Lo scorso gennaio, in concomitanza della Giornata della Memoria, è uscito il nuovo romanzo di Martina Galletta, “Giuditta – il ghetto di Roma, la dittatura fascista, la Resistenza”, pubblicato con Infinito Edizioni.
Una storia forte, ambientata nella Roma degli anni della Seconda guerra mondiale, che vede protagonisti Giuditta, una ragazzina ebrea, e Libero, un operaio comunista, legati da una forte amicizia.
“Tramite loro, nel romanzo, vengono affrontate tante tematiche diverse: la questione ebraica, le differenze sociali, politiche ed etiche tra le varie classi operaie e borghesi, la povertà, il ventennio fascista, l’occupazione nazista, le operazioni nascoste della Resistenza, la tanto temuta e occultata omosessualità femminile” spiega l’autrice.
Il romanzo, il secondo per Martina Galletta, è uscito nell’anno dell’ottantesimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale, che per l’Italia, che per molti altri paesi, ha significato un vero e proprio spartiacque, diventando una Repubblica Democratica che ha inserito nella sua stessa Costituzione la tutela delle libertà, il diritto all’uguaglianza ed il ripudio per la guerra. “Giuditta – il ghetto di Roma, la dittatura fascista, la Resistenza” è una storia che oggi appare decisamente attuale, nella quale l’autrice inserisce un messaggio importante: la cultura è uno strumento fondamentale per evitare di ricommettere gli stessi errori del passato.

Di cosa parla il tuo ultimo romanzo “Giuditta – il ghetto di Roma, la dittatura fascista, la Resistenza”?
È una storia nella Storia.
Il legame tra Giuditta, una ragazzina ebrea e Libero, un giovane operaio comunista, sopravvive a due conflitti mondiali.
I due protagonisti affronteranno prove durissime, esperienze al limite della sopportazione, ma con uno sguardo coraggioso e aperto al futuro.
Un universo di personaggi li accompagnerà in questo viaggio.
Tramite loro, nel romanzo, vengono affrontate tante tematiche diverse: la questione ebraica, le differenze sociali, politiche ed etiche tra le varie classi operaie e borghesi, la povertà, il ventennio fascista, l’occupazione nazista, le operazioni nascoste della Resistenza, la tanto temuta e occultata omosessualità femminile.
Roma, protagonista indiscussa, accoglie tutte queste storie con il suo abbraccio schietto, affettuoso e feroce.
Come per il precedente, de “La Dimora degli Dèi”, hai ambientato la storia negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Perché hai fatto questa scelta?
È un periodo storico che mi ha sempre affascinata, una concatenazione di avvenimenti che ha stravolto l’Italia e il mondo come un ciclone incontrollabile.
Sono sempre stata interessata alla politica e non ho potuto fare a meno di notare, purtroppo, un’inquietante similitudine coi tempi che stiamo vivendo.
Qual è la forza dei due protagonisti, Giuditta e Libero? Qual è il messaggio che vorresti arrivasse a chi legge?
La loro forza è la cultura, il costante e strenuo interesse per l’attualità e le vicende del Paese. In un periodo storico in cui la peggiore e più efficace arma politica era mantenere il popolo in
uno stato di ignoranza e passività, il tentativo dei due giovani di dipanare le complesse menzogne dello Stato si erge come ultima, vera risorsa.
Come dice Reuben, il padre di Giuditta: “Di questi tempi, l’ignoranza è un reato”.
Un’altra loro prerogativa imprescindibile è l’empatia, unico scudo contro la violenza cieca e brutale del regime fascista.
Il messaggio che vorrei arrivasse ai lettori è quasi un monito: le guerre del passato devono essere ricordate, perché la ciclicità di questi eventi si ripercuote inesorabilmente sul nostro presente. Un appello allo studio, alla coscienza civile, alla partecipazione sociale.
Il 2 settembre 2025 saranno 80 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Molti dei sopravvissuti sono oggi molto anziani o non ci sono più. In base alla tua esperienza e a ciò che vedi, come vengono ricordati oggi quegli anni? Cosa possiamo fare per mantenere viva la memoria storica?
Lavorando al romanzo ho dovuto studiare per mesi sia in biblioteca sui libri di storia, sia intervistando persone che hanno vissuto, direttamente o indirettamente, il periodo allucinato di quegli anni. La memoria implica curiosità. E la curiosità è qualcosa di attivo, di vibrante, di necessario. Possiamo studiare la Storia con qualsiasi mezzo, liberandoci delle nostre sovrastrutture ideologiche e analizzando la realtà dei fatti. I fatti parlano da soli, da qualsiasi prospettiva li si analizzi. Bisogna cercare, cercare sempre.
In molti oggi sembrano conoscere gli eventi del passato solo attraverso libri, film o serie tv, e non dai libri di storia. Cosa pensi di questa cosa?
Penso che qualsiasi forma artistica culturalmente valida sia da apprezzare e promuovere. Penso anche che la reale forma di “non passività” sia legata alla rielaborazione legata alla cultura e alla creazione di un pensiero critico. E questo si può sviluppare solo grazie alla lettura e alla conoscenza dei testi e delle testimonianze dell’epoca.
Credo molto anche alla creazione di una coscienza critica legata all’attualità.
E questo richiede studio, scetticismo, indagine. Siamo perennemente distratti dai social media, che suggeriscono ad ognuno il pensiero che dovrebbe avere. Ribelliamoci.
Nata a Milano, oggi sei attrice, musicista e scrittrice. Quanto e cosa ritroviamo di te e del tuo vissuto nei tuoi lavori? Quali sono i tuoi progetti futuri?
Il mio lavoro di attrice, professione da ormai svolgo da vent’anni, prosegue sia in teatro che al cinema. Sono in tournée con uno spettacolo scritto e diretto dal regista Luciano Melchionna, Fisica/Mente, un monologo intenso e commovente che esplora il mondo della disabilità. Essere sola in scena è una responsabilità enorme, sia dal punto di vista artistico sia per la delicatezza dei temi trattati.
Di recente è uscito il mio nuovo film, Sinapsi, diretto da Mario Parruccini, in cui il mood recitativo cambia completamente: interpreto Gemini, una hacker punk senza scrupoli, al fianco di Beatrice Arnera e Nino Frassica. È stata una lavorazione particolarmente complessa per via delle tante scene di combattimento: infatti, due mesi prima del ciak iniziale, sono stata affiancata ad uno stuntman professionista. Una bella sfida.
La mia collaborazione con Infinito Edizioni, che tengo sempre a ringraziare, continua. Stiamo girando l’Italia con la presentazione di Giuditta, ma ho già in cantiere varie idee per il mio terzo romanzo. Scrivere è diventa una parte fondamentale della vita.
Non riesco più a immaginarmi senza un testo su cui lavorare, un’idea da sviluppare, personaggi che si palesano e diventano vivi davanti i miei occhi.
Ho già scritto anche svariati copioni teatrali e sceneggiature e, chissà, un giorno Giuditta potrebbe anche diventare un film!
Essere un’attrice ha condizionato molto il mio modo di scrivere. “Vedere” i personaggi nascere, immaginare in modo registico le loro azioni ma anche i profumi, l’immensità del cielo di Roma, il calore di un neonato tra le braccia.
Muovere l’azione drammaturgica come una macchina da presa, prima un campo lungo, improvvisamente un primo piano, una concretezza che deriva direttamente dal mio lavoro.
Alcuni capitoli, l’epilogo sicuramente, sono arrivati in sogno. Ringrazio con tutto il cuore chiunque me li abbia “mandati”.
Direttore responsabile di No#News Magazine.