Tra le pieghe dell’entroterra savonese, dove le montagne calcaree della Val Varatella digradano verso il mare, esiste un luogo in cui dicembre non è semplicemente un mese del calendario. È un’esperienza sensoriale, un viaggio nel tempo, un rituale collettivo che trasforma ogni angolo, ogni portone, ogni finestra in un frammento di storia sacra. Toirano, borgo medievale di tremila anime incastonato a pochi chilometri dalla costa, diventa durante le festività natalizie il più straordinario museo diffuso del presepe in Italia, con oltre 180 rappresentazioni della Natività disseminate nei caruggi del centro storico e nelle frazioni di Barescione e Dari.
Qui non troverete competizioni né giurie, solo un dono spontaneo alla comunità. Ogni abitante diventa custode di una tradizione che affonda le radici nell’anima popolare ligure, quella stessa che ha dato vita ai celebri “macachi” albisolesi e che oggi continua a pulsare nelle mani sapienti di artigiani, famiglie e appassionati.
La nascita di una tradizione rinata
La manifestazione prese forma nel 1997, quando due cittadini, Orlando Boccone ed Ernesto Bacchetti, decisero di esporre i loro presepi, riportando in vita un’usanza dell’inizio del Novecento quando molte famiglie toiranesi allestivano il presepe davanti a casa, rendendolo parte integrante della vita comunitaria. Quello che iniziò come un modesto omaggio alla memoria si è trasformato, anno dopo anno, in una rassegna che richiama visitatori da tutta Italia e oltre.
Il fenomeno ha trovato un alleato prezioso nel Museo Etnografico della Val Varatella, istituzione che dal 1997 custodisce la memoria materiale di questo territorio all’interno del seicentesco Palazzo D’Aste Del Carretto. Il museo non è solo un contenitore di oggetti antichi, ma un ponte vivente tra passato e presente, tra la cultura contadina delle valli e l’arte presepiale che ha reso celebre la Liguria di ponente.
Un itinerario tra materia e memoria
Camminare per Toirano nel periodo natalizio significa entrare in una dimensione in cui il sacro e il quotidiano si fondono senza soluzione di continuità. I presepi non sono relegati a spazi espositivi formali: sbucano da un’edicola in pietra, brillano dietro una finestra illuminata, si nascondono in cortili silenziosi dove il tempo sembra essersi fermato. Una mappa distribuita dal museo guida i visitatori attraverso questo labirinto di narrazioni, indicando posizione, autore e numero di ogni allestimento.
La varietà è straordinaria. Alcuni presepi seguono il canone classico della tradizione ligure, con le figure disposte secondo la gerarchia devozionale tramandata da secoli. Altri osano interpretazioni contemporanee, utilizzando materiali di recupero trasformati in scenografie sorprendenti: legno invecchiato dal mare, vetri colorati, cartapesta modellata, ceramiche, metalli ossidati. Ogni materiale racconta una storia, ogni scelta estetica rivela un frammento dell’identità del suo creatore.
Non si tratta di una gara ma di un dialogo corale, un’espressione di quella che gli antropologi chiamerebbero “arte popolare partecipata”. Qui il presepe non è un prodotto da consumare, ma un gesto da condividere, un patrimonio vivo che si rinnova attraverso le mani e l’immaginazione di chi lo crea.
I macachi: l’arte povera che divenne tesoro
Per comprendere appieno la tradizione presepiale ligure, è necessario sostare al Museo Etnografico e immergersi nella storia dei “macachi” albisolesi, le statuine di terracotta dipinta a freddo che rappresentano l’espressione più autentica della devozione popolare savonese.
Il termine “macachi” nacque come dispregiativo affibbiato dai ceramisti alle statuine create dalle donne popolane, le figurinaie, che lavoravano con gli scarti della terra delle fabbriche di pignatte. Ma quello che iniziò come un epiteto spregiativo si trasformò in un marchio d’orgoglio. Queste figure semplici, con i loro tratti elementari – occhi e bocca ridotti a puntini, guance rosate, corpi un po’ goffi – incarnano una rivoluzione silenziosa: il presepe che da arte aristocratica divenne patrimonio del popolo.
La loro storia si intreccia con i grandi eventi della storia europea. Prima dei macachi esisteva una tradizione presepiale colta con statue in legno di grandi dimensioni commissionate da nobili e clero, ma con gli editti napoleonici e il diffondersi del laicismo settecentesco, quelle rappresentazioni furono messe al bando. Le donne delle classi più umili – mogli, madri e figlie dei lavoratori nelle fornaci – reagirono creando in silenzio, nei piani terra delle loro abitazioni, piccole figure di terracotta che raccontavano la Natività con lo sguardo della gente comune.
