il successo commerciale, viene vissuto dalla band come una gabbia dorata. Thom Yorke arriverà a definire “Creep” come “la nostra canzone più odiata”, non per la qualità intrinseca del brano, ma per il rischio di rimanere intrappolati in quella formula per sempre.
La rinascita artistica con “The Bends”
La vera identità artistica dei Radiohead emerge con “The Bends” nel 1995. Il loro secondo album, The Bends, pubblicato nel marzo 1995, raggiunse il quarto posto nel Regno Unito ed è certificato triplo platino. Questo disco rappresenta una maturazione stilistica straordinaria: le melodie diventano più complesse, le atmosfere più dense, e la band inizia a sperimentare con sonorità che anticipano le rivoluzioni future.
Brani come “Fake Plastic Trees” e “High and Dry” mostrano una band in evoluzione, capace di creare paesaggi sonori emotivamente devastanti ma musicalmente raffinati. È qui che inizia a delinearsi quella tensione tra bellezza e angoscia che diventerà il marchio di fabbrica dei Radiohead.
“OK Computer”: il manifesto di un nuovo millennio
Se “The Bends” aveva mostrato le potenzialità della band, “OK Computer” del 1997 le realizza completamente. Con la pubblicazione di OK Computer del 1997, i Radiohead erano tra le band più seguite del decennio. L’album è una profezia sonora dell’alienazione digitale, una critica feroce alla società ipertecnologica che stava nascendo.
Il titolo originale di OK Computer era “Zeroes and Ones”, o “01”, un dettaglio che rivela l’ossessione della band per i codici binari e la digitalizzazione della vita umana. Brani come “Paranoid Android” e “No Surprises” dipingono un futuro distopico dove l’uomo è schiacciato dalla tecnologia, temi che oggi suonano profetici.
Un aneddoto curioso riguarda le sessioni di registrazione: la band aveva affittato una villa vittoriana nel Gloucestershire, Canned Applause, dove il fantasma del passato si mescolava con le visioni del futuro. Thom Yorke ha raccontato di come l’atmosfera spettrale del luogo abbia influenzato le sonorità dell’album, creando quella sensazione di inquietudine che permea ogni traccia.
La rivoluzione elettronica di “Kid A”
Nel 2000 arriva “Kid A”, un album che spacca in due la carriera dei Radiohead e divide critica e pubblico. La band abbandona completamente le chitarre tradizionali per immergersi nell’elettronica, nel sampling e nella sperimentazione più estrema. È un gesto di coraggio artistico che pochi gruppi del loro calibro si sarebbero permessi.
Jonny Greenwood diventa il maestro di questa trasformazione, utilizzando l’Ondes Martenot, strumento elettronico degli anni ’20, per creare texture sonore mai sentite prima nel rock. L’influenza di artisti come Aphex Twin e Autechre è evidente, ma i Radiohead riescono a filtrare queste suggestioni attraverso la loro sensibilità unica.
La scelta di non pubblicare singoli da “Kid A” e di promuovere l’album attraverso dei cortometraggi animati rappresenta un’altra rottura con l’industria musicale tradizionale. La band vuole che l’album venga ascoltato nella sua interezza, come un viaggio sonoro completo.
“In Rainbows” e la rivoluzione del pay-what-you-want
Il 2007 segna un altro momento storico con “In Rainbows”, non solo per la qualità musicale ma per il modello distributivo rivoluzionario. La band decide di rendere l’album disponibile per il download diretto dal loro sito, permettendo ai fan di pagare quanto desiderano, compreso zero. I Radiohead annunciarono In Rainbows dieci giorni prima della pubblicazione. In Rainbows ha solo dieci tracce.
Questa mossa scuote l’industria musicale e apre un dibattito globale sui diritti d’autore nell’era digitale. Ma al di là dell’aspetto commerciale, “In Rainbows” rappresenta il perfetto equilibrio tra la sperimentazione elettronica e l’approccio più tradizionale della band. In Rainbows rappresenta il perfetto compromesso tra il capolavoro alt rock classico di OK Computer e gli esperimenti elettronici brasiliani di Kid A.
