Il teatro si fa tempio della psichedelia quando la musica dei Pink Floyd incontra la memoria del suo genio perduto. Al Teatro Lirico Giorgio Gaber, martedì 28 ottobre alle 20.30, debutta in prima milanese “Wish You Were Here”, lo spettacolo che celebra mezzo secolo di uno degli album più iconici della storia del rock.
Un tributo al genio folle
Non è un semplice concerto tributo, ma un’esperienza che intreccia musica e teatro per raccontare la storia di Syd Barrett, il fondatore visionario dei Pink Floyd costretto ad abbandonare la band nel pieno della giovinezza. Il concept album del 1975, a lui dedicato, diventa il pretesto per un viaggio nell’anima tormentata di un artista geniale, consumato dalla schizofrenia e dall’abuso di sostanze.
Marco Rampoldi, dopo il successo dello spettacolo su “The Dark Side of the Moon”, torna con la sua band per ricreare l’atmosfera ipnotica di quell’epoca irripetibile. Sul palco, otto musicisti e tre coriste restituiscono ogni sfumatura dell’album originale, mentre Matteo Pisu interpreta Barrett, dando volto e voce al fantasma che aleggia in ogni nota.
Tra fedeltà filologica e drammaturgia
La forza dello spettacolo sta nell’equilibrio tra rigore e teatro. L’esecuzione integrale del disco si intreccia con la drammaturgia di Paola Ornati, che racconta il rapporto straziante tra la band e il suo fondatore perduto. Filmati originali proiettano le traduzioni complete dei testi, permettendo al pubblico italiano di cogliere ogni riferimento, ogni sfumatura poetica di canzoni diventate inni generazionali.
Non mancano le incursioni nel periodo Barrett, quando i Pink Floyd erano ancora una psych band sperimentale, insieme ai brani imprescindibili del repertorio successivo. Un percorso musicale che attraversa decenni e trasformazioni, tenendo sempre al centro quella presenza-assenza che ha segnato per sempre la storia della band.

Direttore editoriale di nonewsmagazine.com | Il magazine dell’ozio e della serendipità.
Direttore responsabile di No News | La free press dell’ozio milanese.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare agli amori sofferti tra le campagne inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo, c’è chi lo chiama “il fondamentalista del Loggione”. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita, tuttavia, rimane la Tosca.





































