Nelle colline che guardano Verona, dove i vigneti si arrampicano su terrazzamenti di pietra antica, sta accadendo qualcosa di silenzioso ma determinante. Il Recioto della Valpolicella diventa Presidio Slow Food, prima volta per una denominazione Docg. Sette cantine – Mizzon, Venturini, Roccolo Grassi, Corte Merci, La Dama, Giovanni Ederle e Novaia – hanno deciso di unire le forze per strappare all’oblio un vino che ha attraversato millenni di storia.
La vicenda è paradossale quanto significativa: questo vino rosso passito rappresenta solo lo 0,6% della produzione totale della Valpolicella, soffocato dal successo del suo stesso figlio. L’Amarone, chiamato inizialmente Recioto Amaro, ha conquistato i mercati internazionali destinando a sé le preziose uve appassite, mentre il Recioto veniva relegato a curiosità da fine pasto.
Un nettare che parlava a imperatori
La storia del Recioto affonda le radici nel primo secolo dopo Cristo, quando Plinio il Vecchio citava il vino acinaticum nelle sue opere. Secoli dopo, Cassiodoro, al servizio di Teodorico, lo descrisse come “mosto invernale, freddo sangue delle uve”, celebrando quel liquido denso che i lieviti faticavano a fermentare completamente per l’abbondanza di zuccheri.
Il nome stesso racconta una pratica contadina: rècie, nel dialetto locale, sono le orecchie dei grappoli, quelle ali attraverso cui l’uva veniva appesa ai tralicci per l’appassimento. Un processo che richiedeva almeno cento giorni nei fruttai, dove il tempo operava la sua lenta magia.
Il disciplinare del ritorno
Il regolamento del Presidio stabilisce criteri più rigorosi della stessa Docg: divieto assoluto di diserbo chimico, uve da vigne di almeno quindici anni, appassimento naturale per cento giorni senza forzature, livelli minimi di solforosa. Ma c’è di più: la commercializzazione non può avvenire prima di cinque anni dalla vendemmia, con almeno dodici mesi in bottiglia. Un’attesa che restituisce al vino quella profondità e complessità perdute nella fretta produttiva.
Roberto Covallero, presidente di Slow Food Veneto, non nasconde la complessità dell’operazione: negli ultimi vent’anni la produzione è in costante calo. L’obiettivo dichiarato è riportare il Recioto alla sua dignità originaria, anche recuperando l’abbinamento con i cibi salati della tradizione veneta, anziché limitarlo al momento del dessert.
L’appuntamento inaugurale sarà alla Slow Wine Fair 2026, dal 22 al 24 febbraio a Bologna, dove i produttori presenteranno le prime etichette conformi al nuovo disciplinare. Un gesto che è insieme recupero della memoria e scommessa sul futuro, nel tentativo di restituire visibilità a un vino che ha fatto la storia della viticoltura veronese.

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