Approda la teatro scaligero, la versione di Lucio Silla, creata con successo nel 2013 per la Mozartwoche del Mozarteum di Salisburgo ed acclamata poi ai Salzburger Festspiele e a Brema.
Importante l’impronta data dal direttore francese di origine polacca, Mark Minkowski in collaborazione con Marshall Pynkoski alla regia.
Finalmente al Piermarini, ricompaiono delle belle ed imponenti scenografie. Di grande pregio ed accuratezza sono inoltre i costumi.
La partecipazione del pubblico come numerosità, probabilmente per la minore notorietà dell’Opera, è stata davvero scarsa, ma il calore con il quale è stato applaudito il cast ed il direttore, durante e dopo lo spettacolo è degna delle grandi prime.
Opera su libretto di Giovanni De Gamerra e musicata da un giovane Mozart in uno dei suoi soggiorni milanesi e rappresentata al Teatro Regio Ducale di Milano il 26 dicembre 1772, senza particolare clamore.
Evidentemente la storia si ripete… Un peccato, quindi tenterò di invogliarvi a sostenere le quasi 3 ore e mezza per non perdervi un’ottima opportunità di gustarvi una perla del panorama operistico in cartellone.
Sintetizzando al massimo, l’opera ruota intorno al dittatore romano Silla cui è stata promessa sposa Giunia, innamorata tuttavia del senatore romano esiliato Cecilio. Silla cerca di spingere Giunia a nozze, raccontando la morte dell’amato Cecilio, il quale invece torna a Roma ed incontra l’amata che lo piange sulla sua presunta tomba. I due amanti verranno imprigionati a seguito di un tentativo di omicidio del dittatore, salvo poi essere liberati dallo stesso che, pentitosi, rinuncia alla dittatura ed acconsente alle nozze.


Direttore editoriale di No#News Magazine.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare ai sofferenti per amore, inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo: è chiamato il fondamentalista del Loggione. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita tuttavia rimane la Tosca.