Polvere (Dust, B/N, 61’) è un documentario scritto e sceneggiato da Simone Aleandri e Roberto Moliterni, con la collaborazione di Vincenzo Carpineta, presentato alla 77° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Un documentario è, per definizione, un film di lunghezza variabile, informativo o istruttivo su avvenimenti, luoghi, attività, senza aggiunta di elementi inventivi o fantastici. Polvere non si limita a informare o istruire, Polvere dà forma al dolore e alla speranza con pacatezza e poesia, omaggiando devotamente quel che è stato e quel che è rimasto.
Il 24 agosto 2016 il comune di Amatrice è stato dilaniato da un terremoto di magnitudo 6.0, che ha tolto la vita a trecento persone, colpendo il cuore di uno dei borghi più belli d’Italia. La macchina da presa ci prende per mano e ci conduce a passo leggero, senza invadenza – quasi a non voler disturbare – attraverso le macerie. Case, palazzi, anime sospese, quasi percettibili; è la stessa macchina da presa a commuoversi, a rimanere incredula. Le inquadrature prospettiche dipingono delle cartoline, laddove resta polvere. Ed è in ciò che risiede la grande forza di questo racconto, l’assenza è presenza, nel momento in cui si attraversa quel che rimane di una vita recente, seppur così lontana.
L’idea – racconta il regista – nasce dalla storia di Floriana Svizzeretto, che nel 2002 aveva dato vita al museo Civico “Cola Filotesio” all’interno della Chiesa di Sant’Emidio, uno degli edifici più antichi di Amatrice. Tutto è però andato distrutto dal terremoto, la stessa Floriana – a cui è dedicato un filmato di repertorio nel finale – ha perso la vita nella sua abitazione. Ritroviamo una sua cara amica, Brunella Fratoddi, Co-Fondatrice e Architetto del Museo Civico “Cola Filotesio” di Amatrice, che attraversa la zona rossa, rivivendo il ricordo straziante.
La documentazione riguarda, nel particolare, il recupero del patrimonio artistico, attraverso le storie delle persone che se ne sono prese cura – tra cui Don Luigi, 88 anni, un sorvegliante attento e scrupoloso, aiutato da Luciana – rendendo Amatrice un punto di riferimento per il mondo dell’arte, per la tutela e il restauro, volti a ricostruire la memoria di un’intera comunità.
Non ci sono colori in questo universo sospeso, il bianco e nero si nutre delle voci di coloro che hanno scelto di rimanere, perché “Io sto bene solo qua”. Voci stanche, ma vive – desiderose di ricordare, di descrivere, di cantare, di omaggiare – si aggirano tra le statue e le sculture, tra i quadri e i papaveri, tra l’erba alta e i panorami, in un percorso che rivela un paesaggio primitivo, quasi agli albori. La sensazione è quella di intraprendere un viaggio a ritroso nel tempo e nello spazio, una città fantasma, che nel suo essere ormai scomparsa, riesce ancora a far rumore. Una processione mesta celebra la domenica e le festività: è il pilastro di una comunità spezzata, ma unita. Fede come condivisione, e canto come necessità di farsi sentire, di esserci.
Bisogna ricostruire le coscienze, le persone, le comunità
La fine di qualcosa implica un origine, ma anche una rinascita, e quest’ultima, ci suggeriscono le riprese e le testimonianze, è nelle mani di chi costruisce il futuro e di ciò che conserva il passato: i bambini e le opere d’arte, umano e immateriale, detentori della vita che verrà e della civiltà che sempre sarà. I primi piani delle opere sacre sono penetranti e al contempo surreali, la vita umana è labile e l’arte fa per lei ciò che non è possibile, vivere in eterno. Molto è stato distrutto, ma molto è stato salvato e affidato alle abili mani di restauratori come Vito, mentre il giovane scultore Cico, insegna ai bambini ad affrontare il trauma attraverso la pittura. La grande tela trasportata fuori dai pompieri è un’ascensione silenziosa eppure frastornante, salvare quel che si può, ovunque si può, è una delle armi per sconfiggere la paura e per mantenere salda l’identità culturale, il senso innato di appartenenza.
Il sound design e le musica sono a cura di Riccardo Cimino: dai rumori simil interferenze, alle note di un pianoforte, culla del muto paesaggio. Il montaggio, a tratti poesia, è di Gianluca Rame, mentre la direzione della fotografia è a cura di Antonello Sarao.
Prodotto da Sandro Bartolozzi per Clipper Media con la produzione esecutiva di Barbara Meleleo, in collaborazione con Aregoladarte, progetto Arte per Rinascere, con il patrocinio di Mibact, Regione Lazio e Comune di Amatrice.
“Non è Dio che ci castiga, è la terra così”


Amalia Cipriani, classe 1992. Nel 2014 ha conseguito una laurea triennale in Arti, musica e spettacolo presso l’Università di Salerno, dal 2015 al 2016 ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti, per poi trasferirsi a Bologna e conseguire nel 2019 una laurea magistrale in Cinema, televisione e produzione multimediale. Nello stesso anno ha completato un corso intensivo in Social Media Management.
A luglio 2020 ha terminato un master in Promozione e digital marketing per il cinema. Attualmente vive a Milano e lavora in stage presso un’agenzia di grafica e comunicazione.