Mozart compose le Sonate per violino e pianoforte No. 18 in Sol maggiore (KV 301) e No. 21 in Mi minore, (KV 304) nel 1778 ma esse presentano un carattere profondamente differente. Entrambe facenti parte delle poco conosciute sei Sonate Palatine la prima è stata composta a Mannheim, la seconda a Parigi.
La KV 301 appartiene al genere utilizzato per divertimento domestico. Dal carattere “galante” ha un primo tempo in cui il soggetto è presentato prima con il violino e il pianoforte accompagna con accordi spezzati. Poi sono invertiti i ruoli. Nel secondo tempo è il pianoforte che introduce il tema, seguito poi dal violino, con l’adozione del modo minore nella parte centrale.
La KV 304 è fortemente influenzata dalla solitudine patita da Mozart a Parigi e dalla concomitante perdita della madre Anna Maria. La composizione va oltre lo stile dialogico alternato e sembra bussare a quelle porte del grande mondo del dramma che Beethoven spalancherà. Il primo movimento è uno dei più drammatici Mozart abbia mai scritto, il secondo movimento (Tempo di Minuetto) ha un carattere elegiaco, di struggente malinconicità e la coda ci riporta al dramma del primo movimento facendoci intendere una sorta lamentazione funebre.
Stranamente la prima parte del concerto ha proposto le sonate mozartiane nell’ordine inverso; l’effetto è che si è un pò perso il filo logico che lega i due compositori. Complice anche questo, l’esecuzione della sonata KV 304 è risultata un pò distaccata e priva di pathos; la coppia Ripamonti-Maffeis si è però subito riscattata in una brillante esecuzione della sonata KV 301 della quale ha rispettato l’aspetto leggero e giocoso e la brillantezza ritmica non priva di qualche difficoltà tecnica.
“Tenete d’occhio questo giovane, avrà qualcosa da raccontarvi”
(Mozart, ad una breve audizione di Beethoven).
Nella seconda parte del concerto, il violoncello di Bernardi si è aggiunto alla coppia mozartiana nell’esecuzione del Trio di Beethoven Op.1 No. 3 in do minore. Di solo 15 anni più recente (1793), rispetto alle sonate di Mozart, il trio in questione insieme agli altri due dell’Op.1 è considerato la prima produzione importante di Beethoven, tale da richiamare l’attenzione su di sé del mondo musicale e culturale viennese. Beethoven lo riteneva il migliore dei tre anche se risultò piuttosto ardito per il pubblico viennese di quel tempo. La drammaticità del do minore (la stessa tonalità della quinta sinfonia) nel primo e nell’ultimo movimento lascia il posto a una purissima e inalterabile serenità nell’Andante cantabile con variazioni nonché al ritmo brusco del Minuetto che incornicia una parte centrale in do maggiore dal tono capriccioso.
L’esecuzione del trio è risultata davvero coinvolgente; contrasto tematico ben in luce e perfetta intesa fra gli esecutori hanno portato ad un finale in crescendo molto apprezzato dal pubblico. Graditissimo anche il bis del “prestissimo” finale. L’apporto di Bernardi ha lasciato il segno, facendo trovare al gruppo un respiro musicale più profondo.