Il Kunstmuseum Basel apre le porte a un’esposizione straordinaria fino all’8 marzo 2026, invitando il pubblico a immergersi in un mondo dove la razionalità incontra l’inspiegabile. “Ghosts. Visualizing the Supernatural” riunisce oltre 160 opere e oggetti che testimoniano l’ossessione dell’umanità per le presenze invisibili, tracciando un percorso affascinante attraverso due secoli e mezzo di tentativi di catturare, comunicare e comprendere ciò che sfugge alla percezione ordinaria.
La curatrice Eva Reifert ha orchestrato un viaggio che parte dall’Ottocento, epoca in cui la scienza conviveva paradossalmente con un’esplosione di interesse per lo spiritismo. Non è un caso che in quel secolo di progressi tecnologici e conquiste razionali, i fantasmi abbiano vissuto la loro età dell’oro. L’atmosfera romantica produsse un appetito vorace per meraviglie e spettacoli, mentre nuove tecnologie dell’illusione come il Pepper’s Ghost – una tecnica teatrale che creava apparizioni spettrali attraverso giochi di specchi – alimentavano la fantasia collettiva.
La fotografia come porta verso l’aldilà
L’invenzione della fotografia intorno al 1830 aprì possibilità inaspettate: William H. Mumler, incisore di Boston, scoprì nel 1862 immagini fantasmatiche su una lastra fotografica, dando vita involontariamente alla spirit photography. Le sue fotografie sembravano riportare in vita persone care defunte, offrendo consolazione ai vivi e alimentando la speranza in una continuità oltre la morte. Queste immagini, con le loro figure evanescenti e traslucide, hanno plasmato l’iconografia del fantasma che persiste nell’immaginario contemporaneo.
In Europa, il barone Albert von Schrenck-Notzing divenne il parapsicologo più celebre, combinando fotografia e approccio quasi-scientifico per documentare le apparizioni soprannaturali durante le sue sedute medianiche. Lo scrittore Thomas Mann assistette personalmente ad alcuni di questi esperimenti, testimoniando il fascino che queste pratiche esercitavano anche sugli intellettuali dell’epoca.
La mostra del Kunstmuseum Basel dedica ampio spazio a questa tradizione fotografica, ma va oltre il semplice documento storico. Include anche notazioni create da medium come Georgiana Houghton, Madge Gill e Augustin Lesage sotto presunta guida spirituale, accanto a oggetti utilizzati nelle sedute che pretendevano validità scientifica.
Tra psiche e spettri: il fantasma come metafora
Il percorso espositivo raggiunge un punto cruciale quando affronta la domanda che continua a ossessionarci: i fantasmi sono manifestazioni esterne o proiezioni della nostra interiorità? Al centro della galleria principale si trova un coltello proveniente dalla casa di Carl Gustav Jung, spontaneamente frantumato in quattro pezzi prima ancora che il celebre psicoanalista sviluppasse il concetto di inconscio collettivo. Un oggetto enigmatico che testimonia come il confine tra fenomeno paranormale e dimensione psichica rimanga nebuloso.
La poetessa Emily Dickinson offre una risposta suggestiva: i suoi versi sussurrati dalle pareti del museo ricordano che la psiche umana può diventare la dimora ultima dell’ossessione spettrale. Non serve una casa stregata quando la mente stessa può trasformarsi nel luogo più infestato.
Arte contemporanea e presenze invisibili
Nella seconda metà dell’esposizione, il dialogo si sposta verso il presente. Artisti contemporanei hanno reinterpretato il tema con approcci diversi: Katharina Fritsch con il suo violento e maestoso Ghost with a Pool of Blood, Angela Deane che dipinge fantasmi teneri e malinconici su vecchie fotografie di sconosciuti ormai morti, Willie Doherty con il video Ghost Story che mostra come il passato continui a ossessionare il presente attraverso paesaggi testimoni di eventi traumatici.
Claudia Casarino porta il discorso sul trauma intergenerazionale con Desvestidos, abiti di tulle bianco appena visibili che evocano la violenza subita dalle donne della sua comunità attraverso generazioni. Corinne May Botz con la serie Haunted Houses e Cornelia Parker con PsychoBarn (Cut Up) esplorano l’ansia provocata dall’idea di convivere con presenze inquietanti.
Il progetto è stato sviluppato con la consulenza di Andreas Fischer dell’Istituto di Friburgo per le aree di frontiera della psicologia e della salute mentale, esperto di fotografia spiritica, e della storica dell’arte britannica Susan Owens, autrice di The Ghost: A Cultural History, che definisce i fantasmi “le ombre dell’umanità”.
Perché i fantasmi ci parlano ancora
Centinaia di milioni di persone nel mondo credono nei fantasmi. Una credenza che affonda radici profonde nella storia umana e che resiste nonostante i progressi della scienza. Ma questa mostra non si limita a esplorare rappresentazioni tradizionali o esperimenti ottocenteschi: dimostra che i fantasmi sono metafore del ritorno di ciò che la ragione non può reprimere completamente.
Ci ricordano che esistono punti ciechi esistenziali irrisolvibili dalla scienza, primo fra tutti il mistero della morte. Ma non sono solo figure di paura: portano testimonianza di ciò che alcuni preferirebbero dimenticare, attirano l’attenzione su assenze che continuano a plasmare il presente, su voci silenziate che parlano attraverso altri registri.
Il nostro presente è infestato da eventi passati che rifiutano di rimanere sepolti: violenze impunite, traumi che paralizzano, spettri di storie coloniali, ombre di crisi economiche che ossessionano dibattiti politici. La mostra basilese ci invita a riconoscere che l’ideale illuminista di un mondo puramente razionale e controllabile è sempre stato, in fondo, un sogno.
Ma i fantasmi non abitano solo l’oscurità e il terrore. L’emblema dell’esposizione è Fantasmino di Tony Oursler: una figura che incarna la stranezza giocosa dell’ossessione spettrale, con occhi digitali malinconici che scrutano da sotto una tela bianca cadente. Perché i fantasmi ci invitano anche al gioco, all’immaginazione di nuove presenze, al questionamento di vecchie certezze.
L’ultima sala è vuota. O forse no? Un’opera di Ryan Gander riporta il tema dove appartiene, esponendo il visitatore a forze invisibili. Perché come scrive Susan Owens: “I fantasmi sono specchi dei tempi. Riflettono le nostre preoccupazioni, seguendo la marea delle tendenze culturali e adattandosi all’umore di ogni epoca”.

Giornalista appassionata di enogastronomia, lifestyle e tempo libero, racconto storie autentiche che uniscono sapori, culture e tendenze. Con un occhio attento alle eccellenze culinarie e alle novità del mondo del food, esploro territori e tradizioni per offrire ai lettori esperienze autentiche, consigli di viaggio e approfondimenti sul lifestyle contemporaneo. Amo valorizzare la convivialità e il piacere di scoprire, raccontando vini, piatti e luoghi che fanno della qualità e dell’innovazione il loro punto di forza. Nel tempo libero, mi dedico a esplorare nuove destinazioni e sperimentare nuovi trend, condividendo storie e ispirazioni che arricchiscono la vita quotidiana in modo semplice e coinvolgente. Con un linguaggio fresco e coinvolgente, cerco di trasformare ogni articolo in un viaggio sensoriale che stimola curiosità e voglia di vivere.































