Gli East End Studios di Milano si sono trasformati in un tempio della gastronomia mondiale per celebrare The Best Chef Awards 2025, l’evento che per due giorni ha riunito oltre novecento professionisti del settore. La città meneghina, con la sua capacità unica di fondere tradizione e innovazione, dal risotto allo zafferano alle esperienze di alta cucina d’avanguardia, si è rivelata la cornice ideale per un appuntamento che ha ridefinito i confini della creatività culinaria contemporanea.
La scelta di Milano non è casuale: situata nel cuore della Lombardia, una delle regioni agricole più ricche d’Italia, la città offre agli chef accesso a materie prime eccezionali, mentre la sua scena gastronomica spazia dalle istituzioni storiche come Peck e Marchesi 1824 fino ai ristoranti stellati che hanno fatto della sperimentazione la loro cifra distintiva.
Rasmus Munk conferma il dominio di Alchemist
Per il secondo anno consecutivo, Rasmus Munk di Alchemist conquista il titolo di miglior chef al mondo, entrando in un club esclusivo che conta solo tre cuochi capaci di vincere più volte: Juan Roca di El Celler de Can Roca, Dabiz Muñoz di DiverXO e ora lui. Il ristorante di Copenaghen, già insignito di due stelle Michelin e una stella Verde, rappresenta un universo dove scienza, arte e teatro si fondono per trasformare il pranzo in un’esperienza multisensoriale che sfida ogni convenzione.
Il lavoro di Munk unisce precisione scientifica e narrazione teatrale, creando piatti tecnicamente complessi che vanno oltre il concetto tradizionale di cucina. Ogni portata diventa un manifesto, una dichiarazione che interroga il commensale non solo sul gusto, ma sul significato stesso dell’atto alimentare nel mondo contemporaneo. La sua visione ha ridefinito cosa significhi essere uno chef nel ventunesimo secolo, trasformando la sala in un palcoscenico dove ogni elemento concorre a un’esperienza immersiva totale.
Ana Roš porta la Slovenia sulla mappa gastronomica mondiale
Sul secondo gradino del podio troviamo Ana Roš, la chef di Hiša Franko che ha saputo rendere la Slovenia una destinazione imprescindibile per gli appassionati di alta cucina. Il suo approccio audace bilancia l’eredità culinaria locale con influenze globali, dando vita a menu degustazione che raccontano il terroir sloveno attraverso sapori decisi e tecniche innovative.
La cucina di Ana Roš è una celebrazione della biodiversità alpina, una dichiarazione d’amore verso ingredienti spesso dimenticati o sottovalutati, che nelle sue mani acquistano nuova dignità e complessità. Il suo lavoro dimostra come sia possibile rimanere profondamente radicati nel proprio territorio pur dialogando con il mondo intero, creando un linguaggio gastronomico universale che parla con accento sloveno.
Himanshu Saini e la rinascita della cucina indiana
Il terzo posto va a Himanshu Saini di Trèsind Studio a Dubai, che reinventa la cucina indiana con precisione modernista e profondo rispetto per la tradizione. Il suo riconoscimento segna un momento storico: l’affermazione degli Emirati Arabi Uniti come nuova potenza della gastronomia globale e la rivalutazione della cucina indiana nell’olimpo dell’alta ristorazione.
Saini lavora con la memoria gustativa di un continente, decostruendo e ricomponendo sapori millenari attraverso tecniche contemporanee che esaltano anziché mascherare l’identità degli ingredienti. Ogni piatto è un equilibrio perfetto tra innovazione e tradizione, dove il rispetto per le ricette tramandate si sposa con una libertà creativa che apre nuovi orizzonti. La sua cucina ha ricevuto anche il riconoscimento The Best Voted by Professionals Award, confermando la stima dei colleghi verso il suo lavoro.
I premi speciali celebrano l’eccellenza in tutte le sue forme
Beyond il podio principale, The Best Chef Awards ha riconosciuto personalità straordinarie con premi speciali che celebrano contributi specifici al mondo della gastronomia. Tra questi spiccano riconoscimenti che raccontano le molteplici anime della cucina contemporanea.
Il premio The Best Humanity è andato ai cuochi di World Central Kitchen, l’organizzazione fondata da José Andrés, a testimonianza di come la cucina possa essere strumento di solidarietà e cambiamento sociale. Massimo Bottura di Osteria Francescana ha ricevuto il nuovo premio The Best Visionary, riconoscimento della sua capacità di anticipare tendenze e ridefinire il significato stesso di ristorante stellato.
Particolarmente significativa è stata l’attenzione riservata alla pasticceria e al territorio: Pía Salazar di NUEMA a Quito ha conquistato The Best Pastry Award, mentre Debora Fadul di DIACÁ in Guatemala ha ottenuto The Best Terroir Award. Altri premi speciali hanno celebrato la creatività di Jason Liu, l’arte culinaria di Quique Dacosta, l’innovazione scientifica di Diego Guerrero e l’esperienza gastronomica creata da Anika Madsen.
La scena italiana e il sistema dei Knife
L’Italia ha brillato con settantatré chef riconosciuti tra i migliori al mondo, confermando la vitalità della ristorazione nazionale. Due premi speciali sono andati a protagonisti milanesi: Andrea Aprea ha vinto The Best Milan Award, mentre Diego Rossi di Trippa, definito “il re delle frattaglie”, ha conquistato The Best Origins & Future Award.
Il sistema di valutazione dei Best Chef Awards, basato sui “Knife” anziché sulle tradizionali stelle, premia non solo l’eccellenza tecnica ma anche l’impatto culturale, la sostenibilità e la capacità di innovare rispettando le radici. È un approccio che riflette l’evoluzione del concetto stesso di grande cucina, dove il talento si misura anche attraverso la responsabilità sociale e ambientale.
Il futuro della cucina passa da qui
Sebastian Jiménez di Ræst nelle Isole Faroe ha ricevuto The Best NextGen Award, mentre Prateek Sadhu di Naar in India ha conquistato il premio per il miglior nuovo ingresso, segnalando le direzioni future della gastronomia mondiale. Questi riconoscimenti disegnano una mappa dove la cucina si fa sempre più globale senza perdere il legame con i territori d’origine, dove la tecnologia serve la tradizione e dove ogni piatto diventa un atto creativo che può cambiare prospettive.
Milano ha dimostrato ancora una volta di essere non solo una capitale della moda e del design, ma anche un crocevia dove si scrivono le pagine future della grande cucina. Gli applausi che hanno salutato i vincitori agli East End Studios sono l’eco di un movimento che continua a ridefinire cosa significhi cucinare, mangiare, condividere nel ventunesimo secolo.

Direttore editoriale di nonewsmagazine.com | Il magazine dell’ozio e della serendipità.
Direttore responsabile di No News | La free press dell’ozio milanese.
Viaggiatore iperattivo, tenta sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare agli amori sofferti tra le campagne inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo, c’è chi lo chiama “il fondamentalista del Loggione”. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita, tuttavia, rimane la Tosca.





































