L’8 marzo, il mondo si tinge di giallo. Una data che trascende i confini nazionali, linguistici e culturali per celebrare metà dell’umanità e ricordare battaglie che continuano a scrivere pagine di storia. La Giornata Internazionale della Donna affonda le sue radici in un terreno intriso di lotte operaie e rivendicazioni politiche che risalgono ai primi del Novecento. Non un semplice tributo, ma un monumento vivente alla determinazione femminile che ha sfidato secoli di disparità.

Contrariamente a quanto spesso si crede, l’origine della festa non è legata a un singolo tragico evento. La narrazione che collega questa ricorrenza all’incendio della fabbrica Triangle di New York del 1911, dove persero la vita 146 lavoratrici, rappresenta una sovrapposizione storica inaccurata. La verità storica ci parla invece di un processo graduale, iniziato nel febbraio 1909, quando il Partito Socialista Americano organizzò la prima “Giornata della Donna” a New York. L’anno seguente, durante la Seconda Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste a Copenaghen, la rivoluzionaria tedesca Clara Zetkin propose l’istituzione di una giornata internazionale dedicata alle donne.

La data dell’8 marzo acquisì rilevanza simbolica solo nel 1917, quando le donne di San Pietroburgo scesero in piazza proprio in quel giorno (23 febbraio secondo il calendario giuliano russo, 8 marzo nel calendario gregoriano) dando inizio alla Rivoluzione russa. Da quel momento, l’8 marzo divenne indissolubilmente legato alla lotta per l’emancipazione femminile, consolidandosi come data ufficiale nel 1921 e ottenendo il riconoscimento delle Nazioni Unite nel 1975.

I passi decisivi verso l’emancipazione

Il cammino dell’emancipazione femminile è costellato di tappe fondamentali che hanno progressivamente ridisegnato il panorama dei diritti. Il XIX secolo vide nascere i primi movimenti suffragisti, con figure pionieristiche come Emmeline Pankhurst in Gran Bretagna e Susan B. Anthony negli Stati Uniti, che dedicarono la loro esistenza alla battaglia per il diritto di voto femminile. La Nuova Zelanda fu la prima nazione al mondo a concedere il suffragio alle donne nel 1893, aprendo la strada a una trasformazione globale che, tuttavia, avrebbe richiesto decenni per completarsi.

La conquista del diritto di voto rappresentò solo l’inizio di un processo ben più ampio. Gli anni ’60 e ’70 del Novecento segnarono una svolta cruciale con l’emergere della “seconda ondata femminista”, che allargò lo sguardo a questioni come i diritti riproduttivi, la parità salariale, la violenza domestica e le discriminazioni sul lavoro. Simone de Beauvoir con “Il secondo sesso” (1949) fornì le fondamenta teoriche per questa nuova fase di rivendicazioni, mentre figure come Betty Friedan negli USA o Carla Lonzi in Italia tradussero quelle idee in movimenti di massa.

L’approvazione della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (CEDAW) da parte dell’ONU nel 1979 rappresentò un punto di svolta nel riconoscimento internazionale dei diritti femminili. Negli anni ’90, la Conferenza di Pechino del 1995 segnò un ulteriore avanzamento, introducendo concetti come l’empowerment femminile e il gender mainstreaming nelle politiche globali.

Il nuovo millennio ha visto l’emergere di movimenti come #MeToo e Time’s Up, che hanno portato alla luce la persistenza di discriminazioni strutturali e molestie, dimostrando quanto il cammino verso una piena parità sia ancora in corso. Ogni conquista ottenuta porta con sé la consapevolezza di quanto ancora resti da fare.

L’8 marzo nel mondo: un mosaico di tradizioni

La Giornata Internazionale della Donna assume sfumature diverse attraversando i continenti, trasformandosi in un caleidoscopio di celebrazioni che riflettono culture e sensibilità locali. In Italia, la mimosa sboccia come simbolo indiscusso di questa ricorrenza, mentre altri paesi hanno sviluppato tradizioni distintive.

In Russia, l’8 marzo è una delle festività più sentite: le donne ricevono fiori e regali, e la giornata è dedicata a festeggiamenti in famiglia e tra amici. In Cina, le donne lavoratrici hanno diritto a mezza giornata di riposo, e si organizzano eventi culturali e sociali in loro onore, mentre in Corea del Sud si celebra insieme al “Black Day” (14 aprile), giornata in cui chi non ha ricevuto regali a San Valentino si consola mangiando jajangmyeon, noodles con salsa nera.

In alcuni paesi dell’Europa dell’Est e dei Balcani, la giornata è celebrata con particolare enfasi, con manifestazioni pubbliche, concerti e programmi televisivi dedicati alle donne e alle loro conquiste.

