Sembrava assorta in qualcosa che l’aveva intristita, era come prigioniera di quel pensiero, qualunque esso fosse.

Ci sono dei limiti, vero?

E noi ci siamo arrivati al limite, disse Betty. Non so cosa possiamo fare.

… Accontentati di ciò che hai e non te la prendere, dico. Qualcuno una volta l’ha detto a me.

Fuori faceva ancora caldo, benché il sole avesse già iniziato ad abbassarsi verso ovest e nell’aria ci fossero le prime avvisaglie dell’autunno, quell’odore di polvere e foglie secche, quel senso di solitudine che arrivava ogni anno alla fine dell’estate.

Prima di salire le scale e buttarsi a letto sfiniti, ciascuno nella propria stanza ai due lati del corridoio, confortati oppure no, demoralizzati oppure no, da ricordi e pensieri familiari logorati dal tempo.

Un sabato, dopo aver fatto colazione e lavato i piati, uscì senza una precisa intenzione né una direzione stabilita in testa, si avviò lungo la strada nel mattino freddo e luminoso e superò il terreno sfitto e le case dove le anziane vedove vivevano ciascuna nel proprio silenzio e nell’isolamento.

Guardò oltre il recinto, verso i pascoli e ancora più in là, verso le azzurre alture sabbiose. Le colline apparivano in lontananza sul basso orizzonte. Aveva ripreso a soffiare il vento. Riusciva a sentirlo. … un vecchio e il suo vecchio fratello sprofondati nella terra soffice tra le assi di un recinto sotto un nuvoloso cielo di ottobre.

… Si vedeva che era vecchio. Si vedeva che era vecchio, esausto, triste.

Chiuse la portiera della macchina e si avviò lungo lo stretto marciapiede. Sembrava molto piccolo e molto solo mentre si avvicinava alla casa buia, illuminata soltanto dal lampione che dall’angolo della strada rischiarava la facciata. Aprì la portiera, entrò e una luce si accese. Victoria pensò che il ragazzino sarebbe andato a una finestra per farle un cenno di saluto, ma non lo fece.

Poi per un po’ le due sorelle e il ragazzino rimasero sdraiati sul pavimento, sotto le coperte, leggendo libri alla pallida luce delle candele mentre il sole calava sul vialetto, tutte e tre parlavano poco e sottovoce e bevevano caffè dal termos, e per quel breve momento ciò che succedeva nelle case da cui venivano sembrò avere scarsa importanza.

Stava diventando buio, il crepuscolo precoce di una breve giornata invernale, il cielo impallidiva, scendeva la notte. Agli angoli delle strade i lampioni erano accesi e sfarfallavano. Quando arrivò alla Statale, rimase fermo un istante allo stop. Dietro di lui non c’era nessuno. Stava cercando di decidere. Sapeva cosa lo aspettava a casa.

Tirò avanti malgrado tutto. Tirò avanti ina sorta di confusione. Si trovò a addormentarsi sul tavolo della cucina, a mezzogiorno, la sera e qualche volta, anche se si era appena alzato, persino di mattina, quando si sedeva per la sua misera colazione, solitaria.

Aveva un’aria stanca e infelice e appariva infastidita da qualunque cosa lui le dicesse., dopo le prime due volte che gli era passata accanto aveva smesso di rispondergli, si limitava a continuare a lavorare nel locale rumoroso e affollato.

Le luci blu dei lampioni nei cortili avrebbero brillato sulle fattorie e sugli allevamenti isolati nella campagna aperta e brulla, si sarebbe alzato il vento, avrebbe soffiato negli spazi aperti senza trovare ostali sui vasti campi di grano invernale, sugli antichi pascoli e sulle strade sterrate, portando con sé una polvere pallida mentre il buio si avvicinava e scendeva la notte.

 

Secondo romanzo della trilogia de “Il canto della pianura”. L’ho trovato coinvolge e umano.

Ritroveremo le vicende dei fratelli McPheron, di Victoria, di Guthrie e i suoi figli Ike e Bobby, scorci di vita narrati brevi racconti per alcuni mentre per altri i racconti saranno più corposi e dettagliati inoltrandoci in vicende a volte tristi o piacevoli.

Il romanzo si arricchisce di nuovi personaggi.

Troviamo i coniugi Luther Wallace e Betty June che ci insegneranno che non basta volere bene ai propri figli per essere buoni genitori. Loro lo sanno, perché i servizi sociali glielo hanno ripetuto più volte, devono prendersi cura di Richie e Joy Rae, farli mangiare nel modo giusto, farli arrivare a scuola in orario, proteggerli. Altrimenti glieli porteranno via come è già successo con la primogenita

Dj Kephart orfano di madre da quando aveva cinque anni, del cui padre non si conosce l’esistenza in quanto la madre non l’ha voluto sposare; vive con il nonno Walter Kephart. Un ragazzino che è troppo serio per l’età che ha. Gli piace studiare e non dare problemi a scuola. Si prende cura del nonno e della casa; gli unici amici che ha sono le figlie della sua vicina di casa.

Un romanzo ricco di umanità e di solitudini che si intrecciano e si fanno compagnia, di abbandoni e di coraggio; di malinconia e tenacia a non arrendersi all’implacabilità del destino. Di scelte di vita sbagliate e di volontà di migliorare.

In questo secondo romanzo Kent Haruf tocca, con una penna decisa e allo stesso tempo delicata, tutte le sfaccettature di esistenze distanti e allo stesso tempo vicine.

Crepuscolo di Kent Haruf, Lo scorre del tempo nelle vite degli abitanti di Hotl

Crepuscolo
di Kent Haruf – NN Editore (341 pp.)