Le statuine venivano realizzate utilizzando stampi bivalvi in gesso, riempiti di creta, poi asciugate, cotte e dipinte a freddo con colori brillanti. Il 13 dicembre, festa di Santa Lucia, le figurinaie percorrevano la strada sterrata fino a Savona per vendere i loro macachi alla fiera, sperando di non dover riportarne a casa nessuno. Con quel ricavato acquistavano beni alimentari altrimenti inaccessibili durante l’anno.
Al museo di Toirano si conservano esemplari di fine Ottocento e inizio Novecento, testimonianze di una pratica artigianale che rischiò l’estinzione nel secondo dopoguerra, quando la plastica rese obsolete queste fragili creature di terracotta. Solo la dedizione di poche famiglie – come quella dei Basso, che tramandano l’arte presepiale da sette generazioni – ha permesso ai macachi di giungere fino a noi.
Il piano nobile: quando il presepe diventa arte
Al piano superiore del Palazzo D’Aste Del Carretto, nelle sale di rappresentanza un tempo abitate dalla nobiltà locale, il presepe cambia registro. Qui sono esposti due allestimenti di straordinario valore artistico: un presepe di fine Settecento con figure in cera provenienti da una collezione privata, e una natività dedicata ai Santons provenzali, le statuine francesi che condividono con i macachi liguri origini popolari e una somiglianza estetica che suggerisce radici comuni.
Questi presepi aristocratici dialogano con gli umili macachi del piano inferiore, creando un contrasto che è anche un racconto: il racconto di come la devozione attraversi le classi sociali, di come l’arte possa nascere tanto nelle botteghe dei grandi maestri quanto nelle mani callose delle figurinaie.
La collezione del museo include anche oggetti devozionali dei secoli XVIII, XIX e XX: piccoli capolavori in carta, legno, cera e altri materiali poveri che trasmettono una spiritualità concreta, radicata nel territorio e nelle sue difficoltà. Sono testimonianze di una fede che non ha bisogno di sfarzo per esprimersi, che trova nell’essenziale la sua forza più autentica.
Un territorio tra grotte e borghi medievali
Toirano non è solo presepi. Il borgo si trova nel cuore di una valle selvaggia abitata probabilmente fin dall’epoca preistorica, ricca di rocce calcaree, di oltre cinquanta cavità naturali censite, tra cui le celebri Grotte di Toirano che costituiscono la maggiore attrazione turistica della zona. Poco distante si trova il Santuario rupestre di Santa Lucia, un gioiello del XV secolo incastonato nella roccia, meta di pellegrinaggi e di suggestive celebrazioni come la fiaccolata degli speleologi che si tiene ogni dicembre.
L’abbazia di San Pietro dei Monti, di epoca carolingia, sorge a 891 metri di altitudine e secondo la leggenda vide il transito dell’apostolo Pietro. Dal piazzale dell’abbazia, come dal vicino monte Carmo, lo sguardo abbraccia tutta la costa ligure, un panorama che nelle giornate limpide raggiunge la Corsica.
La Val Varatella è un territorio che conserva intatta un’identità forte, fatta di borghi medievali come Zuccarello con il suo ponte in pietra sul fiume Neva, di testimonianze architettoniche che parlano di marchesi Del Carretto e vescovi di Albenga, di natura selvaggia dove sono tornati a vivere i lupi dopo un secolo di assenza. È una Liguria meno nota, lontana dalle folle della Riviera, ma proprio per questo più autentica, più capace di custodire le sue memorie.
Il Natale come atto di comunità
Quello che rende unico il Natale a Toirano non è tanto la quantità dei presepi – pur impressionante – quanto lo spirito che anima questa pratica collettiva. Non ci sono premi, non ci sono vincitori. Ogni presepe è un contributo alla bellezza comune, un gesto che dice: “Questo è il mio dono alla comunità, alla memoria, al futuro”.
Questo approccio non competitivo crea un’atmosfera particolare. I visitatori non sono spettatori passivi ma partecipanti di un rituale condiviso. Camminare tra i caruggi significa diventare parte di una narrazione che si rinnova da secoli, sentirsi accolti in uno spazio dove il Natale non è ridotto a consumo ma restituito alla sua dimensione originaria di festa comunitaria, di tempo sospeso dedicato alla bellezza e alla contemplazione.
Le famiglie toiranesi investono tempo ed energia nella creazione dei loro presepi. Alcuni lavorano mesi per realizzare scenografie elaborate, altri scelgono la semplicità di poche figure essenziali. Ma tutti condividono la stessa cura affettuosa, la stessa consapevolezza di essere anelli di una catena che viene dal passato e si proietta nel futuro.
È questa dimensione intergenerazionale a fare la differenza. I nonni trasmettono ai nipoti tecniche, storie, la disposizione corretta delle figure secondo la tradizione: Gelindo e Gelinda devono stare in prima fila con i loro doni, una pollastrella e le fasce per il bambino, accanto a loro Matteo che suona il piffero, poi U Zèunn e A Zèunna avvolti nelle mantelle, più distanti i Re Magi con Baldassarre per ultimo. Ogni personaggio ha una storia, ogni posizione ha un significato.
