Dimenticate le guide Michelin e le prenotazioni nei ristoranti stellati. Nel 2026, sei italiani su dieci visiteranno regolarmente i supermercati locali quando viaggiano all’estero, trasformando quello che una volta era un semplice bisogno quotidiano in un’esperienza culturale a tutti gli effetti. Non si tratta di una bizzarria passeggera, ma di un vero e proprio fenomeno sociale che sta ridefinendo il concetto stesso di turismo enogastronomico.
Il “supermarket safari” – come è stato battezzato questo trend emergente – rappresenta molto più di una semplice scampagnata tra gli scaffali. È una finestra spalancata sull’anima di un luogo, un modo autentico e non filtrato per comprendere abitudini, preferenze e tradizioni culinarie di una nazione. Mentre i turisti di una volta fotografavano monumenti e piazze, i viaggiatori contemporanei immortalano corsie di snack esotici e confezioni dai design ipnotici.
La democratizzazione dell’esperienza culturale attraverso gli scaffali
I social media, in particolare TikTok e Instagram, stanno amplificando questa tendenza, trasformando la normale spesa in contenuto virale. Video di viaggiatori che esplorano supermercati a Tokyo, Seoul, Oaxaca e Parigi accumulano milioni di visualizzazioni, con follower che chiedono indicazioni precise su negozi, corsie e prodotti da acquistare.
Ma cosa rende un supermercato così affascinante per un turista? Se il cibo fornisce una finestra sulla cultura di un luogo, il supermercato è una porta spalancata. Camminare tra le corsie di un Publix negli Stati Uniti rivela scaffali infiniti di cereali per colazione, mentre in un Pick n Pay di Città del Capo il muesli domina incontrastato. A Londra, caramelle gommose Percy Pig e barrette Cadbury raccontano i gusti britannici meglio di qualsiasi guida turistica.
Il 30% dei viaggiatori italiani visita i supermercati stranieri spinto dalla curiosità di scoprire snack, bevande e prodotti non disponibili in Italia, mentre il 26% cerca di immergersi nella vita quotidiana e nei sapori autentici del Paese. Per il 40%, fare la spesa all’estero diventa un’avventura culturale, uno dei modi migliori per comprendere l’identità profonda di una destinazione.
Quando il risparmio incontra l’autenticità
Sarebbe ingenuo ignorare la componente economica di questo fenomeno. Con l’84% dei viaggiatori che dichiara di voler viaggiare all’estero tanto quanto o più del 2025, nonostante le pressioni finanziarie, i turisti stanno adottando una mentalità più attenta ai costi, cercando esperienze che offrano un reale valore percepito.
Una settimana di pranzi e cene al ristorante può gravare pesantemente sul budget di una vacanza. Il supermercato offre un’alternativa intelligente: permette di assaggiare prodotti locali autentici a una frazione del prezzo, di preparare picnic con ingredienti regionali, di portare a casa souvenir commestibili che raccontano storie.
Con il 78% dei viaggiatori che concorda sul fatto che provare nuovi cibi è una parte fondamentale dell’esperienza di viaggio, visitare i negozi di alimentari sta diventando la prima tappa dell’itinerario. Non è un ripiego dettato dalla parsimonia, ma una scelta consapevole che unisce curiosità culturale e pragmatismo economico.
Dal Vegemite australiano ai Kit Kat giapponesi: una geografia del gusto
In Portogallo, corsie di pesce in scatola con packaging bellissimi trasformano una normale spesa in un’esperienza estetica. Nelle Isole Faroe, scaffali pieni di cioccolato Cadbury e Tunnocks Teacakes raccontano l’eredità delle truppe britanniche di stanza durante la Seconda Guerra Mondiale, una tradizione alimentare che i faroesi hanno conservato gelosamente.
In un 7-Eleven a Tokyo si possono trovare prodotti dal packaging kawaii e snack dall’inventiva sorprendente, mentre i supermercati coreani offrono varianti di ramen impossibili da trovare altrove. A Los Angeles, Erewhon è diventato un’attrazione turistica per i suoi prezzi esorbitanti e prodotti unici, inclusi panini di sushi e frullati disegnati da celebrità.
Il fenomeno non si limita alle metropoli cosmopolite. A Bali, i content creator mostrano quanto sia possibile acquistare con un singolo dollaro, euro o sterlina, dalla skincare ai chicchi di caffè, mentre i supermercati messicani stupiscono con le loro pareti infinite di salse piccanti, testimonianza vivente della passione nazionale per i sapori forti.
La ribellione contro l’omogeneizzazione globale
L’attuale popolarità del turismo nei supermercati potrebbe essere una reazione alla noia collettiva verso quanto certi settori dei viaggi siano diventati simili e standardizzati. È una protesta silenziosa contro l’idea che ogni caffetteria, hotel e appartamento in affitto abbia iniziato ad assomigliarsi, in una gigantesca banalizzazione internazionale della cultura globale.
