Violet corse ad accucciarsi sotto il braccio della madre e respirò l’odore di fumo dolce e stantio della sua manica, il lieve aroma di lillà del suo profumo. Afferrò le sue dita lunghe e delicate e chiuse gli occhi.

Quando cantava, la voce di Lilibeth era come un sottile anello di fumo che si arricciava e volava via. Violet desiderava ciò che la madre non avrebbe mai potuto darle.

Sam si sentiva ancora alla mercé della biologia, e a volte l’afferrava un furore silenzioso, contro il fatto che non poteva contrastare in alcun modo l’intensità del sentimento che la legava ad Ella.

Samantha sarebbe arrivata l’indomani. Spesso, Iris, pensava alla figlia come ad un uccellino pigolante, ansioso e irrequieto.

Quell’immagine le scaldò il cuore. Parlava di storia e di continuità, di vita vissuta e di vita ancora da vivere. Prese la lettera dalla tasca e l’infilò sotto una calamita sul frigorifero, insieme alla foto.

Quelle aspettative infantili le aveva lasciate sul treno. Per lei il sollievo era una sensazione nuova, e se lo sentì pesare sulle spalle curve. Non c’era più nulla contro cui lottare.

 

Una domanda che aleggia insieme al vapore prodotto dal treno e una domanda che si perde nel fischio oppure che non è stata pronunciata mai.

Lilibeth, Violet, Iris, Sam

Figlie e poi madri ma soprattutto donne.

Ognuna con la propria storia, i propri sogni; le une collegate alle altre dal legame di parentela.

Un libro che racconta un periodo, dimenticato, della storia americana. Un libro che parla di povertà, di bambini, e di quando essere bambini significava non poter dare voce ai propri sogni.

Lilibeth e i suoi sogni. Lilibeth che, fino alla fine, non si arrenderà e non accetterà quel poco che le offre la vita, ma tra rinunce, perdite e lo sfiorire dei propri sogni terrà sempre fede alla promessa che si era fatta. Affogherà i suoi dispiaceri nell’oblio dell’oppio.

Violet, cercherà quello che più desidera, un desiderio semplice di affetto, una famiglia che si occupi di lei e che non sia lei a farsi da madre e a far da madre, lontano da dove aveva sperato di vivere. Violet scoprirà nella maternità che il suo cuore non è diventato arido. Troverà quello che cercava in un modo diverso da quello che aveva sempre sognato. E sarà felice per quello che la vita, fatta di tribolazioni, mancanze, perdite, alla fine le regalerà. Perché anche la solitudine può essere un magnifico regalo inaspettato.

Iris, che non saprà mai tutto quello che sua madre ha dovuto affrontare. E che nel momento finale della sua vita farà un passo indietro per rivivere quell’amore a cui aveva per orgoglio rinunciato. È forse la figura che più mi ha colpita.

Samantha, detta Sam. Scoprirà che la maternità non è quel momento idilliaco che tutti decantano. Scoprirà il suo essere donna anche mentre è impegnata ad essere mamma. E poi farà la scoperta che nessuno si aspettava. Aprirà una vecchia scatola, dimenticata in un garage per tanti anni. Quella scatola che custodiva i segreti di altre donne, donne della sua famiglia. La vita di una donna che ha dato il seguito alle altre tre.

E un soffio di vento le farà accapponare la pelle anche se in quella stanza le finestre sono chiuse.

Preparate i fazzoletti ma insieme anche una manciata di ottimismo. Perché la vita, anche se ti porta lontano riesce sempre a regalarti un sorriso.

Recensione di Un treno pieno di vento di Rae Meadows, #A volte è meglio lasciar andare. Si può trovare ciò che desideriamo, in forma diversa, altrove

Un treno pieno di vento
di Rae Meadows
Rizzoli 2011 (264 pp.)
Trad. Valentina Ricci