Informazioni pratiche per il visitatore
L’Itinerario dei Presepi di Toirano si svolge tipicamente dal 20 dicembre al 6 gennaio. Il Museo Etnografico della Val Varatella mantiene un’apertura continuata durante il periodo festivo, dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00, con chiusura infrasettimanale il martedì. È consigliabile verificare gli orari aggiornati sul sito del Comune di Toirano o contattare l’ufficio turistico.
La visita al borgo richiede almeno mezza giornata per poter apprezzare con calma la varietà degli allestimenti e visitare il museo. Chi desidera un’esperienza più completa può combinare il percorso dei presepi con la visita alle Grotte di Toirano, aperte tutto l’anno, e un pranzo in uno dei ristoranti locali dove assaporare la cucina tradizionale ligure.
Il periodo migliore per la visita è nei giorni feriali, quando il borgo è meno affollato e si può godere con maggiore tranquillità dell’atmosfera dei caruggi. La sera, quando si accendono le luci dei presepi e il buio avvolge le vie strette, l’esperienza diventa ancora più suggestiva.
Toirano è facilmente raggiungibile in auto dall’autostrada A10, uscita Borghetto Santo Spirito o Pietra Ligure, proseguendo poi per circa 10 chilometri nell’entroterra. Parcheggi sono disponibili all’ingresso del centro storico, che è pedonalizzato.
Un patrimonio da preservare
In un’epoca in cui il Natale rischia spesso di essere svuotato di significato, ridotto a fenomeno commerciale, Toirano rappresenta una forma di resistenza culturale. Non si tratta di nostalgia sterile o di folklorismo posticcio, ma di una pratica viva che si rinnova mantenendo fedeltà alle proprie radici.
I macachi continuano a essere prodotti, gli stampi tramandati, le tecniche insegnate. Associazioni come Macachi Lab lavorano per promuovere questa tradizione in Italia e all’estero. Le scuole locali organizzano laboratori dove i bambini imparano a modellare la terracotta, a dipingere le figure, a comprendere il valore di un patrimonio che appartiene a tutti.
La sfida del futuro sarà mantenere questo equilibrio tra conservazione e innovazione, tra rispetto della tradizione e apertura a nuove forme espressive. Gli oltre 180 presepi di Toirano dimostrano che è possibile: accanto alle rappresentazioni più classiche fioriscono interpretazioni contemporanee, l’uso di materiali inediti, soluzioni scenografiche originali. La tradizione non è immobilità ma capacità di reinterpretare l’eredità del passato con lo sguardo del presente.
Visitare Toirano nel periodo natalizio significa confrontarsi con questa complessità, lasciarsi interrogare da un modello di comunità che ancora crede nel valore del fare insieme, della bellezza condivisa, del tempo dedicato a creare piuttosto che a consumare. È un’esperienza che lascia il segno, che fa riflettere, che forse – in piccolo – può indicare una strada diversa per pensare il senso delle feste e il nostro rapporto con le tradizioni.

Racconto il mondo attraverso gli occhi di chi ama scoprire, esplorare e vivere esperienze autentiche. Dalle mete più celebri a quelle meno conosciute, approfondisco culture, tradizioni, paesaggi e storie locali, offrendo ai lettori una visione completa e coinvolgente del viaggio. Mi dedico a raccontare non solo le destinazioni, ma anche i modi di viaggiare, le emozioni, i suggerimenti pratici e le tendenze che animano il settore. Con uno stile fresco e narrativo, porto alla luce dettagli unici che ispirano a partire, con curiosità e apertura mentale. Per me, il viaggio è un incontro continuo con l’altro, un arricchimento personale e una fonte inesauribile di ispirazione, e attraverso i miei articoli cerco di trasmettere questa passione a chi desidera scoprire il mondo in tutte le sue molteplici sfaccettature.Reporter appassionata di viaggi in tutte le loro sfaccettature, racconto il mondo attraverso gli occhi di chi ama scoprire, esplorare e vivere esperienze autentiche. Dalle mete più celebri a quelle meno conosciute, approfondisco culture, tradizioni, paesaggi e storie locali, offrendo ai lettori una visione completa e coinvolgente del viaggio. Mi dedico a narrare non solo le destinazioni, ma anche le modalità di viaggio, le emozioni, i consigli pratici e le tendenze che animano il settore. Con uno stile fresco e coinvolgente, porto alla luce dettagli unici che ispirano a partire con curiosità e apertura mentale. Il viaggio per me è incontro, arricchimento personale e fonte inesauribile di ispirazione, e attraverso i miei articoli trasmetto questa passione a chi desidera scoprire il mondo in tutte le sue sfumature.




