Esiste una teoria affascinante secondo cui “In Rainbows” e “OK Computer” siano stati concepiti come un album doppio. Gli album sono stati pubblicati a dieci anni di distanza, e ascoltati in sincrono creerebbero un’esperienza musicale unica. Che sia intenzionale o meno, questa teoria dimostra l’ossessione dei fan per ogni dettaglio dell’universo Radiohead.
Gli anni del silenzio e i progetti paralleli
Dopo “A Moon Shaped Pool” del 2016, i Radiohead sono entrati in una fase di apparente silenzio che ha alimentato speculazioni e attese. In realtà, i membri della band non sono mai stati inattivi. Thom Yorke ha proseguito la sua carriera solista e ha formato The Smile insieme a Jonny Greenwood e al batterista Tom Skinner dei Sons of Kemet.
The Smile hanno fatto tour internazionali tra il 2022 e il 2024, pubblicando gli album A Light for Attracting Attention (2022), Wall of Eyes (2024) e Cutouts (2024). Questi progetti hanno permesso ai musicisti di esplorare territori sonori diversi, arricchendo il bagaglio espressivo che ora riportano nei Radiohead.
Nel 2024, il bassista Colin Greenwood ha confermato che i Radiohead si sono riuniti in uno studio londinese per provare vecchie canzoni, alimentando le speculazioni su un possibile ritorno che si è concretizzato con l’annuncio del tour europeo.
Il ritorno: un tour costruito sui fan
Il tour 2025 rappresenta molto più di una semplice serie di concerti: è un manifesto di come una band possa mantenere il controllo sulla propria carriera e sul rapporto con il pubblico. Il sistema di prevendita implementato dai Radiohead è rivoluzionario: registrazione obbligatoria, un solo concerto per persona, distribuzione geografica equa dei biglietti.
Questo approccio riflette la filosofia della band: sempre dalla parte dei fan, sempre contro la speculazione. I prezzi fissi, la lotta ai bagarini, la donazione automatica a Medici Senza Frontiere dimostrano come i Radiohead abbiano mantenuto intatti i valori che li hanno sempre contraddistinti.
Le venti date si concentrano in cinque città – Madrid, Bologna, Londra, Copenhagen e Berlino – con quattro serate per ogni location. Una scelta che permette ai fan locali di avere maggiori possibilità di partecipare, mentre chi vuole viaggiare può comunque tentare la fortuna. Bologna, unica tappa italiana, diventa così un punto di riferimento per tutto il pubblico del Sud Europa.
L’eredità immortale dei maestri del suono
I Radiohead hanno venduto circa 40 milioni di dischi in tutto il mondo, ma i numeri raccontano solo una parte della loro storia. La vera eredità della band risiede nell’aver dimostrato che il rock può evolversi, contaminarsi, sperimentare senza perdere la propria identità.
Ogni loro album ha segnato un’epoca, influenzato intere generazioni di musicisti, aperto strade che altri hanno poi percorso. Dalla malinconia grunge di “Creep” alle visioni distopiche di “OK Computer”, dalla rivoluzione elettronica di “Kid A” alla generosità digitale di “In Rainbows”, i Radiohead hanno sempre anticipato i tempi.
Il loro ritorno live nel 2025 non è solo un evento musicale, ma un momento di riflessione collettiva su cosa significhi fare musica nell’era dell’intelligenza artificiale e dei social media. In un mondo sempre più veloce e superficiale, i Radiohead rappresentano la profondità, la ricerca, l’arte che non scende a compromessi.

Appassionata di musica, racconto storie, emozioni e tendenze che vibrano nel mondo sonoro di oggi. Attraverso interviste, recensioni e approfondimenti, esploro generi diversi, dal mainstream alle scene indipendenti, con uno sguardo attento ai talenti emergenti e alle icone della musica internazionale. Amo immergermi nelle note e nei testi per offrirne una lettura originale e coinvolgente, capace di raccontare non solo i brani, ma anche le storie dietro gli artisti e le influenze che plasmano le loro opere. Con uno stile fresco e appassionato, cerco di trasmettere al pubblico l’energia e la magia della musica, strumento di cultura, emozione e condivisione universale.



