In un’epoca in cui è possibile mangiare avocado toast e bere un cortado in spazi dall’aspetto sostanzialmente identico ovunque nel mondo, il supermercato emerge come bastione di autenticità locale. Gli scaffali non mentono: riflettono le preferenze reali, le stagionalità, le abitudini alimentari quotidiane di una popolazione, non la versione edulcorata e turisticamente accettabile della sua cultura culinaria.
I viaggiatori riconoscono sempre più i supermercati come autentiche finestre sulla cultura locale, con gli snack quotidiani che diventano souvenir memorabili. Non più portachiavi e calamite da frigorifero, ma confezioni di biscotti regionali, salse artigianali, tè locali: oggetti che portano con sé storie e sapori impossibili da replicare.
L’impatto sull’industria del turismo e della ristorazione
Questo cambiamento di paradigma sta influenzando l’intera filiera turistica. Mentre gli hotel hanno da sempre rappresentato un elemento differenziante per i viaggiatori di lusso, il report di Skyscanner sui trend di viaggio del 2026 suggerisce che per un numero crescente di turisti gli alberghi stanno diventando destinazioni a sé stanti.
Il turismo culinario sta sostituendo le prenotazioni nei ristoranti con i safari al supermercato, una trasformazione che costringe l’industria della ristorazione a ripensare il proprio ruolo. Non si tratta di una competizione diretta – ristoranti e supermercati offrono esperienze complementari – ma di una ridistribuzione del tempo e del budget dei viaggiatori.
Alcuni operatori turistici stanno già cavalcando l’onda. Tour guidati portano i viaggiatori a fare la spesa in mercati meno battuti, combinando shopping con lezioni di cucina e immersione culturale. Le destinazioni turistiche stanno iniziando a considerare le loro catene di supermercati come asset culturali da promuovere, non semplicemente servizi per residenti.
Il futuro del viaggio: personalizzazione e autenticità
Dopo un 2025 all’insegna della condivisione e delle esperienze di gruppo, il 2026 segna un punto di svolta: i viaggi diventano su misura, costruiti attorno alle passioni personali, alle priorità e a quei piccoli rituali che raccontano davvero chi siamo.
Il supermarket safari si inserisce perfettamente in questa evoluzione. È un’esperienza profondamente personale: ciascuno trova fascino in prodotti diversi, scopre connessioni uniche con culture lontane attraverso dettagli apparentemente banali. Una marca di biscotti, un tipo di formaggio, una varietà di frutta esotica possono diventare il filo rosso che lega ricordi di viaggio indelebili.
Dai distributori automatici peculiari di Tokyo al pane cotto geotermicamente in Islanda, il gastroturismo sta cambiando. Non basta più assaggiare; i viaggiatori vogliono davvero immergersi nell’anima culinaria di un Paese. Il supermercato offre questa profondità, questa autenticità, questa visione non filtrata della vita quotidiana.
Mentre monumenti e musei continuano ad attrarre folle, un numero crescente di viaggiatori cerca esperienze che li facciano sentire abitanti temporanei piuttosto che semplici visitatori. E quale modo migliore di sentirsi parte di una comunità se non facendo la spesa dove la fanno i locali, acquistando gli stessi prodotti, navigando le stesse corsie, affrontando gli stessi dilemmi davanti agli scaffali infiniti di yogurt o cereali?
Consigli pratici per aspiranti supermarket safari
Per chi volesse abbracciare questa tendenza, alcuni suggerimenti possono arricchire l’esperienza. Primo: visitare supermercati di diverse dimensioni, dalle grandi catene ai piccoli alimentari di quartiere. Ciascuno offre una prospettiva diversa sulla cultura locale.
Secondo: non limitarsi ai prodotti esotici. Osservare anche le versioni locali di cibi familiari può essere illuminante. Come viene confezionato il latte? Quali tipi di pane dominano? Quante varietà di yogurt esistono?
Terzo: prestare attenzione ai dettagli logistici. Le corsie dedicate ai prodotti biologici quanto spazio occupano? Ci sono sezioni per diete specifiche? Quanto è sviluppata l’offerta di prodotti ready-to-eat? Questi elementi raccontano priorità sociali, tendenze salutistiche, ritmi di vita.
Quarto: fotografare con rispetto e discrezione. I supermercati sono luoghi di vita quotidiana, non attrazioni turistiche tradizionali. Gli altri clienti non sono parte dello spettacolo ma persone che svolgono commissioni ordinarie.
Quinto: approfittare per acquistare ingredienti per preparare un pasto nell’alloggio di vacanza. È un modo per sperimentare direttamente i prodotti, scoprire come combinarli, comprendere tecniche di preparazione diverse.

Direttore editoriale di nonewsmagazine.com | Il magazine dell’ozio e della serendipità.
Direttore responsabile di No News | La free press dell’ozio milanese.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare agli amori sofferti tra le campagne inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo, c’è chi lo chiama “il fondamentalista del Loggione”. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita, tuttavia, rimane la Tosca.




