In alcuni paesi dell’America Latina, come l’Argentina, l’8 marzo ha assunto negli ultimi anni una dimensione fortemente politica, con imponenti manifestazioni che tingono le strade di verde e viola, i colori adottati dal movimento femminista locale. In Spagna, nel 2018, più di cinque milioni di donne hanno partecipato a uno sciopero generale senza precedenti.

In Uganda, le celebrazioni spesso si tengono nelle zone rurali per sensibilizzare sulle questioni che riguardano le donne contadine, mentre in Pakistan, nonostante le resistenze conservatrici, l’Aurat March (Marcia delle Donne) sfida ogni anno tabù e tradizioni patriarcali con crescente partecipazione.

Il linguaggio dei fiori: perché la mimosa

La mimosa, con i suoi piccoli pompon dorati, è diventata il simbolo universalmente riconosciuto della Giornata della Donna in Italia. Ma perché proprio questo fiore? La scelta risale al 1946, quando l’Unione Donne Italiane cercava un emblema per la prima celebrazione dell’8 marzo dopo la fine della guerra. La mimosa si impose per tre caratteristiche fondamentali: la sua fioritura coincideva con l’inizio di marzo, era economica e facilmente reperibile, caratteristiche non trascurabili in un’Italia appena uscita dal conflitto mondiale.

Furono Rita Montagnana e Teresa Mattei, partigiane e attiviste, a proporre questo fiore resistente e luminoso come simbolo della giornata. La mimosa, scientificamente nota come Acacia dealbata, originaria dell’Australia, rappresenta anche nella tradizione del linguaggio dei fiori la sensibilità e la forza, qualità che ben si addicono alla celebrazione delle donne.

Nel tempo, quella che era una scelta pratica è diventata una tradizione radicata, tanto che oggi in Italia è praticamente impossibile immaginare l’8 marzo senza il profumo dolce e intenso di questo fiore. La mimosa ha oltrepassato i confini nazionali, diventando in molti paesi mediterranei il dono simbolico per eccellenza in questa ricorrenza.

Oltre la celebrazione: sfide contemporanee

Mentre i rametti di mimosa passano di mano in mano e le vetrine si tingono di giallo, è fondamentale ricordare che l’8 marzo non è solo una celebrazione, ma un’occasione per fare il punto sul cammino percorso e sulle sfide ancora aperte. Il divario salariale di genere persiste a livello globale, con le donne che guadagnano in media il 20% in meno rispetto agli uomini per lo stesso lavoro.

La sottorappresentanza femminile in posizioni decisionali rimane un problema strutturale: solo il 25% dei parlamentari nel mondo è donna, e appena il 7,4% degli amministratori delegati delle maggiori aziende globali è di sesso femminile. La violenza di genere continua a essere una piaga sociale, con una donna su tre che subisce violenza fisica o sessuale nel corso della vita.

L’accesso all’istruzione, sebbene migliorato, presenta ancora disparità significative: 132 milioni di ragazze nel mondo non frequentano la scuola, e due terzi degli analfabeti adulti sono donne. La pandemia di COVID-19 ha ulteriormente accentuato questi squilibri, con un impatto sproporzionato sulle donne in termini di perdita di lavoro e aumento del carico di cura familiare.

Verso un futuro di autentica parità

Guardando al futuro, la Giornata Internazionale della Donna ci invita a immaginare un mondo in cui l’uguaglianza di genere non sia un obiettivo da raggiungere, ma una realtà vissuta. I movimenti femministi contemporanei si caratterizzano per un approccio intersezionale, che riconosce come le discriminazioni di genere si intreccino con altre forme di oppressione basate su razza, classe sociale, orientamento sessuale, abilità e altri fattori.

Le nuove generazioni stanno ridefinendo il concetto stesso di femminismo, abbracciando una visione più inclusiva che contempla anche il ruolo degli uomini come alleati nel processo di cambiamento sociale. Iniziative come HeForShe delle Nazioni Unite promuovono attivamente questo coinvolgimento maschile nella lotta per la parità.

La tecnologia offre nuove opportunità ma presenta anche inedite sfide: se da un lato i social media hanno dato voce a movimenti globali come #MeToo, dall’altro hanno creato nuovi spazi in cui si perpetuano molestie e discriminazioni. L’intelligenza artificiale, sviluppata principalmente in ambienti a predominanza maschile, rischia di replicare e amplificare pregiudizi esistenti se non guidata da principi di diversità e inclusione.

L’8 marzo ci ricorda che la strada verso una piena parità richiede un impegno costante, quotidiano, che trascende la celebrazione annuale. Come scriveva Virginia Woolf, “Per la maggior parte della storia, ‘Anonimo’ era una donna“. La Giornata Internazionale della Donna è l’occasione per ricordare che il futuro dell’umanità passa necessariamente attraverso il riconoscimento del valore e dei diritti della sua metà femminile.