Uno dei più celebri pittori di sempre è tornato a vivere in un racconto basato sul filo conduttore che ha legato il medesimo alle donne della sua vita, protagoniste assolute o semplici “spettatrici”.

Esce infatti questa settimana Raffaello – Il giovane prodigio, un documentario di Massimo Ferrari che sarà distribuito da Nexo Digital in oltre duecento sale in tutta Italia.

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Realizzato in collaborazione con #SkyArte e #Mymovies, il docufilm si inserisce nella ormai nota rassegna estiva “La Grande Arte al Cinema”.

Il famoso pittore di Urbino, Raffaello Sanzio morì a soli trentasette anni, ma il suo operato fu tale da renderlo immediatamente eterno.
Questo suggestivo documentario, condotto dalla voce narrante di un’attrice del calibro di Valeria Golino, ha lo scopo di indagare la forsennata ricerca della bellezza (femminile) ideale da parte di Raffaello Sanzio.

Il pittore, che era originario di Urbino, perse le madre quando era ancora un bambino. Conobbe la pittura grazie il padre, Giovanni Santi, un uomo colto che iniziò il figlio proprio nella bottega di famiglia.

Grazie al suo talento Raffaello è riuscito a farsi tanta strada: non era infrequente che qualche donna nobile e potente lo raccomandasse ai signori delle più importanti città italiane, perché se ne apprezzasse la bravura inconfutabile.

Furono proprio le donne il motore della sua carriera artistica, e sono proprio loro il perno del documentario di NexoDigital. Considerata la sua cospicua produzione pittorica, il regista Massimo Ferrari ha preferito ricorrere a una narrazione forse più stringente nei contenuti ma non per questo approssimativa.

Il racconto che ne consegue è pertanto un intreccio di incontri con personalità femminili agli antipodi – dalla matriarca dei Gonzaga alla figlia del panettiere – che hanno portato Raffaello a realizzare alcuni dei più suggestivi ritratti della pittura rinascimentale. Spesso infatti i suoi soggetti non erano nemmeno reali: a volte erano ninfee o dee prese direttamente dai miti greci antichi, come Galatea o Psiche.

Sono proprio loro le protagoniste delle narrazioni “fittizie” del docufilm, cioè le parti di illustrazioni inanimate scelte da Ferrari per contrapporle alla ricostruzione storica fatta grazie alle interviste con storici e storiche dell’Arte.

Ne consegue un racconto ibrido dove a episodi semplicemente disegnati se ne contrappongono altri dove parlano i diretti interessati, talvolta stranieri e non italiani (come nel caso di Tom Henry, direttore dell’Università del Kent a Roma).

Il documentario sarà visibile nelle sale solo per tre giorni, come da tradizione, in questo caso il 21, 22 e 23 giugno.

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